Il processo al clan Travali, dopo due interruzioni per legittimi impedimenti, è ripreso oggi, 28 ottobre: a parlare Andrea Pradissitto
Le due ultime udienze sono saltate per via di altrettanti legittimi impedimenti di Angelo Travali, considerato il capo clan del sodalizio omonimo, a cui si sono aggiunti venerdì scorso quelli del fratello, Salvatore Travali, e dell’affiliato Cristian Battello (la cui posizione oggi è stata stralciata dal processo principale).
Il processo, come noto, è quello che contesta l’associazione mafiosa alla cosca di Latina che, negli anni di “Maiettopoli” (i primi anni Dieci, fino agli arresti avvenuti con l’operazione “Don’t Touch” nel 2015), dominava incontrastato le piazze di spaccio del capoluogo pontino, tra estorsioni, intimidazioni e rapporti opachi con imprenditoria, professionisti e politica. L’indagine denominata “Reset” è stata conclusa dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Roma e dalla Squadra Mobile di Latina, sulla scorta delle dichiarazioni dei due collaboratori di giustizia, ex affiliati al clan Travali, Agostino Riccardo e Renato Pugliese. Trenta imputati tra cui pesi massimi della criminalità latinense come Costantino “Cha Cha” Di Silvio, Alessandro Zof e Luigi Ciarelli, vale a dire il numero tre del sodalizio rom “Ciarelli” e considerato, in questo processo, come il fornitore di hashish della banda dei Travali.
Insomma, un processo imponente che sta trovando difficoltà a compiersi: gli arresti sono risalenti al febbraio 2021. Eco mediatica nazionale, a fronte di una burocrazia giudiziaria che ha fatto sì che l’udienza preliminare è durata circa un anno: tanto ci ha messo il Gup capitolino a rinviare a giudizio gli imputati. Successivamente, in due anni, il Tribunale di Latina ha celebrato poche udienze, tanto che il nuovo presidente del III collegio del Tribunale di Latina, Mario La Rosa, dinanzi al quale si celebra il processo, ha impresso una calendarizzazione potente, fino a tre udienze a settimana per evitare che il 16 gennaio 2025, senza sentenza, vadano a scadenza le misure cautelari.
Oggi, dopo due legittimi impedimenti che hanno fatto saltare le udienze della scorsa settimana, il Tribunale ha deciso di respingere il nuovo legittimo impedimento invocato da Angelo Travali, tramite il suo avvocato Italo Montini, che sostituiva l’avvocato di fiducia, Pasquale Cardillo Cupo.
“Palletta”, infatti, dopo essere stato visitato alle nove e un quarto di mattina, per via di un controllo imposto dal Tribunale, risultava capace di partecipare all’udienza. Tuttavia, intorno alle 11,15, poco prima che l’udienza iniziasse (era prevista alle ore 10 ma un guaio alla fono-registrazione del Tribunale ha rallentato tutto), “Palletta” si è sentito di nuovo male. Di corsa, il 38enne pontino, recluso nel carcere di Benevento, è stato trasportato al pronto soccorso San Pio della città beneventana. Dopo un’altra mezz’ora di attesa, il responso medico che ha costretto Travali a ricorrere all’ambulanza è stato quello di “verosimile episodio sincopatico da cardiopatia“.
Invocato il legittimo impedimento, stavolta il Tribunale ha detto no, in quanto la comunicazione medica è generica e l’imputato non è nuovo a condotte poco collaborative. Peraltro, sostiene il Tribunale, il certificato della casa circondariale non è corredato da documentazione specifica tale da valutare la bontà della diagnosi, senza contare che, da giurisprudenza, l’impedimento deve essere assoluto e non dominabile dell’imputato. Aspetti tecnici contro i quali la difesa di Travali darà sicuramente battaglia, avendo chiesto l’acquisizione della cartella clinica, puntando a dimostrare che l’impedimento fosse più che legittimo, tanto da poter invalidare l’udienza odierna dove, per di più, è stato ascoltato come testimone un altro collaboratore di giustizia: Andrea Pradissitto, ex affiliato al clan Ciarelli perché marito della figlia del boss Ferdinando “Furt” Ciarelli e custode di segreti carcerari, essendo detenuto dal 2010 fino ad oggi, con brevi pause di semilibertà vigilata, nonché partecipante “militare” alla guerra criminale dello stesso anno tra clan rom e gruppi non rom di Latina.
Al contempo, prima che il Tribunale rigettasse il legittimo impedimento di Angelo Travali, i pubblici ministeri della DDA di Roma, Luigia Spinelli e Francesco Gualtieri, hanno chiesto anche loro la cartella clinica dell’imputato, reiterando lo stralcio della sua posizione (improbabile, considerato che sarebbe lui il capo cosca dell’associazione mafiosa), una maggiore calendarizzazione delle udienze e l’esame sangue-urine per verificare l’assunzione di sostanze stupefacenti.
Nel merito del processo, come detto, a parlare è stato Andrea Pradissitto il quale ha ricostruito ciò che, nel carcere, si diceva dell’ascesa del clan Travali. Un sodalizio che, aiutato dagli arresti che nei primi anni Dieci avevano fiaccato il clan Ciarelli e i due rami della famiglia Di Silvio (sponda Campo Boario e Gionchetto), è riuscito a diventare egemone nel capoluogo pontino. Le dichiarazioni di Pradissitto arrivano da ciò che radio carcere e radio tribunale dicevano: confidenze fatte in cella e nel corso delle udienze del processo Caronte, istruito in seguito alla guerra criminale del 2010, quando furono coinvolti tutti i clan rom di Latina, tranne il sodalizio di Costantino “Cha Cha” Di Silvio e dei fratelli Angelo e Salvatore Travali.
Il clan Travali cresceva mente le altre cosche rom, in quegli anni, scontavano arresti e processi per via di omicidi e ferimenti messi in campo con l’obiettivo di affermare in città il potere della criminalità rom. Un sodalizio, quello dei Travali, che emergeva forte anche grazie all’amicizia di “Cha Cha” con il deputato di Fratelli d’Italia, Pasquale Maietta, all’epoca uomo potente in provincia e a Roma, con la stima e il beneplacito dell’attuale premier Giorgia Meloni. Un potere esercitato anche nel Latina Calcio, allora in serie B, la cui curva era controllata dagli affiliati al clan come Francesco Viola e dal ruolo occulto nella società calcistica permesso a “Cha Cha”: “Quando mio cognato, Roberto Ciarelli, volle un completino della squadra di calcio, – ha detto Pradissitto – Cha Cha entrò dentro gli uffici della società e glielo diede. Me lo raccontò mio cognato quando mi venne a trovare, all’epoca era un ragazzino”.
Tra le pieghe del racconto di Pradissitto, anche la confidenza che gli fecero nel carcere, dopo gli arresti dell’operazione “Don’t Touch”: “All’inizio “Cha Cha” e Gianluca Tuma investivano nei forni a Latina. Quando li arrestarono, Tuma aveva discusso con Cha Cha perché si era esposto troppo con i nipoti, Angelo e Salvatore Travali. Mi hanno raccontato che Tuma, avendo regalato la casa a Cha Cha, se l’era ripresa. La casa si trovava in Q4 o in Q5, non ricordo”.
Tuttavia, la forza dei Travali e l’affrancamento da una realtà di banda di intimidatori da strada avvenne con lo smercio della droga. A dare il là a questo “upggrade” criminale fu l’alleanza con Gianluca Ciprian, detenuto in Spagna e narcotrafficante che aveva scalato le gerarchie dello spaccio pontino dopo l’uccisione dei suoi padri putativi Sandro Radicioli e Tiziano Marchionne.
Una volta che il clan Travali strinse alleanza con Ciprian e successivamente con Luigi Ciarelli, lo spaccio a Latina era praticamente gestito dai fratelli che compravano dai primi due e colonizzavano le piazze: dai Palazzoni fino alla zona Pub.
Eppure, gli affari di Luigi Ciarelli con i Travali non andarono giù alla famiglia di Pantanaccio per due motivi: il primo è perché Luigi Ciarelli, pur essendo criminale di peso autonomo rispetto ai fratelli Carmine e Ferdinando, era pur sempre un Ciarelli e così si distaccava dalla famiglia; il secondo, più importante, era l’allenza con gli odiati Travali, figli di Maria Grazia Di Silvio detta Graziella, la donna che aveva denunciato Ferdinando “Furt” Ciarelli e altri Di Silvio (la famiglia di Armando Di Silvio detto “Lallà”) per le minacce e alcuni spari all’indirizzo della casa della madre, in seguito alla fuitina di un suo figlio, Alessandro Anzovino (imputato anche lui nel processo “Reset”), con una delle figlie di “Lallà”.
Ad ogni modo, l’alleanza per la droga dei Travali con Ciprian e Luigi Ciarelli fece diventare “il clan di Palletta quello principale a Latina. Si erano presi Latina grazie all’apporto di Luigi Ciarelli e Gianluca Ciprian”. È stata la droga a costituire il salto di livello, il potere economico e di controllo territoriale, tanto che Angelo Travali riuscì ad un certo punto a rifornirsi direttamente dal capo cosca di Aprilia, Patrizio Forniti (ad oggi latitante), considerato il maggiore fornitore di droga della provincia di Latina.
Ma Pradissitto non dimentica di raccontare, stimolato dalle domande dei pm Spinelli e Gualtieri, anche due frangenti più recenti, quando, una volta fuori dal carcere, per un breve periodo, si stava riaffacciando nel crimine pontino. Il primo particolare gli è stato raccontato nel 2021 da Francesco Viola, cognato e braccio destro di Angelo Travali: “Una volta arrestato, Viola mi raccontò che Gianluca Ciprian continuava a lavorare con un telefono, pur essendo detenuto in Spagna“.
Infine, una volta, mentre si trovava sotto lo studio di un professionista che aveva protetto in carcere e da cui riceveva soldi, fu la compagna di Angelo Travali a passargli direttamente “Palletta” al telefono. Era il 2020 e Angelo Travali si trovava in carcere, da cui parlava amabilmente con parenti e affiliati.