DROGA A FORMIA, LA RITORSIONE DEI BARDELLINO PER IL CONTROLLO DELLO SPACCIO

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Droga a Formia: dall’inchiesta della Direzione Distrettuale Antimafia emerge un altro dettaglio sullo spaccio nella città del sud pontino

Non è ancora finita l’indagine condotta dal sostituto procuratore della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, Vincenzo Ranieri, che ha messo sotto la lente la magistratura i nuovi rapporti tra il clan Bardellino, trapiantato a Formia dopo la presunta uccisione del fondatore del Clan dei Casalesi, Antonio Bardellino, e nuovi apparati del medesimo Clan dei Casalesi.

A riportare nuove rivelazioni, che sarebbero state dichiarate da  Elvira Oliva, la compagna del collaboratore di giustizia, Giuseppe Basco, è il giornale “Cronache di Caserta”.

Per capire di cosa si parla occorre fare un passo indietro, al di là della maxi indagine delle Procure Distrettuali Antimafia di Napoli e Roma che, l’anno scorso, da fine luglio, hanno scosso il Basso Lazio, peraltro con il ritrovamento a Formia del bunker di Antonio Bardellino, il boss che ufficialmente è stato ucciso nel 1988 in Brasile, su istigazione della fazione vincente dei Casalesi composto da Schiavone-Bidognetti-Zagaria.

Già in una inchiesta di Guardia di Finanza e dalla Polizia di Latina sfociata nel 2022 negli arresti del gruppo di spaccio formiano (e poi nelle conseguente condanne in primo grado due anno dopo), guidato dai coniugi Italo Ausiello e Carmina Fustolo, erano emerse alcune dichiarazioni del collaboratore di giustizia Giuseppe Basco, il quale tratteggiava alcuni dettagli dello smercio di droga a Formia. Dichiarazioni che parlavano del formiano Gustavo Bardellino e dei due casalesi Vincenzo Di Caterino e Romolo Corvino, vale a dire i tre uomini che, insieme all’altro formiano Calisto Bardellino (figlio di Ernesto e cugino di Gustavo, a sua volta figlio di Silvio), risultano indagati dalla DDA di Napoli in merito a un ipotizzato nuovo patto di affari criminali sulla direttrice Casal de Principe-Formia.

A febbraio 2022 Gustavo Bardellino, nipote del fondatore del clan dei Casalesi, Antonio Bardellino, è stato raggiunto da colpi d’arma da fuoco nell’autosalone formiano e miracolosamente scampato alla morte. Un episodio rimasto ancora non chiarito e sul quale ha messo gli occhi la DDA. Formalmente risultano ancora in due gli indagati per quel tentato omicidio.

È stato proprio il Basco, ad ogni modo, a dichiarare alla DDA che alla fine del maggio 2019 sarebbe stato mandato da due esponenti del Clan dei Casalesi, fazione “Schiavone”, a ritirare il ricavato delle estorsioni (2mila euro a settimana) per portarle a Formia, per un periodo di venti giorni, da Gustavo Bardellino. I soldi, in parte, sarebbero stati girati (500 euro) ai due luogotenenti Vincenzo Di Caterino e Romolo Corvino. Basco, per intenderci, avrebbe fatto parte del sodalizio di Ausiello/Fustolo in maniera defilata, una sorta di cane sciolto che riforniva la droga. E, successivamente a un episodio violento di cui fu vittima, il 45enne ha iniziato a rendere dichiarazioni importati agli organi investigativi diventando collaboratore di giustizia.

Si tratta di colui il quale viene sequestrato il 24 febbraio 2020 per un debito di droga (episodio menzionato nell’ordinanza sullo spaccio formiano nel 2022) – che da 5mila euro arrivò a 31mila euro – da un commando alla cui testa ci sarebbe stato Antonio Tornincasa, di Arzano, trapiantato nel sud pontino, insieme al figlio 28enne Emanuele, arrestato il 24 maggio 2022, e a un altro coinvolto e arrestato nell’operazione sullo spaccio formiano succitata (leggi approfondimento), Enrico De Meo, 32enne di Formia. Sia Emanuele Tornincasa che De Meo sono stati condannati ad aprile scorso per il processo derivato dall’inchiesta del 2022 eseguita da Gdf e Polizia di Stato pontine.

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Per quanto riguarda lo spaccio a Formia, però, la consegna dei soldi si sarebbe interrotta, a detta del Basco, perché quest’ultimo, legato ai Bidognetti, a un certo punto, si è rifiutato di continuare in quanto Gustavo Bardellino apparteneva a un clan rivale. Solo dopo un chiarimento, in quanto Basco abitava nella stessa via di Bardellino, l’uomo si sarebbe convinto di continuare a versare i soldi delle estorsioni.

Nel giugno 2019, in un vertice a Gaeta, alla presenza di Tornincasa, sarebbe stato detto a Bardellino che non avrebbe più ricevuto i 2mila euro a settimana. L’esito dell’incontro chiarificatore sarebbe stato un accordoin cambio di un mensile da 1000 euro, Bardellino avrebbe consentito ai Tornincasa (nel frattempo alleatisi anche con i Casalesi) di allargare il giro di spaccio.

Secondo il giornale casertano “Cronachedi”, che riporta le dichiarazioni della compagna di Basco, quest’ultimo, però, oltreché all’episodio violento del sequestro di persona, sarebbe stato vittima in precedenza di una ritorsione ordinata dai Bardellino. Il motivo sarebbe stato originato proprio dalla circostanza per cui Basco avrebbe permesso ai Tornincasa di non pagare i 2000 euro come “tassa” sullo spaccio a Formia. Basco, secondo la compagna, “venne accoltellato alla testa e tuttora porta una cicatrice sul lato posteriore del cranio, in quanto non si fece curare per evitare segnalazioni all’autorità giudiziaria. L’aggressione avvenne nel giugno 2019”. Una ritorsione che sarebbe stata messa in piedi dai Bardellino.

Un mese, quella del giugno 2019, che è antecedente al sequestro di persona poi subito dallo stesso Basco ed eseguito dai Tornincasa a febbraio 2020. Se tutto fosse confermato, è chiaro che tra giugno 2019 e febbraio 2020 qualcosa deve essersi mutato negli equilibri tra Basco, Tornincasa e Bardellino.

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