Operazione Touch&Go, violenza e spaccio a Scauri: si è espressa la Corte d’Appello rispetto ai dodici imputati giudicati col rito ordinario
A settembre scorso, era arrivata la sentenza della Corte d’Appello che confermava le condanne per molti degli imputati che avevano scelto il rito abbreviato: per Domenico e Raffaele Scotto, considerati i leader del sodalizio, così come per Stefano Forte, Amedeo Prete e Valentino Sarno le pene erano state confermate. Ridotte, invece, le condanne per tre degli imputati: 6 anni e 10 mesi per Carmine Brancaccio; 13 anni e 10 mesi per Michele Aliberti; 2 anni e 2 mesi per Massimiliano Mallo. Esclusa per tutti l’aggravante mafiosa.
Oggi, invece, sempre la Corte d’Appello di Roma era chiamata a confermare o meno la sentenza che, a dicembre 2022, era stata emessa dal Collegio dei giudici del Tribunale di Cassino che aveva condannato undici imputati su dodici nell’ambito del processo derivante dall’inchiesta della DDA di Roma denominata “Touch&Go”. Gli imputati aveva scelto il rito ordinario.
Il gruppo, secondo la ricostruzione dei Carabinieri di Formia e del Comando Provinciale di Latina, aveva detronizzato la piazza di spaccio sul lungomare di Minturno controllata da Giuseppe Fedele detto Geps oppure ‘o viecchio, ossia la vecchia guardia legata ai clan del sud pontino, in particolare i Mendico e gli Antinozzi e i campani Gallo.
Leggi anche:
FAIDE E CAMORRA A SCAURI: GLI SCOTTO, “FORTONE” E GLI ALTRI IN SILENZIO, MA ANCHE LA CITTÀ RESTA MUTA
La droga arrivava “sia dalla Campania che dall’estero, in particolare dalla Spagna” e “veniva rivenduta al dettaglio rifornendo le varie piazze di spaccio nei comuni del litorale pontino attraverso i vari appartenenti al sodalizio”. Lo ricordava il gip del Tribunale di Roma Ezio Damizia nell’ordinanza di custodia cautelare che portò, il primo luglio del 2020, agli arresti 22 persone ritenute facenti parte di un unico gruppo criminale. “Capi indiscussi” del gruppo che operava sul litorale di Minturno “sono i fratelli Domenico e Raffaele Scotto, originari del quartiere napoletano di Secondigliano.
Legati prima al potente clan Licciardi e poi al clan Sacco Boschetti-Mallo, gli Scotto riuscirono a portare dalla loro parte i pusher del luogo e spinsero il raggio d’azione criminale anche a Gaeta, Formia e persino Ponza. Chi non accettava la nuova legge, veniva colpito anche con azioni violente e dinamitarde.
Leggi anche:
LA FAIDA SILENZIOSA DI SCAURI: DAL RIONE DON GUANELLA FINO AL LITORALE DI MINTURNO
Tutti i componenti del gruppo criminale, compresa Raffaella Parente, poi liberata dal Riesame, e assolta in primo grado, erano accusati, a vario titolo, di associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, possesso di armi e materiali esplodenti, minaccia, violenza privata e lesioni, con l’aggravante di aver agito con metodo mafioso.
Il collegio difensivo era composto dagli avvocati Vincenzo e Matteo Macari, Pasquale Cardillo Cupo, Edoardo Fascione, Gianluca Di Matteo, Danilo Riccio, Luca Scipione, Massimo Signore e Giovanni Valerio.
I giudici della i sezione della Corte d’Appello erano chiamati a giudicare l’appello presentato da Marco Barattolo, Armando Danilo Clemente, Domenico De Rosa, Giuseppe De Rosa, Giancarlo Di Meo, Giuseppe Leone, Giovanni Nocella, Francesco Leone, Matteo Rotondo, Daniele Scarpa e Giuseppe Sellitto. Tutti erano stati condannati a dicembre con pene che andavano dalla più alta a 10 anni e mezzo a quella più contenuta in 6 anni e 9 mesi.
A conclusione della camera di consiglio, i giudici romani hanno assolto gli imputati per diversi capi d’imputazione tanto che le pene sono state in qualche caso fortemente ridotte. In un caso, invece, c’è stata assoluzione piena, quella di Giuseppe De Rosa, condannato in primo grado a 10 anni e 4 mesi.
Marco Barattolo passa da una condanna a 4 anni e 2 mesi a una pena a 2 anni e sei mesi, più una multa da 6mila euro. Armando Danilo Clemente ottiene lo sconto di tre mesi: condannato a 10 anni e 3 mesi di reclusione.
2 anni più 4500 euro di multa per Domenico De Rosa (in primo grado 10 anni e 6 mesi); due anni e 6 mesi più 6mila euro di multa per Giancarlo Di Meo (in primo grado 6 anni e 10 mesi); due anni di reclusione per Francesco Leone, oltreché a una multa di 5.500 euro (in primo grado 7 anni); 4500 euro di multa e 2 anni di reclusione per Giuseppe Leone (in primo grado 7 anni e 2 mesi); tre anni e 8mila euro di multa per Giovanni Nocella (in primo grado 7 anni e 2 mesi); infine 2 anni e 10 mesi per Matteo Rotondo, più una multa da 6mila euro (in primo grado 7 anni e 4 mesi).
Confermate le pene a 6 anni e 8 mesi per Daniele Scarpa e Giuseppe Sellitto.
Barattolo, inoltre, ottiene la sospensione condizionale e la non menzione della pena, mentre ad altri imputati viene revocata l’interdizione dai pubblici uffici. La Corte d’Appello, da ultimo, ha dichiarato inefficace la misura cautelare, liberando Domenico e Giuseppe De Rosa, Giancarlo Di Meo, Giovanni Nocella, Francesco e Giuseppe Leone e, naturalmente, Matteo Rotondo.