Karibu-Aid, si sono discussi davanti al Tribunale del Riesame di Roma i ricorsi della fondatrice della coop e di Lady Soumahoro
Sono stati discussi dagli avvocati Francesca Roccato e Lorenzo Borrè i ricorsi di Liliane Murekatete, Marie Terese Mukamitsindo e Michel Rukundo, la famiglia colpita dalle misure cautelari emesse dal Tribunale di Latina, su richiesta della Procura.
Come noto la moglie del deputato Aboubakar Soumahoro, così come la madre Marie Therese Mukamitsindo, si trova agli arresti domiciliari in ragione della nuova indagine della Guardia di Finanza che contesta i reati di frode nelle pubbliche forniture, bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione e auto-riciclaggio.
Il Riesame è stato discusso alla presenza del sostituto procuratore di Latina, Andrea D’Angeli, che ha coordinato le indagini della Guardia di Finanza insieme all’altro sostituto Giuseppe Miliano. Entrambi gli avvocati hanno chiesto per le proprie assistite la revoca delle misure cautelare, non sussistendo, secondo la loro tesi difensiva, gli estremi. Per Muraketete non vi sarebbe pericolo di reiterazione del reato né di inquinamento delle prove, dal momento che sia Karibu che il Consorzio Aid sono in fase di liquidazione. La fondatrice non avrebbe mai avuto un ruolo operativo nel consiglio d’amministrazione, né è responsabile delle modalità in cui venivano forniti gli alimenti ai migranti.
Anche per quanto riguardo Marie Therese Mukamitsindo e il figlio Michel Rukundo (destinatario di una misura più lieve quale quella dell’obbligo di dimora), l’avvocato difensore ha chiesto la revoca delle misure.
Il collegio del Riesame di Roma si è riservato e a breve pronuncerà la sua decisione.
A inizio mese, il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Latina, Giuseppe Molfese, ha sciolto la riserva in merito alla richiesta presentata dall’avvocato Francesca Roccato per una sostituzione della misura cautelare ai domiciliari applicata dalla fondatrice della coop Karibu, Marie Therese Mukamitsindo.
Dopo l’udienza preliminare per la prima inchiesta svoltasi nella tarda mattinata, nel primo pomeriggio del 3 novembre si sono svolti gli interrogatori di garanzia della stessa Marie Therese Mukamitsindo e della figlia Liliane Murekatete, finite lunedì scorso agli arresti domiciliari.
Alla presenza del Pm Andrea D’Angeli e del Gip Giuseppe Molfese c’era solo la fondatrice della cooperativa Karibu, Marie Therese Mukamitsindo. La moglie del deputato ex Verdi-Sinistra Italiana, Aboubakar Soumahoro, Liliane Murekatete, previo accordo, si è video-collegata dalla caserma della Guardia di Finanza di Ostia.
Sia la madre che la figlia, difese dagli avvocati Francesca Roccato e Lorenzo Borrè, si sono avvalse della facoltà di non rispondere, rilasciando però dichiarazioni spontanee al Gip Molfese. Lady Soumahoro ha contestato le accuse mossele dai sostituti procuratori Giuseppe Miliano e Andrea D’Angeli: in circa mezz’ora, la donna ha spiegato che alcuni bonifici e spese attribuitele non sono riferibili a lei. Inoltre, per quanto riguarda l’appartamento in Belgio, la donna ha dichiarato che è stata una spesa finalizzata alla gestione dei migranti di cui si occupava la coop Karibu e non una spesa personale. I soldi che incamerava, invece, erano riconducibili al suo periodo di prova prima di essere assunta nella cooperativa: “Gli acquisti di beni voluttuari non l’ho effettuati io, non ho mai avuto in uso carte di credito della cooperativa”. Ha poi aggiunto l’avvocato difensore Lorenzo Borrè: “Gli unici pagamenti da lei effettuati sono stati gli stipendi, più le spese per acquistare il cibo per gli ospiti della struttura”», ha spiegato l’avvocato Lorenzo Borrè”.
La fondatrice Mukamitsindo, invece, ha detto al Gip Molfese che spiegherà tutte le spese sostenute, in quanto le stesse sono giustificabili. In più, la manager ha negato di avere altre cariche sociali in organismi che hanno come core business la gestione dei migranti: la carica di Presidente della Edelweiss di Nola, infatti, sarebbe stata ricoperta, ma successivamente lasciata ben prima degli arresti di lunedì scorso. Per tali ragioni, Mukamitsindo ha chiesto, a differenza della figlia, una misura meno afflittiva rispetto agli arresti domiciliari. Nessuna dichiarazione spontanea da parte dell’altro figlio, Michel Rukundo, anche lui video collegato da Alessandria, provincia dove adesso risiede.
Il Gip si era riservato sulla richiesta della difesa di Mukamitsindo rispetto a una misura cautelare più lieve. Poi è arrivata la pronuncia del Gip che ha confermato i domiciliari per Mukamitsindo, specificando che le dichiarazioni rese in sede i interrogatorio di garanzia sono generiche e senza alcun documentazione che attenuasse la sua posizione.
L’INCHIESTA – La nuova ordinanza della magistratura disposta dal Giudice per le indagini preliminari Giuseppe Molfese, su richiesta dei sostituti procuratori di Latina, Giuseppe Miliano e Andrea D’Angeli, è stata eseguita lo scorso 30 ottobre dal Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di finanza di Latina. Al centro dell’indagine, così come lo scorso dicembre quando fu eseguita la prima ordinanza, l’attività delle cooperative coinvolte nella gestione di richiedenti asilo e di minori non accompagnati nell’ambito della provincia di Latina.
Arresti domiciliari e obbligo di dimora presso il proprio comune di residenza nei confronti dei membri del Consiglio di Amministrazione della cooperativa sociale integrata “Karibu”, al momento, dopo le prime misure interdittive e i sequestri dello scorso dicembre, in liquidazione con il relativo commissario.
Inoltre è stata eseguito dai Finanzieri il sequestro preventivo da circa 2 milioni di euro a fini di confisca, anche per equivalente, del profitto del reato nei confronti degli stessi membri del cda e di altro soggetto legato a loro da vincoli di parentela che attualmente si trova all’estero: Richard Mutangana, figlio di Mukamitsindo. Anche per lui la Procura aveva chiesto l’arresto, negato dal Gip Molfese.
Le indagini condotte da Procura e dalla Guardia di Finanza hanno consentito di accertare condotte di frode nelle pubbliche forniture, bancarotta fraudolenta patrimoniale (per distrazione) e auto-riciclaggio.
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Per quanto riguarda l’ordinanza eseguita il 30 ottobre, la Procura spiegava, in una nota, che le cooperative Karibu e Consorzio Agenzia per l’inclusione e i diritti Italia (conosciuto come Consorzio A.I.D. Italia), nonché la Jambo Africa (per il tramite della Karibu), hanno percepito ingenti fondi pubblici da diversi Enti (Prefettura, Regione. Enti locali eccetera) destinati a specifici progetti o piani di assistenza riguardanti i richiedenti asilo e i minori non accompagnati, fornendo tuttavia un servizio inadeguato e comunque difforme rispetto a quello pattuito.
Sono state riscontrate infatti numerose criticità nelle strutture gestite dalle cooperative e, in particolare, sovrannumero di ospiti, alloggi fatiscenti con arredamento inadeguato, condizioni igieniche carenti, derattizzazione e deblattizzazione assenti, riscaldamento assente o comunque non adeguato.
E ancora: carenze nell’erogazione dell’acqua calda, carenze nella conservazione delle carni, insufficienza e scarsa qualità del cibo, presenza di umidità e muffa nelle strutture, carenze del servizio di pulizia dei locali e dei servizi igienici, insufficiente consegna di vestiario e prodotti per l’igiene.
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Al riguardo sono esemplificative le vicende dei CAS di Aprilia (Via Lipari), di Latina (Hotel de la Ville Central) e di Maenza (Casal dei Lupi) gestiti dalla Karibu, nonché quelle dei CAS di Latina (Via Romagnoli e Via del Pioppeto) gestiti da Consorzio Aid.
L’inosservanza delle condizioni pattuite – concretizzatasi nelle gravissime criticità rilevate dagli ispettori della Prefettura anche congiuntamente a quelli della ASL di Latina e ai Vigili del Fuoco, tali da far vivere gli ospiti in condizioni offensive dei diritti e della dignità degli uomini e delle donne, aggravate dalla condizione di particolare vulnerabilità dei migranti richiedenti protezione internazionale – ha generato considerevoli risparmi di spesa/profitti, che sono stati utilizzati per spese varie (alberghi, ristoranti, abbigliamento di lusso, accessori, gioielli ecc.) e/o investimenti del tutto estranei alle finalità del servizio pubblico e assolutamente non inerenti con l’oggetto sociale delle cooperative e la loro natura di enti no profit.
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Le distrazioni di denaro sono state oggetto di approfondimenti investigativi che hanno consentito di ipotizzare a carico degli indagati i reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale (per distrazione) a seguito dell’accertamento giudiziario dello stato d’insolvenza della cooperativa KARIBU e di autoriciclaggio di parte di dette somme, che sono state trasferite all’estero (Ruanda, Belgio e Portogallo) e reimpiegate in attività imprenditoriali e comunque estranee rispetto alle finalità di assistenza e gestione in Italia dei migranti e/o richiedenti asilo.
“Le indagini – concludeva la nota della Procura – proseguono, anche con riferimento a temi investigativi diversi e complessi, nel rispetto delle disposizioni normative in tema di segretezza degli atti di indagine, onde garantire, per un verso, diritti e facoltà delle persone sottoposte ad indagini e, per altro verso, la genuinità, l’oggettività e il buon esito degli accertamenti investigativi”.
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