Sperlonga, “Valle Sica”: condannato il responsabile della piattaforma rifiuti che però fa ricorso in Cassazione
A ottobre 2022, il responsabile della piattaforma rifiuti, Emanuele Fatone, in qualità di responsabile legale della Servizi Industriali srl, è stato condannato dal giudice monocratico del Tribunale di Latina, Francesca Coculo, per il reato di getto pericoloso di cose, in particolar modo per le esalazioni maleodoranti derivanti dalla piattaforma ecologica di Sperlonga.
Il processo nasce da una denuncia fatta da quattro cittadini di Sperlonga che vivono tuttora nei pressi di via Valle Sica, documentando le condizioni malsane in cui versava la piattaforma ecologica tra topi, insetti, sversamenti liquami e rifiuti esposti alle intemperie. L’aria era irrespirabile.
Fatone è stato condannato a 200 euro di ammenda. Il Tribunale ha condannato Fatone anche al risarcimento del danno che dovrà essere quantificato in sede civile e ha disposto una provvisionale di 4mila euro ciascuno per i quattro cittadini denunciati e parti civili, difesi dall’avvocato Guglielmo Raso. Sono state concesse, intolre, senza provvisionale, 3600 euro alle associazioni Fare Verde, assistita dall’avvocato Enrico Maria Fantozzi, e Caponnetto, difesa dall’avvocato Licia D’Amico.
I fatti della piattaforma di stoccaggio rifiuti risalgono a quattro anni fa quando i militari del Nucleo Investigativo di Polizia ambientale agroalimentare e forestale del Gruppo carabinieri forestale di Latina avevano proceduto, congiuntamente ai Carabinieri della Stazione di Sperlonga, nell’esecuzione del decreto di sequestro preventivo d’urgenza della piattaforma ecologica di Sperlonga, in località “Valle Sica”. Il provvedimento, emesso dall’allora sostituto procuratore della Repubblica di Latina, Luigia Spinelli, aveva avuto ad oggetto una superficie di circa 1000 mq, inerente all’attività di raccolta differenziata dei rifiuti solidi urbani.
L’ipotesi contestata dalla Procura di Latina era quella del reato di “getto pericoloso di cose” in quanto la società aveva permesso che la predetta piattaforma ecologica sviluppasse esalazioni odorifere maleodoranti, oltre la normale tollerabilità, atte a molestare gli abitanti delle zone limitrofe.
La circostanza era stata segnalata da alcuni cittadini ed imprenditori agricoli operanti a Sperlonga, che chiedevano agli enti competenti di verificare le modalità operative della società che gestisce la piattaforma ecologica.
L’imprenditore, però, è ricorso in Cassazione contro la sentenza del Tribunale di Latina, sostenendo che quest’ultimo ha espresso una motivazione erronea, illogica e contraddittoria, in quanto le risultanze istruttorie evidenziano che le esalazioni maleodoranti e la fuoriuscita di liquame dalla piattaforma ecologica risalivano ad epoca anteriore all’affidamento alla Servizi Industriali srl e che non era stato possibile individuare limiti di utilizzo e le modalità di gestione della piattaforma e neppure se la stessa rientrasse o meno tra le isole ecologiche interrate appartenenti al Comune di Sperlonga.
Fatone ha eccepito anche in relazione all’ammissione delle parti civili “Associazione Nazionale contro l’illegalità e la Mafia Antonio Caponnetto” ed “Associazione Ambientale Fare Verde Onlus”. Inoltre, secondo il ricorso dell’imprenditore, è stata violata la legge in ordine alle provvisionali liquidate alle parti civili, ossia ai quattro cittadini denuncianti, difesi dall’avvocato Raso, in ragione di una presunta incertezza dei danni lamentati.
La Corte di Cassazione, con una sentenza pronunciata lo scorso luglio, ma pubblicata solo in questi giorni, ha dichiarato inammissibile il ricorso condannando l’imprenditore alla rifusione delle spese sostenute nel grado dai quattro cittadini parti civili: 7mila euro. Gli ermellini, però, hanno accolto la parte del ricorso sulla costituzione di parte civile della “Caponnetto” e di Fare Verde.
Secondo la Cassazione, che riporta una sentenza pronunciata a sezioni unite nel 2014, “è ammissibile la costituzione di parte civile di un’associazione anche non riconosciuta che avanzi, “iure proprio”, la pretesa risarcitoria, assumendo di aver subito per effetto del reato un danno, patrimoniale o non patrimoniale, consistente nell’offesa all’interesse perseguito dal sodalizio e posto nello statuto quale ragione istituzionale della propria esistenza ed azione, con la conseguenza che ogni attentato a tale interesse si configura come lesione di un diritto soggettivo inerente la personalità o identità dell’ente”.
Nel caso del processo per “Valle Sica”, i giudici della Cassazione scrivono che “il Tribunale di Latina, a fronte di specifica contestazione mossa dalla difesa dell’imputato in ordine alla legittimazione delle associazioni a costituirsi parte civile su elemento rilevante e decisivo a tal fine (verifica dell’effettivo interesse perseguito dalle associazioni e correlazione con il reato contestato), ammetteva la costituzione di parte civile delle associazioni in questione senza nulla argomentare su tale essenziale profilo; il Tribunale si limitava, infatti, ad affermare “ricorrendone i presupposti“.
In ragione di ciò, gli ermellini della terza sezione penale del Palazzaccio hanno annullato la sentenza impugnata limitatamente alla costituzione di parte civile dell’Associazione “Antonino Caponnetto” e dell’Associazione “Fare Verde Onlus”, rinviando su tale punto e conseguente liquidazione delle spese al giudice civile competente in grado di appello.