Latina Ambiente: rinviata al prossimo giugno l’udienza preliminare che vede coinvolti 26 indagati. Al centro del procedimento il fallimento della ex Spa
Il giudice per l’udienza preliminare, Giorgia Castriota, ha rinviato in una doppia udienza il procedimento che vede coinvolti gli amministratori che hanno guidato la società Latina Ambiente nel corso degli anni, oltreché a presidenti e consiglieri del Consiglio d’Amministrazione, revisori dei conti e professionisti. All’inizio erano in 34 gli indagati, infine sono scesi a 26 perché alcune posizioni sono state archiviate. Devono rispondere di aver provocato il dissesto della Latina Ambiente Spa, con l’omissione dei controlli contabili e di bilancio nel periodo tra il 2007 e il 2010.
Le udienze preliminari si svolgeranno i prossimi 6 e 7 giugno. In quelle date, il Gup Castriota proverà a completare tutto l’iter per decidere chi dovrà essere rinviato a giudizio ed eventualmente accogliere le richieste di rito abbreviato. Il primo a farsi avanti in questo è stato uno dei 26 indagati, Marcello Vernola.
Il problema è che discutere saranno ben 23 avvocati per 26 indagati. Al momenti due degli indagati, l’avvocato Giacomo Mignano e Marco Brinati hanno chiesto di poter essere interrogati in sede di udienza preliminare.
L’INDAGINE – I coinvolti, nell’inchiesta condotta dal sostituto procuratore della Procura di Latina Marco Giancristofaro (iniziata nel 2016), sono i vari amministratori delegati che si sono succeduti negli anni Giuseppe Caronna, Bruno Landi e Valerio Bertuccelli; i vari Presidenti della società Vincenzo Bianchi, Giovanni Rossi, Giacomo Mignano e Massimo Giungarelli; i vari consiglieri del Cda (alcuni dei quali ex dirigenti o funzionari del Comune di Latina) Gianmario Baruchello, Marco Brinati, Claudio Quattrini, Marcello Vernola, Alfio Gentili, Maurizio Barra, Bruno Calzia, Vincenzo Borrelli, Lucio Nicastro, Stefano Gori, Romeo Carpineti, Francesco Maltoni, Lorenzo Le Donne e Giancarlo Milesi; i componenti del collegio di sindaci revisori Gabriele Giordano, Elvio Biondi, Ruggiero Maurizio Moccaldi, Bruno Pezzuolo e il socio e procuratore della società di revisione Mazars & Guerard, Fabio Carlini.
In uno dei capi d’accusa viene spiegato che 22 degli indagati avrebbero occultato “perdite nel corso della gestione 2007-2013, perdite stimate in non meno di 18 milioni e mezzo di euro circa, mediante l’imputazione di ricavi e proventi Tia extra rispetto ai montanti Pef dello stesso periodo, con conseguente erosione del capitale sociale“. La perdita di capitale nel corso degli anni è stata di 18,5 milioni di euro.
In un altro capo d’imputazione, quello che coinvolge più indagati, c’è l’accusa grave di bancarotta fraudolenta. Secondo la Procura, gli indagati non rendevano possibile “la ricostruzione del patrimonio” e il “movimento degli affari, i libri e le altre scritture contabili della società Latina Ambiente spa in liquidazione tra il settembre 2006 e l’approvazione del bilancio 2012, i sindaci e la società di revisione omettendo ogni controllo di legalità e contabile di rispettiva competenza, limitatamente al periodo tra il 2006 e l’approvazione del bilancio 2010, attesa la mancanza di un sistema di rilevazione contabile analitico, tale da consentire la segregazione contabile dei costi inerenti la gestione Tia, e quindi la puntuale verifica del rispetto della copertura di tali costi con la tariffa di riferimento“.
Infine, nell’ultimo capo d’imputazione, che interessa una quindicina di indagati, c’è l’accusa di aver distratto oltre 300mila euro, negli anni di bilancio tra il 2009 e il 2011, a favore dell’azienda che deteneva il 49% della Latina Ambiente, la Unendo di Francesco Colucci. La distrazione delle somme dalla Spa sarebbe avvenuta tramite emissione di dividendi a fronte di contabilità ed esercizi di bilancio che, tra gli anni 2008-2009-2010, non avrebbero permesso la distribuzione di alcunché: risulta, infatti, chi i tre bilanci, riferibili ai tre anni summenzionati, hanno chiuso in perdita. Circa 800mila euro per il 2008, 351mila per il 2009 e oltre tre milioni di euro per il 2010 (3,2, milioni di euro). Perdite che hanno eroso il patrimonio netto dell’azienda e il capitale sociale arrivando a un valore medio negativo di oltre 9 milioni, se si includono anche gli aggravamenti successivi riconducibili agli anni 2011, 2012 e 2013.
Già dal 2007, il management avrebbe dovuto intervenire per proteggere il patrimonio aziendale, comportando così, per gli anni a seguire, il deprezzamento del valore societario dell’azienda che gestiva l’igiene urbana nel capoluogo di provincia (e non solo, fino al 2015 anche a Formia). Mancati interventi che, secondo le ipotesi degli inquirenti, avrebbe determinato l’inchiesta penale.
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