Un altro killer in fuga dall’area del napoletano dopo l’omicidio consumatosi per l’eterna lotta suprematista nella gestione dei traffici di sostanze stupefacenti e delle estorsioni della camorra campana. E ancora una volta è Formia il covo prescelto per la latitanza durata appena un mese dall’assassinio del 57enne Luigi Mignano, vittima di un agguato, insieme al figlio Pasquale e al nipote di 4 anni, e raggiunto da alcune delle dodici pallottole esplose dai killer, alcune delle quali verso una Renault Clio parcheggiata nei pressi dell’istituto comprensivo Vittorino da Feltre a San Giovanni a Teduccio, dove trovano riparo proprio padre e figlio. Ma sono inquietanti le analogie e i collegamenti con il fermo di tre esponenti del clan Cuomo avvenuto a Formia in seguito ad un’aggressione ai poliziotti appena quattro giorni dopo l’omicidio di San Giovanni a Teduccio, commesso da Ciro Terracciano che ai Cuomo fu prestato proprio dai D’Amico come killer da utilizzare nella guerra in atto in Provincia di Salerno.
Sono le 8 e 45 circa del 9 aprile scorso quando un commando di persone – saranno poi 7 gli arrestati (vedi video a seguire) nell’ambito delle indagini condotte a seguito dell’agguato – si sono organizzate e adunate sin dal primo mattino nei pressi del luogo dell’assassinio, mentre i bambini entrano a scuola.
Alcuni in auto per transitare sul luogo del “rendez-vous” mortale e altri, tra cui l’uomo che esploderà i dodici colpi di pistola, riconosciuto poi in Ciro Rosario Terracciano, a piedi o in scooter: tutti ritenuti ai vertici o comunque aggregati al clan D’Amico-Mazzarella in guerra coi Reale-Rinaldi nell’area orientale di Napoli.
Umberto D’Amico, alias ’o lione, è il boss dell’omonimo clan che ha il quartier generale nella zona del «vicariello» e raggiungerà lui stesso secondo gli inquirenti il luogo dell’agguato per assistere all’omicidio. La vittima è cognato del boss rivale Ciro Rinaldi, meglio conosciuto come “mauè“, che abitano non distanti dal primo, anche se il vero obiettivo sarebbe stato il figlio Pasquale, seppure incensurato. Subito dopo l’uccisione scattano le fasi per consentire ai componenti del commando di dileguarsi e provvedere alla sparizione delle prove. Lo scooter utilizzato per seguire la vittima viene bruciato e anche la pistola viene tagliata con un flex. Ma è la fuga del killer ad aprire – semmai ce ne fosse ancora bisogno – importanti scenari investigativi per comprendere come il Basso Lazio, Formia e Gaeta in particolare siano ormai da tempo per ragioni di vicinanza geografica ma anche di organizzazione logistica, luoghi privilegiati per la latitanza di boss e killer camorristi.
Terracciano, in compagnia di Giovanni Musella, raggiungono Formia per trovare riparo e appoggio per nascondersi, ma per fortuna vengono scoperti dalla minuziosa attività di intelligence degli inquirenti. Ma facciamo un passo indietro, torniamo ai giorni immediatamente successivi all’omicidio, perché non può sfuggire il particolare per cui appena quattro giorni dopo l’omicidio del 9 aprile, ovvero il 13, a Formia vengono fermati dopo una colluttazione con i poliziotti del commissariato, tre uomini – due finiscono in manette – esponenti del Clan Cuomo, che secondo la Questura di Latina, a Formia si trovano per un summit di Camorra. Perché Formia non è solo luogo di residenza di una decina di note famiglie legate alla criminalità organizzata campana, ma anche terra di conquista delle nuove generazioni criminali. Dopo i Cuomo, ora i D’Amico. E in effetti le due compagini non sono legate a Formia solo per coincidenza, perché Terracciano, il killer di Mignano che ha trovato rifugio a Formia, già a partire dal 2017 (e infatti viene arrestato) era considerato dall’Antimafia di Salerno l’aiuto per i due Ras di Nocera Inferiore, ovvero proprio i fratelli Michele e Luigi Cuomo. Fu anzi oggetto di un prestito del clan D’Amico al clan Cuomo – insieme a un altro killer – per condurre la guerra nel nocerino sulla supremazia nella gestione dei traffici di stupefacenti.
“I legami degli uomini del clan D’Amico – possiamo infatti leggere in un articolo del 2017 dal sito Cronache della Campania – erano stretti con il gruppo dei fratelli Luigi e Michele Cuomo. Dalle indagini dei carabinieri del Ros di Salerno è emerso che durante il mese di agosto scorso il gruppo dei fratelli Cuomo era andato a San Giovanni a Teduccio a chiedere una mano agli amici del clan D’Amico. Tutto questo perché era in atto un violento scontro tra i gruppi per il controllo delle piazze di spaccio e che era culminato in una violenta lite nella serata del 7 maggio 2016 tra Mario D’Elia, Marco Iannone e Natale D’Alessandro da una parte a Ulisse Ferraioli e Mario Passamano dall’altra, questi ultimi appartenenti al gruppo Cuomo. E per questo che a fine agosto, di ritorno dalle ferie, vanno a San Giovanni a Teduccio a casa di Umberto Luongo, uno dei reggenti del clan D’Amico in libertà (ndr: è stato condannato il 30 settembre scorso a 13 anni di carcere) dove incontrano lo stesso Luongo, Ciro Rosario Terracciano e Demetrio Sartori. Il gruppo dei “nocerini” composto dal boss Michele Cuomo, Antonio De Napoli, Domenico Rese e Luigi Vicidomini, riceve la cortesia dal clan D’Amico del “prestito” dei due esperti killer Ciro Rosario Terracciano e Demetrio Sartori. Non a caso il 4 settembre comincia “la faida” con il ferimento di uno dei capi del gruppo avversario ovvero di Marco Iannone ‘o stallone gambizzato da Antonio De Napoli”.