Scoppia una bomba a Sperlonga e non è l’esplosione del 16 marzo scorso causata da una banda di soliti ignoti che, per accaparrarsi i soldi del bancomat, hanno fatto saltare per aria un intero ufficio anagrafe.
Bensì sono i Carabinieri del Comando Provinciale di Latina (e la Stazione di Sperlonga) a farla brillare la bomba e a ricostruire la storia del piano integrato di Sperlonga, quel progetto urbanistico che avrebbe dovuto trasformare la città e che, non solo, ha causato innumerevoli guai penali, politici, amministrativi ed economici ma è rimasto monco (sono tante le opere non concluse, dal parcheggio agli impianti sportivi ai cantieri fermi o ancora in corso). Ed è proprio da questa storia che si inchioda quello che probabilmente non avrà conseguenze penali ma che restituisce, una volta per tutte, il significato di vivere nel sud pontino.
Il territorio, come sottolineano più volte i Carabinieri di Latina nell’informativa richiamata dagli organi di stampa locale, con la firma del Comandante Paolo Befera, è altamente infiltrato da soggetti di camorra. Non necessariamente da un Don Rodrigo, ma spesso dai suoi bravi, e ancor più frequentemente da chi con quei bravi ha avuto e ha rapporti e interessi diretti o indiretti. Un negozio preso in affitto da un affiliato a un clan di camorra, un passaggio di società o di immobile, un piacere dato e/o ricevuto.
Durante l’estate 2015, scrivono i Carabinieri di Latina nell’informativa richiamata dal pm Dott. Giuseppe Miliano nell’ambito del processo che si sta celebrando contro il sindaco di Sperlonga Armando Cusani, l’ex dirigente dell’ufficio tecnico comunale Antonio Faiola e il progettista, “onnipresente” (copyright ascrivibile al fu consigliere comunale di Sperlonga Benito Di Fazio), Luca Conte, furono sequestrati 26 lotti di terreno situati nel comune di Sperlonga, oggetto di una lottizzazione abusiva derivata dall’illegittimità del piano integrato approvato dal Comune e dalla Regione Lazio di Badaloni e Storace poi, con le delibere del 1999 e del 2004.
Senza soffermarsi sulla storia del processo già complicata di per sé, l’informativa dei Carabinieri fu trasmessa nell’ottobre del 2016 all’attenzione della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma e del Procuratore Capo Giuseppe Pignatone, quello di Mafia Capitale per intenderci. Un particolare da non sottovalutare. Come detto in più occasioni, e da più parti, la provincia di Latina ha bisogno impellente di una sezione distaccata, o di una vera e propria DDA. Se l’avesse avuta, l’informativa dei Carabinieri di Latina non avrebbe dovuto essere recapitata a Roma, dove di problemi investigativi già ne hanno abbastanza considerata la suburra capitolina, ma sarebbe rimasta qui, a Latina, o comunque nel Basso Lazio. Senza giri e perdite di tempo. E, forse, qualcosa di più l’avremmo ottenuto rispetto a queste presenze legate direttamente o indirettamente ai clan campani che guardano al litorale pontino come un tempo i Casalesi guardavano Formia e Gaeta, definite da Carmine Schiavone Marina e Provincia di Casale. Ma il tempo, come vedremo, si è fermato e la provincia di Latina è sempre di più contrada dove spendere soldi. Tanti.
L’esame dei dati relativi alle proprietà degli immobili realizzati nell’ambito del piano integrato del Comune di Sperlonga e alla compravendita dei terreni interessati ha fatto emergere, spiegano i militari, un indubbio interesse investigativo.
La speculazione edilizia conseguente all’approvazione del piano integrato ha interessato società dell’area campana, da Caserta a Napoli fino ad Avellino e Salerno, che hanno investito abbondanti capitali. Ma non solo. Nell’informativa sono citate società di Roma, Milano, Sperlonga naturalmente, Formia, Fondi, e anche tre di Latina: “La Sibilla Società Cooperativa Edilizia” e la “Monte Circeo società cooperativa edilizia”, entrambe con sede in Via Bruxelles, e la “Società Coop. Edilizia Maestrale” nel centralissimo Corso Della Repubblica.
Il piano integrato è giudicato dai Carabinieri completamente illegittimo avendo variato gli indici delle Norme tecniche di attuazione del Piano Regolatore del Comune di Sperlonga, con l’incremento del 133% delle volumetrie rispetto al PRG, all’aumento del 103% degli abitanti previsti (una Sperlonga trasfigurata); in sostanza, una sesquipedale modifica del Piano Integrato stesso e del Piano Regolatore con veri e propri calci in faccia al popolo che li votava e che continua a votare una classe dirigente che da venticinque anni fa il bello e il cattivo tempo, leggi Severino e arresti permettendo. In cauda venenum: una riduzione dal 90% al 42% della volumetria assegnata all’edilizia residenziale pubblica a beneficio di quella privata (meno case a chi ha bisogno).
In questo gioco di sottrarre a chi ha meno e di offrire a chi ha di più, alcuni soggetti che hanno avuto un ruolo fondamentale nella realizzazione edilizia sono collegati, seppur talvolta in maniera indiretta o dissimulata (ndr: è proprio questo l’azzeccatissimo aggettivo utilizzato dai Carabinieri), alla criminalità organizzata tanto da far ritenere che in alcuni casi vi possa essere stato un reimpiego di capitali illeciti dei clan campani, sopratutto del casertano e del napoletano.
Seguendo il filo non dei soldi, come diceva Giovanni Falcone, ma dei dati catastali e societari di tutti i soggetti fisici e giuridici interessati alla realizzazione e alle compravendite dei fabbricati e dei terreni, i Carabinieri hanno ricostruito una vera e propria genealogia di un romanzo edilizio-camorristico, con nomi, dati, inchieste e processi che hanno coinvolto, di petto o di striscio, coloro i quali si sono avvicinati alla pianificazione urbanistica, detenendo o comprando o passandoseli di mano i lotti, i terreni, le abitazioni di ciò che, in origine, veniva chiamato in linguaggio burocratese il “Programma integrato d’intervento per lo sviluppo e la riqualificazione della città in completamento“.
Tengono a precisare i militari dell’Arma che “la metodologia seguita ha consentito di illustrare in maniera organica i numerosi elementi informativi raccolti, molti dei quali sembrano effettivamente suffragare l’ipotesi di una partecipazione attiva della criminalità organizzata“. Che detto così non fa altro che legittimare una consapevolezza: questo del piano integrato sembrerebbe essere stato un gigantesco Casinò dell’Edilizia. Feroce, cinico, pantagruelico.
Le investigazioni dei Carabinieri si sono concentrate, in virtù degli esposti presentati da cittadini, politici e associazioni, sull’accertamento dell’identità degli acquirenti rispetto alle abitazioni realizzate nell’ambito del piano integrato di Sperlonga e, di conseguenza, sulla verifica degli eventuali collegamenti con la criminalità organizzata.
È lunghissimo l’elenco di società, nomi e circostanze nominati nell’informativa. Tanti i clan evocati e, alla fine, un’ipotesi che facciamo nostra. Perché non esiste nessuna camorra senza qualcuno, con la giacca inamidata, che le consente di prosperare.
DALLA MONNEZZA AL MATTONE
Alcune abitazioni contenute nel piano integrato furono acquistate dalla società Elma Srl di proprietà delle figlie e della moglie di Giuseppe Carandente Tartaglia, esponente del “Clan dei Casalesi” della fazione di Michele “Capastorta” Zagaria e il cui padre Mario Carandente Tartaglia è stato un pregiudicato ritenuto affiliato al clan camorristico di Lorenzo Nuvoletta, legato ai corleonesi di Totò Riina, e il cui fratello Angelo Nuvoletta decretò l’assassinio del celebre cronista Giancarlo Siani.
Oggi sappiamo, dalla celebre indagine del Noe di Napoli, che Carandente Tartaglia è stato al centro del complesso intreccio tra massoneria, affari e pezzi deviati dello Stato dietro la discarica di Chiaiano (Napoli). Un pezzo da novanta (oggi, dopo anni di inchieste, filoni e provvedimenti, imputato dinanzi al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere), legato a personaggi di vertice dei clan Nuvoletta, Mallardo e successivamente anche dei Polverino, e poi, come detto, in rapporti anche con la cosca casalese degli Zagaria.
Una delle abitazioni dalla Elma srl fu poi data in locazione a Michele Balivo, i cui congiunti risultano contigui sempre al clan camorristico dei “Casalesi” lato Zagaria – lo zio di Balivo, Giulio, risultò aver contribuito ad agevolare la lunga latitanza di Capastorta.
LEGAMI CON L’ARCHEOLOGIA CAMORRISTICA
Poi c’è la “Orazio immobiliare srl” che, oltre ad avere un’abitazione in comproprietà con Carandente Tartaglia, ne ha acquistato un’altra. Ma il punto non è questo. Tra i suoi amministratori c’è un tale che si chiama Aldo Campagnola, già coinvolto in un’indagine della Procura della Repubblica di Campobasso sull’azienda Fonderghisa S.p.A. di Pozzilli, in provincia di Isernia, rilevata a costo zero da una società collegata al “clan camorristico” dei “Fabbrocino”. Il capo dei Fabbrocino non passa inosservato, è Mario cugino di uno che non si perde di vista facilmente nella mappa del crimine: Carmine Alfieri, promotore negli anni Settanta della Nuova Famiglia, l’associazione camorristica protagonista della lunga faida contro la Nuova Camorra Organizzata di Raffale Cutolo ‘o Professore.
GLI IMPRENDITORI DEL GRAN CASINÒ
A interessarsi del cemento di Sperlonga, troviamo anche Giuseppe Martino, imprenditore che ha avuto incarichi e cointeressenze in alcune delle società edili per la realizzazione e la compravendita delle abitazioni interne al piano (Mizar Immobiliare srl, Team 98 Soc. Coop. Edilizia, Immobiliare Pagano e Consorzio Cardarelle), con partecipazioni nell’Azienda agricola allevatori casertani S.r.l., una società colpita da provvedimenti interdittivi emessi dalla Prefettura di Caserta.
Suo figlio Raffaele acquista un’abitazione dalla “TEAM 98 SOC. COOP. EDILIZIA ARL” del padre.
È proprio Raffaele a essere controllato, più di dieci anni fa, insieme a Oreste Iovine, che nel 2009 fu tratto in arresto dal Nucleo Investigativo dei Carabinieri di Caserta per rivelazione ed utilizzazione di segreti d’ufficio con l’aggravante di aver favorito l’associazione mafiosa capeggiata da Antonio Iovine, ‘o Ninno, uno dei più famigerati e principali boss dei Casalesi, ad oggi collaboratore di giustizia.
Ad acquistare dalla “TEAM 98 SOC. COOP. EDILIZIA ARL” anche la convivente di Raffaele Pezzullo che, nel 2006, poco prima che la compagna comprasse la casa a Sperlonga, fu deferito dal GICO, Gruppo d’investigazione sulla criminalità organizzata, per riciclaggio insieme ad altri 19 soggetti. Riciclaggio dunque, uno dei concetti che a leggere le carte e a seguire l’ordito verrebbe da appuntarsi più volte come avrebbe fatto Philip Marlowe ne Il Grande Sonno.
LA STRATEGIA DEL RAGNO
Salvatore Marone, socio di un’altra società, “Il Poggiolo Srl”, ha rivestito cariche e/o detenuto partecipazioni in varie società segnalate da parte della Banca d’Italia per operazioni sospette, ed in particolare per Interporto Campano Spa che emerge in una nota della Direzione Investigativa Antimafia di Napoli del 1993, in ragione di indagini effettuate su infiltrazioni di clan camorristici facenti capo a Carmine Alfieri (il summenzionato boss feroce e “arrabbiato”, lo chiamavano ‘ntufato, degli anni Ottanta, sodale di Antonio Bardellino e leader della Nuova Famiglia) sulla realizzazione dell’Interporto Nola-Marcianise e del raddoppio del Centro Ingrosso Sviluppo di Nola. In quel contesto si palesò che, tra le imprese interessate direttamente ai lavori, era presente la S.E.C. S.r.l. (Società Europea Costruzioni), collegata ad Alessandro Nocerino, a cui furono applicate misure di prevenzione personali e patrimoniali per associazione mafiosa sempre con Carmine, oggi pentito, e l’aggiunta del fratello Francesco Alfieri (ucciso in un agguato nel 2004 a Piazzolla di Nola).
Da “Il Poggiolo Srl” acquista un’abitazione anche la moglie di Raffaele Salierno che, oltre ad annoverare alcuni precedenti di polizia, ha collegamenti con il clan Graziano che gravita a Quindici, in provincia di Avellino, ed è fratello di Giorgio Salierno, esponente di spicco del clan Moccia, ucciso nel 2003 per mano di camorra e seguito, nella tragica fine, dalla moglie Immacolata Capone ammazzata dalle cosche un anno dopo.
Annotano i Carabinieri che, nell’ottobre del 2007, anche un certo Pasquale Viro prese un’abitazione da “Il Poggiolo srl“. Viro risulta socio ed amministratore unico della “VIRO COSTRUZIONI GENERALI”, membro del consiglio direttivo del “Consorzio Afragola Giovani Imprenditori” e socio della “Casoria Società per l’Agricoltura srl“. In quest’ultima società sono presenti Antonio, Paolo e Leonardo De Luca, rispettivamente fratello e figli di Giuseppe De Luca, fratello di Carmela De Luca, ossia moglie di Angelo Moccia, detto “Enzo” , definito una figura apicale insieme ai fratelli Luigi, Antonio, Teresa e Bruno e alla madre Anna Mazza (la cosiddetta “vedova nera della camorra”, già di stanza a Formia prima di morire nel 2017) del conosciutissimo e temuto clan Moccia. Una consorteria con variegati interessi nella provincia pontina. E non da oggi.
Un altro Viro, Ciro, invece, ha acquistato un’abitazione del piano integrato da un’altra società del Casinò sperlongano, “Sarand Srl”, ed è titolare della ditta “Impregivi Srl” che, nel 2014, subì un incendio a un suo escavatore nel cantiere di Scafati (Salerno) dove si svolgevano i lavori di riqualificazione dell’area industriale “ex Copmes”. All’epoca dei fatti si era formato un raggruppamento di imprese di cui faceva parte anche la “Viro Costruzioni Generali Srl“. Entrambi i Viro sono soci della “Casoria società per l’agricoltura Srl” con altri personaggi collegati alla criminalità organizzata.
L’ETERNO RITORNO DI GOMORRA
Nel 2008, Bernardo e Marcellino Verdino comprano un’abitazione a Sperlonga dal Consorzio Cardarelle, che poi rivendono dopo poco. Bernardo Verdino pare essere amico di Gabriele Brusciano che, oltre ad avere numerosi precedenti, è stato più volte arrestato per reati di criminalità organizzata anche perché ritenuto elemento di spicco dei Casalesi, fazione Bidognetti. Nel suo curriculum criminale una tacca inquietante: la fiducia guadagnata da parte del boss dell’ala stragista casalese, il ferocissimo Giuseppe Setola considerato il responsabile della terribile e sanguinolenta strage di Castel Volturno.
Un fatto non di camorra, ma pesantemente inopportuno, è che ad acquistare due abitazioni del piano integrato c’è stato anche Francesco Paolo Germano che risulta tra i comproprietari dei lotti.
Il problema è che Francesco Paolo Germano è l’architetto, funzionario della Soprintendenza per i Beni Ambientali e Architettonici del Lazio, che esprime il parere favorevole in relazione all’approvazione del piano integrato. Germano faceva parte della Commissione Edilizia Integrata, composta tra gli altri anche dall’allora, e ancora attuale, Sindaco del Comune di Sperlonga Armando Cusani, che nel 2001 approva i progetti di edilizia residenziale agevolata presentate dalle cooperative: “La Madonnina”, “La Macera”, “Gaia”, “Monte Circeo”, “La Sibilla” e “Maestrale”. Un conflitto d’interessi all’altezza di Forza Italia, il partito da cui si origina il sindaco e che ha inventato, nella seconda repubblica, il concetto stesso di politica e affari.
I fratelli Dell’Aversana, titolari della “GE.I.PA. Srl”, hanno realizzato varie abitazioni sui terreni interessati dal piano integrato. Vincenzo, uno dei due fratelli, ha acquistato anche alcune abitazioni a Sperlonga oltre ad averle realizzate, ma a spiccare sono le sue frequentazioni con soggetti contigui al clan Belforte di Marcianise, da tempo presente nel sudpontino. Il padre di Vincenzo si lascia notare: si chiama Giovanni Dell’Aversana denunciato per aver favorito la latitanza, insieme ad altri soggetti, di ‘o Puff , al secolo Raffaele Bidognetti figlio del boss Francesco conosciuto dai più come “Cicciotto ‘e mezzanotte”, il braccio destro di Francesco “Sandokan” Schiavone. Una famiglia, quella dei Bidognetti, presente da anni a Formia.
Gaetano Salzillo, imprenditore edile di Marcianise, è tra i maggiori comproprietari dei lotti del piano integrato. Amministratore e socio di varie società che operano nel campo immobiliare, è uno degli imprenditori più attivi nell’ambito della speculazione edilizia: complessivamente, scrivono i Carabinieri, ha realizzato e commercializzato, in proprio o con vari soci, 37 immobili a Sperlonga e varie rimesse.
Il suo particolare attivismo in tale ambito assume una connotazione ancor più rilevante dal punto di vista investigativo in relazione alle sue vicende penali e ai collegamenti con la criminalità organizzata. Salzillo, infatti, “vanta” tra i precedenti di polizia una denuncia nel 2005 da parte del Commissariato di Polizia di Formia per tentata estorsione aggravata e continuata, tentato sequestro di persona ai danni di un altro imprenditore edile, e anche la detenzione e il porto abusivo di arma da sparo. Oltre ai legami con la criminalità organizzata inerente al settore edilizio, Salzillo ha provati legami con l’organizzazione camorristica della famiglia Belforte di Marcianise. Gli accertamenti svolti dal personale della Compagnia Carabinieri di Gaeta hanno consentito di raccogliere elementi circostanziati tali da ipotizzare che le ditte collegate a Gaetano Salzillo e al suo nucleo familiare, spesso costituite alla bisogna per la commissione e la realizzazione di lavori e poi cancellate, abbiano movimentato ingenti capitali per mettere in piedi abitazioni di grande valore, percependo introiti relativamente modesti. Salzillo, inoltre, in questo viluppo di interessi e calcestruzzo, ha contatti anche con la famiglia Sparaco, proprietaria della ditta “Sparaco Costruzioni generali Srl”, ritenuta anch’essa contigua al clan Belforte.
In questa discesa negli inferi edilizi e camorristici, non manca neanche un rimando al processo Spartacus, il maxi processo ai Casalesi diventato noto al grande pubblico solo dopo l’uscita di Gomorra di Roberto Saviano.
Antonio Menditto, nel 2005, acquistò un’abitazione dalla “Immobiliare Pagano Srl” di Casal di Principe che, a sua volta, ha comprato terreni a Sperlonga realizzando abitazioni nel piano integrato.
Menditto è amministratore unico della “GB SUD S.r.l.” e comproprietario della “EUROSEGNALETICA S.P.A.”, società che, unitamente alla “I.S.P.A. INDUSTRIA SOLAI PREFABBRICATI AFFINI”, sono state inizialmente sottoposte a sequestro preventivo nell’ambito dell’operazione “Spartacus” in quanto collegate a Giovanni Mincione, indagato nel citato processo, condannato in primo grado e successivamente assolto dall’accusa di concorso esterno in associazione camorristica con conseguente dissequestro delle menzionate società.
Eppoi, ancora, c’è Gennaro Spasiano che acquista un’abitazione realizzata dalla “Sarand Srl” nel 2008. Spasiano è stato fermato in due diverse circostanze insieme a Raffaele Sarnataro, imprenditore operante nel settore della raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti, e arrestato dalla DIA di Napoli per associazione di tipo mafioso, in quanto sospettato di aver acquisito appalti nel settore edile grazie alla sua appartenenza al clan “La Torre” di Mondragone, e successivamente colpito da un provvedimento di confisca dei beni.
La “Europa 95 Costruzioni Srl”, invece, ha realizzato alcuni fabbricati sui terreni interessati dal piano integrato. È detenuta al 50% dalla Soimeg srl della quale, nel 2013, diventa amministratore unico Antonio Picciuto, arrestato dal Nucleo Operativo del Reparto Territoriale dei Carabinieri di Castello Di Cisterna (Napoli) per reati in materia di armi con l’aggravante e per favoreggiamento nei confronti del latitante Antonio Capasso, detto ‘o sfaldista, e a capo dell’omonimo clan camorristico operante nell’area nolana.
Sempre dalla “Europa 95 Costruzioni Srl” viene comprata un’abitazione da Bartolomeo Schiavone che nel 2009 fu fermato insieme a Luigi Di Caterino il quale, successivamente, nel 2013 fu arrestato dal Norm dei Carabinieri di Casal di Principe per aver favorito la latitanza di Nicola Panaro elemento di spicco del clan dei “Casalesi”.
NON SOLO CAMORRA
Rita Maria Nardini è stata revisore legale di varie società citate nell’informativa dei Carabinieri (“La Madonnina Società Cooperativa Edilizia”, “La Macera Società Cooperativa Edilizia” e la “Gaia Società Cooperativa Edilizia“) e riveste anche la carica di sindaco supplente nella Vipp Lavori Speciali, tra i cui consiglieri figura Giuseppe Grondona, indagato nel procedimento penale della DDA “Memento” in seno alla Procura della Repubblica di Roma, anche per associazione mafiosa e connessioni con soggetti legati alle famiglie dei “corleonesi” e della ”provincia” di Caltanissetta.
Pierluigi Faiola, imprenditore edile di Sperlonga, è proprietario unico ed amministratore unico della società “The Palace Srl”. Viene definito dagli inquirenti come uno dei soggetti centrali della speculazione edilizia connessa al piano integrato di Sperlonga. Oltre a realizzare e commercializzare molte abitazioni, sul Faiola convergono una serie di interessi convergenti che riguardano personaggi centrali della vicenda sperlongana. Oltre ad essere proprietario della “The Palace Srl” e della “Immobiliare Faiola Srl”, è socio unico della “Albert Immobiliare Srl”, della quale è amministratore unico Antonio Pignataro.
Pignataro, come noto, è anche amministratore unico della “Resort & Hotels Sperlonga Srl”, la società di riferimento degli interessi alberghieri di Armando Cusani.
In rapporti, dicono i Carabinieri, con Stefano Chianese, napoletano collegato ad esponenti del clan Mazzacane, alleati dei fratelli Salvatore e Domenico Belforte.
IL CASO E LA LOGICA
I fatti, le circostanze, i nomi e pure i cognomi rimandano a un universo che, come annotano giustamente i Carabinieri, avvalora sì la tesi di un enorme interesse speculativo sul piano integrato di Sperlonga da parte di soggetti collegati alla criminalità organizzata per lo più campana, eppure alcuni degli intrecci evidenziati possono apparire marginali. Se si considera che il censimento degli inquirenti sul piano integrato ha riguardato 85 terreni e–316 fabbricati, gli investimenti di provenienza sospetta, riferiti a sodalizi criminali eterogenei di cui non è così banale scorgere il fil rouge, potrebbero essere anche valutati come un fatto terribilmente fisiologico sopratutto in relazione alla vicinanza della zona sperlongana a quella campana.
Epperò, sostengono i Carabinieri, l’incrocio e l’analisi delle società interessate nella speculazione edilizia di Sperlonga ha fatto emergere una serie di relazioni ricollegabili, in maniera diretta od indiretta ad esponenti della criminalità organizzata campana, la cui convergenza e ridondanza porta ad escludere in questo caso fattori di casualità, e ad ipotizzare una rete di relazioni ed interessi. Una logica, per l’appunto.
Tramite varie metodologie investigative e analitiche, i Carabinieri hanno focalizzato la centralità di alcuni personaggi citati come Augusto Pagano e Giuseppe Martino nonché la penetrazione del clan dei casalesi (o di ciò che sono ad oggi), e rilevato l’importanza di Antonio Pignataro, l’amministratore delle società collegate a Armando Cusani.
Incrociando le relazioni, i rapporti, le convergenze che coinvolgono i soggetti legati alla criminalità organizzata si arriva alla conclusione che sarebbero due i binomi da tenere d’occhio, perno di trame e logiche non casuali: il duo Augusto Pagano/Giuseppe Martino, riferibile alle varie fazioni del Clan dei Casalesi, e quello di Gaetano Salzillo/Pierluigi Faiola, riferibile principalmente al clan Belforte e strettamente connesso con il gruppo di affari locale.
I due imprenditori Pagano e Martino sono figure che ricorrono maggiormente nell’informativa, sia perché particolarmente attivi nell’ambito dell’attività edilizia riferibile al piano integrato, sia perché risultano interessati nella maggior parte delle compravendite o delle vicende esaminate dai Carabinieri.
Sono entrambi soci della “Mizar Immobiliare Srl”, la società che vende un’abitazione alla “ELMA Srl”, la società della famiglia Carandente Tartaglia. Entrambi sono collegati alla “Tema 98 Soc. Coop. Edilizia (della quale Martino è stato Presidente del Consiglio di amministrazione mentre la famiglia Pagano ha ricoperto varie cariche), una società che realizza varie abitazioni alcune delle quali cedute a soggetti collegati alla criminalità organizzata o comunque di interesse investigativo per chi abbia intenzione di scavare.
Giuseppe Martino e l’altro figlio di Augusto Pagano, Nicola, rivestono la carica di consigliere nel “Consorzio Cardarelle” per mezzo del quale vengono concluse parecchie compravendite che, anche in questo caso, coinvolgono vari soggetti di interesse investigativo.
Augusto Pagano è inoltre, sino al maggio 2016, amministratore unico della “GE.I.PA. Srl“, società segnalata per operazioni sospette da parte della Banca d’Italia e di proprietà dei fratelli Dell’Aversana.
Tutti gli investimenti su Sperlonga effettuati dalla famiglia Carandente Tartaglia scaturiscono da compravendite effettuate da società nel quale Augusto Pagano ha un ruolo di rilevo.
Ulteriore contatto tra Augusto Pagano e Giuseppe Martino è costituito dalla “Immobiliare Pagano Srl” (in liquidazione, e forse estinta), del quale il primo è socio al 50% ed il secondo ne è stato amministratore unico. La predetta società, oltre ad essere stata oggetto di una segnalazione per operazioni sospette da parte della Banca d’Italia, ha costruito alcune abitazioni a Sperlonga una delle quali acquistata da Antonio Menditto, amministratore unico e comproprietario di alcune società che sono state sottoposte a sequestro preventivo nell’ambito dell’operazione “Spartacus“.
Nicola Pagano, figlio di Augusto, è proprietario ed amministratore unico della “Kronos srl”, società che acquista una serie di terreni a Sperlonga, recitando il ruolo da intermediaria tra le ditte riconducibili al binomio Pagano/Martino, e un’altra società collegata alla famiglia Pagano, “La Selvetta S.r.l.”, che ha come oggetto sociale la gestione di stabilimenti balneari. E con un’altra società, “La Selva S.n.c. di Pagano Augusto & C.“, viene gestito il rinomato stabilimento balneare di Castel Volturno, il “Lido La Selvetta”. Questo stabilimento è attiguo agli stabilimenti balneari “Lido Airone” e “Spiaggia del Passerotto” che sono stati sottoposti a sequestro nel 2010 a seguito di indagini patrimoniali condotte dal Centro Operativo della D.I.A. di Napoli in quanto riconducibili ai fratelli Guido e Raffaele Zagaria, implicati nell’operazione “Spartacus 2“.
Giuseppe Martino, come si evince dall’approfondimento investigativo fornito dal Centro Operativo D.I.A., ha rivestito cariche e/o detenuto partecipazioni in società oggetto di segnalazioni per operazioni sospette o colpite da interdittive antimafia come la “CASARO DEL RE Società Agricola” e l’AZIENDA AGRICOLA ALLEVATORI CASERTANI S.r.l.” o come la “SOCIETÀ AGRICOLA ALTO CASERTANO S.r.l.” che ha evidenti connessioni con esponenti di spicco del “clan dei Casalesi”, quali Silvio Diana, Luigi Caprio, Giuseppe Laudante e altri.
L’altro binomio evidenziato dalla lettura dei fatti è quello di Gaetano Salzillo e Pierluigi Faiola.
Salzillo è tra i comproprietari dei lotti del piano integrato di Sperlonga (lotti 1, 2, 4, 11, 12). La sua straordinaria operatività nell’attività edilizia connessa al piano integrato di Sperlonga è collegata a quella di Faiola, uno dei principali immobiliaristi locali. I due infatti figurano come comproprietari in alcuni dei lotti del piano integrato (lotti 4 e 11) e di fatto gestiscono quasi tutte le compravendite degli immobili realizzati in queste aree. L’altro elemento peculiare è costituito dal fatto che anche nei confronti di Faiola sono emersi elementi di collegamento, seppur indiretto, con il clan Belforte/Mazzacane.
Faiola avrebbe rapporti di frequentazione, come detto, con Stefano Chianese che, a sua volta, è riconducibile per consuetudini amicali a Luigi Franzese, appartenente al clan Belforte/Mazzacane e spuntato fuori nel 2015 nell’ambito della richiesta del sequestro dei beni dell’imprenditore formiano Vincenzo Zangrillo. Franzese, fino a poco tempo fa, era di stanza nel capoluogo di provincia, Latina. L’altra città, come Sperlonga, dalla quale zampillano società in rapporti diretti o indiretti con cosche brutali e conosciute in tutto il mondo. Qualcuno, se ancora in vita, forse avrebbe aggiunto un altro atto a una commedia: “Questi fantasmi”. Solo che qui si fa fatica a sorridere.
AGGIORNAMENTO [21-05-2019, ore 13:30]: In data 20 maggio 2019, ore 12:09, è arrivato all’email contattaci@latinatu.it un documento a firma dell’avvocato Giovanna Ranieri e dell’architetto Francesco Paolo Germano citato nel presente articolo. A pagina 2 (che segue) pubblichiamo per intero il documento succitato.