Intervistato dal giornale on line “I Siciliani”, il parroco della chiesa di Sant’Erasmo a Formia ribadisce: “A Formia c’è la camorra e il silenzio”
Aveva scosso le coscienze di qualche fedele l’omelia pronunciata da Don Alfredo Micalusi a giugno scorso, alla fine della messa solenne per il patrono Sant’Erasmo.
Frasi che avevano emozionato in quanto il parroco aveva ricordato l’operazione di Polizia e Guardia di Finanza dello scorso 24 maggio. Non solo l’operazione anti-droga che aveva sgominato un sodalizio che, secondo la Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, sarebbe retto dai coniugi Italo Ausiello e Carmina Fustolo, ma anche un rimando non velato alla sparatoria che, a febbraio, aveva coinvolto uno dei nipoti del fondatore del Clan dei Casalesi, Gustavo Bardellino, attinto da colpi d’arma da fuoco nell’autosalone di Via Ponteritto.
Le parole di Don Micalusi, anche sul gioco d’azzardo che imperversa nel sud pontino, furono inframezzate dagli applausi dei fedeli: poteva sembrare una voglia di pulizia emergente per una nuova speranza a Formia. Eppure, così non è stato.
Parole, peraltro, che non sono passate inosservate anche ad altre latitudini come dimostra la bella intervista che Don Micalusi ha rilasciato sul giornale “I Siciliani” a Carmine Mancone. Un’intervista che ha citato tutti i fatti succitati: dallo spaccio a Formia fino ai Bardellino, dalla città che respinge Marilena Natale perché la sua scorta potrebbe destabilizzare i residente (sic!) alle ambiguità della politica, per finire su un’amara verità. Dopo quell’omelia coraggiosa a Formia non è cambiato niente. E a dirlo è lo stesso Don Alfredo Micalusi.
Sull’episodio dell’agguato che ha attentato la vita a uno dei nipoti del Clan dei Casalesi, il parroco non utilizza un linguaggio paludato, tutt’altro. “Normalmente a Formia non si sparava, la Camorra qui fa affari e dove si fanno gli affari non si devono accendere riflettori, bisogna tenere un profilo basso. Almeno finora, poi è successo anche questo. Qualcosa è cambiato, non saprei dire cosa, ma è passato tutto sotto silenzio”.
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Alla domanda del giornalista se ci siano stati cambiamenti a Formia negli ultimi tre mesi, ossia da quando ha parlato a chiare lettere di camorra&affari a Formia dal pulpito della chiesa, Don Micalusi risponde secco, ricordando un fatto di cronaca inquietante: gli attacchi di Angelo Bardellino all’ex Sindaco e attuale consigliere comunale Paola Villa, da sempre capace di tenere alta l’attenzione sulla famiglia originaria di San Cipriano d’Aversa.
“Nessuno – ha risposto il prete a “I Siciliani”, riferendosi a nessun cambiamento avvenuto – , anzi, c’è stato l’attacco vergognoso di un esponente della famiglia Bardellino a Paola Villa, che ha ricordato spesso come la famiglia legata al fondatore dei casalesi sia inserita nel tessuto economico della città. Mi aspettavo una reazione da parte delle istituzioni, parole di solidarietà, indipendentemente dal fatto che sia un’esponente dell’opposizione bisognava uscire dall’ambiguità e dire “Noi stiamo con Paola Villa”. L’attività politica di Paola Villa ha il merito di porre i problemi, li porta alla luce e li chiama per nome. La sua è un’opera di coscientizzazione. A lei va anche la mia più totale solidarietà, la appoggio perché è una donna coraggiosa”.
Ma nell’intervista di Don Micalusi c’è molto di più. E chi fa informazione nel pontino dovrebbe chiedersi per quale ragione un prete così coraggioso sia stato interpellato da un giornale meritevole e degnissimo ma così lontano dal punto di vista del territorio.
Il parroco non risparmia nessuno dei problemi evidenti del sud pontino (e oltre) e dichiara che “a Formia c’è un sottobosco grigio di malaffare che purtroppo confina anche con le realtà istituzionali. Il mio messaggio è stato molto forte anche in questo senso. Dobbiamo risolvere le ambiguità, non è possibile che gli avvocati dei camorristi di questa zona siano in qualche in modo impegnati anche nella gestione della cosa pubblica. È chiaro che tutti hanno diritto alla difesa e che non c’è illecito se lo stesso avvocato abbia un impegno diretto nell’amministrazione comunale, ma io dico è opportuno? Da che parte stiamo? Per questo ho parlato di ambiguità. Vogliamo il bene della città e renderla più pulita o vogliamo essere i difensori di chi questa città la inquina? Qui a Formia noi accogliamo e coccoliamo persone che hanno inquinato, sotterrato rifiuti tossici, che hanno lucrato sull’immondizia”. E non mancano gli esempi da Latina fino al sud pontino di avvocati penalisti in politica e con velleità di entrarvi.
Riflessioni puntute del parroco anche sulla gestione dell’acqua pubblica amministrata da Acqualatina Spa, per cui, a Formia (e non solo), si “dorme sulla gestione dell’acqua pubblica, il cui gestore idrico eroga un servizio con perdite idriche e problemi di depurazione le cui spese sono tutte a carico degli utenti senza prospettive di miglioramento e con l’amministrazione che avalla aumenti in tariffa. A Formia siamo stati sette mesi con il fango ai rubinetti o in assenza di acqua, abbiamo organizzato una protesta ed erano presenti solamente 300 cittadini, quando invece dovevamo essere in 30000. Per questo dico che c’è bassa reattività civica”.
E se a dirlo è un uomo di Chiesa, sarebbe bene che i sindaci dell’Ato4, pronti a vorare qualsiasi provvedimento pro Acqualatina, senza nemmeno leggere per cosa si esprimono (con pochissime eccezioni, tra cui il Sindaco di Bassiano Domenico Guidi), inizino una riflessione.
Camorra, politica, gestione dei servizi pubblici. È questa la chiesa che ci piace, quella che non arretra, che si inzuppa nella realtà, che ne attua una critica e che, soprattutto, non si rifugia o si nasconde nella liturgia.