ZOF TORNA IN CARCERE: IL 40ENNE IMPUTATO NEL PROCESSO RESET RISCHIA IL RINVIO A GIUDIZIO PER I CHIOSCHI

Alessandro Zof
Alessandro Zof

Perquisito nella sua abitazione, Alessandro Zof, imputato nel processo “Reset”, ha subito un aggravamento della misura cautelare

Era ristretto ai domiciliari sia per l’indagine che contesta le intimidazioni sul lungomare di Latina in ragione del businness dei chioschi, sia per la misura cautelare scaturita dall’indagine denominata “Reset”. Di recente, Zof, 40enne di Latina, più volte coinvolto in inchieste della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, si era presentato anche nel processo “Reset”, nel quale al clan Travali/Di Silvio, di cui lui sarebbe stato affiliato, viene contestata l’associazione mafiosa.

Venerdì scorso, però, il III collegio del Tribunale di Latina, presieduto dal giudice Mario La Rosa, su richiesta dei sostituti procuratori della DDA di Roma, Luigia Spinelli e Francesco Gualtieri, ha accolto la proposta di aggravamento della misura cautelare, ordinando la carcerazione del figlio del “Topo Bestia”.

L’aggravamento è scaturito da una perquisizione avvenuta presso il domicilio di Zof a Latina lo scorso giovedì 10 ottobre. A eseguire la perquisizione sono stati gli agenti della Squadra Mobile di Latina, guidati dal vice questore Guglielmo Battisti. Gli investigatori si sono presentati a casa di Zof in cerca di armi, in particolare di una pistola, dopodiché hanno ritenuto che il 40enne, nel corso della perquisizione, si sarebbe liberato di sostanza stupefacente.

Per tale ragione, la DDA ha ritenuto opportuno chiedere l’aggravamento della misura per Zof non solo al Tribunale di Latina dove si celebra il processo “Reset”, ma anche al giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Roma, Maddalena Cipriani, la quale il prossimo 20 novembre celebrerà il primo round per l’inchiesta sui chioschi, in cui saranno presenti anche il padre e il fratello di Alessandro Zof. È probabile che, in quella sede, tutti o quasi gli indagati chiedano di essere giudicati col rito abbreviato.

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A differenza del Tribunale di Latina, il Gup capitolino ha, però, negato l’aggravamento della misura, ritenendo che non vi fossero elementi validi. Ecco perché il ricorso al Tribunale del Riesame di Roma presentato dai legali di Zof, Alessia Vita e Marco Lucentini, che si discuterà il prossimo venerdì 25 ottobre, punta a chiedere l’annullamento della misura del Tribunale pontino stabilita venerdì scorso, 18 ottobre. Un giorno che il processo “Reset” ricorderà per due eventi rilevanti. Lo scorso venerdì, infatti, Zuppardo, ormai ex collaboratore di giustizia, ha dato conto del fatto che lo Stato gli ha tolto la protezione e in ragione di ciò “Fagiolo” (questo è il suo soprannome) si è rifiutato di rendere dichiarazioni contro il Clan Travali, non sentendosi più protetto.

Allo stesso tempo, il pubblico ministero della DDA romana, prossima ad essere nominata Procuratore Aggiunto di Latina, Luigia Spinelli, si è presentata in aula con due agenti di scorta, oltreché a un’auto blindata che l’aveva accompagna a Piazza Buozzi. Un fatto inquietante molto probabilmente riconducibile a minacce provenienti o intimidazione, non dirette, da parte della criminalità locale. Se si tratti di ambienti vicini agli imputati del processo “Reset”, non è ancora dato sapere. Sul caso, ad ogni modo, sarebbe aperta una indagine e questo è il motivo del riserbo massimo tenuto finora.

Un clima per niente facile, quello del processo Reset, anche alla luce dell’aggravamento della misura per Alessandro Zof. Il 40enne è un nome di peso negli ambienti criminali pontini, non solo un mero affiliato del clan Travali, ai quali, in realtà, secondo la DDA, veicolava la droga del rumeno Valeriu Cornici, senza contare il fatto di godere di una sua leadership. Una leadership dovuta alle sue vicende criminali, come, ad esempio, gli spari all’American Bar di San Felice Circeo: condannato a sette anni in primo grado per duplice tentato omicidio.

Zof, detto “Il Topo”, a gennaio 2024, peraltro, è stato condannato anche in Appello nel processo “Scarface” (un’indagine dell’antimafia sul Clan Di Silvio, retto da Giuseppe “Romolo” Di Silvio). Insomma, un personaggio molto attivo nel crimine pontino e soprattutto in grado di poter parlare con vari sodalizi, non solo di origine rom.

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