Tiziano Ferro ha scritto una lunga lettera confessione sul magazine “7” de “Il Corriere della Sera”: il cantante di Latina ha parlato della sua dipendenza dall’alcol
È una lettera senza filtri quella di Tiziano Ferro che ha abituato il suo pubblico alla condivisione di alcuni aspetti della sua vita privata come l’obesità nel periodo adolescenziale, quando nessun produttore pubblicava le sue canzoni a causa del “peso”, oppure il coming out e il suo successivo matrimonio con lo statunitense Victor Allen.
Oggi, Tzn ha voluto condividere il buco nero dell’alcolismo in cui ha capito di essere caduto 6 anni fa quando aveva 34 anni. E lo ha fatto come si faceva una volta con una lettera, anche in vista dell’uscita del suo documentario che sarà disponibile su Amazon Prime Video a partire dal 6 novembre.
“Nessuno mi poteva sopportare quando bevevo – scrive il cantante pontino – E chi ci riusciva o aveva pietà, o era come me. O più disperato di me. Oggi che non bevo da diversi anni ho capito che quella disperazione aveva un senso, uno solo: aiutare qualcun altro…Io devo smettere di bere, mi ripetevo. Avevo le transaminasi alte. Iniziavo ad avere problemi di fegato. Non volevo morire per una cosa simile. No“.
“Pensavo “non berrò” – continua Ferro sul magazine – e si spalancavano il buio, l’ansia, il terrore di tante ore di vuoto che mi separavano da chi non lo faceva, da chi non aveva bisogno di rifugiarsi nella dimensione parallela dell’alcol…Non riuscivo a non bere ma ero invidioso di chi vedevo forte del privilegio di essere astemio, che non lo sapeva e manco voleva saperlo cosa fosse l’ubriachezza; ero invidioso di chi, di fronte a un momento di vuoto, lo accetta per quello che è e va incontro a ciò che la giornata non ha da offrire. L’ignoto. Ma gli alcolisti non contemplano l’ignoto“.
“L’alcolista fraziona le settimane, i giorni, le ore, e tutte quelle finestre di tempo, anche le più piccole, devono essere piene, utili, remunerative, in un certo modo epiche…Mi svegliavo la mattina dopo col telefono pieno di sms di persone nuove che mi scrivevano, che speravano di rivedermi perché gli avevo promesso qualcosa che nemmeno ricordavo: una vacanza, l’autografo su un disco, una cena.. la cittadinanza italiana e adesso pensandoci mi scappa un sorriso“.
“Ogni notte pensavo: da domani ricomincia la guerra. La guerra a immaginarmi nel mondo senza l’alcol, a immaginarmi tra la gente senza bere ma senza sottrarmi“
“Ero finito in ospedale per colpa dell’alcol, ma solo in ospedali belli…Ma la verità è che ero come tutti quelli che bevono. Ero come loro. E quella dolente umanità era come me. Io ero un alcolista. E avevo solo trentaquattro anni“.
“In quel periodo ho sentito separarsi definitivamente il ragazzo dall’uomo…Nei gruppi di recupero non ti consegnano nessuna formula magica, nessun libro delle soluzioni, né le chiavi del successo. Nei gruppi ti suggeriscono come vivere senza alcol. Perché la vita bisogna viverla senza dipendenze. Sempre e comunque come deve arrivare, con i suoi picchi e le sue infinite vie di mezzo“.
Alla fine Tzn ce l’ha fatta: “Non bevo. Non bevo per me e basta. Non bevo perché accetto la vita, non bevo perché se non bevo vivo meglio anche nella difficoltà, nell’angoscia, tutte quelle situazioni che rimarrebbero comunque tali. Non bevo perché non ho più bisogno di anestetizzare niente. Ho deciso di provare cordoglio, fastidio, sdegno, disincanto ma anche piacere, gioia, euforia, esaltazione, delirio. Perché abbandonarsi a sentimenti fasulli e a sensazioni fittizie è la morte, prima dell’anima e poi anche del corpo. È questa la morte da alcolismo. È una cosa che non si può raccontare. Nessuno la dice, nessuno la vede“.