Tetraplegica dopo essere stata operata per asportare un tumore benigno presso l’ospedale di Verona
Doveva essere un intervento “a rischio e complicazioni zero”, ma che si è trasformato in tragedia per Sabrina Di Girolamo, titolare di un negozio di parrucchiera a Terracina e madre di due figlie adolescenti. L’intervento è stato effettuato nel 2017 e ora emergono dettagli sul processo a due medici finiti accusati di aver provocato la tetraplegia alla donna. Innanzitutto, la manovra in sede chirurgica “è stata eseguita da uno specializzando”.
“Il 22 agosto 2017 mi hanno tolto tutto, la mia vita è diventata un inferno” – ha dichiarato la donna in un’intervista al Corriere della Sera. “Mai e poi mai riuscirò a elaborare questa nuova realtà, nonostante siano passati quasi sei anni”. Come racconta lei stessa, Sabrina è affetta da una “gravissima tetraplegia, con impossibilità di movimento di tutti e quattro gli arti”.
La tragedia “si sarebbe potuta evitare”. Lo ha stabilito il giudice del Tribunale di Verona, Marzio Bruno Guidorizzi, che il 27 aprile ha disposto il processo per due medici. Si tratta del neurochirurgo incaricato di eseguire l’intervento, rinviato a giudizio con l’accusa di lesioni colpose commesse nell’esercizio della professione sanitaria, e dell’anestesista. Secondo il magistrato, “la manovra di posizionamento della paziente è stata scorrettamente eseguita, provocando il trauma che avrebbe poi determinato l’attuale condizione di tetraplegia”. La condizione irreversibile della donna sarebbe stata causata da un medico specializzando, “la cui attività avrebbe dovuto essere supervisionata dal neurochirurgo responsabile dell’intervento”, assente invece durante la manovra.
Tra il 2016 e il 2017 alla donna era stato diagnosticato un “neurinoma dell’acustico delle dimensioni complessive di circa 16 millimetri per 12, collocato in corrispondenza della fossa cranica posteriore”. Per asportarlo, Sabrina si è sottoposta a un intervento chirurgico di “craniectomia retro mastoidea destra che prevedeva la collocazione, in anestesia totale, della paziente in posizione semi seduta con fissaggio della testa su una tastiera a tre punte, leggermente flessa in avanti e ruotata verso destra, posizione in cui la paziente era dovuta permanere per tutta la durata dell’intervento”. Dal punto di vista della rimozione del neurinoma, l’operazione è “perfettamente riuscita”. Gli accertamenti hanno però immediatamente evidenziato “la presenza di una sofferenza endomidollare acuta, con importante edema”.
La sentenza del 7 dicembre 2022, già impugnata dall’Azienda ospedaliera veronese, ha riconosciuto a Sabrina Di Girolamo e ai suoi familiari un risarcimento complessivo di oltre 1,6 milioni di euro.