Tentata estorsione: contestata dalla Procura l’aggravante mafiosa ai tre imputati per un episodio risalente al 2015
L’episodio è riconducibile all’agosto 2015 quando Viola fu arrestato dalla Squadra Mobile di Latina con il cognato Angelo “Palletta” Travali, capo zona della banda Don’t Touch e condannato in via definitiva nel processo che è scaturito dalle indagini su quel sodalizio (di cui faceva parte Costantino “Cha Cha” Di Silvio), come il medesimo Viola. Sia Viola che Angelo Travali sono coinvolto, come noto, anche nel processo Reset che contesta l’associazione mafiosa al clan Travali.
Dopo le condanne del 2015 nel processo Don’t Touch, l’anno successivo Viola fu rinviato a giudizio dal gip del Tribunale di Latina Pierpaolo Bortone, insieme sempre a Travali, Corrado Giuliani e all’attuale collaboratore di giustizia Agostino Riccardo.
Secondo il pm Daria Monsurrò, Travali, dopo la cessione di un’auto, avrebbe voluto 15mila euro da un imprenditore del capoluogo pontino. Al fine di ottenere la somma voluta, Travali, Viola, Giuliani e Riccardo avrebbero minacciato la vittima, contattandola per un appuntamento in un bar. All’incontro, secondo l’accusa, parteciparono Travali, Giuliani e Riccardo intimando il pagamento come “risarcimento” per una “denigrazione” subita da “Palletta”.
In seguito quei soldi sarebbero stati chiesti continuativamente da Viola, mentre Giuliani e Riccardo si sarebbero presentati sotto casa dell’imprenditore. Travali, infine, utilizzando il cellulare di Viola, avrebbe inviato un sms al 37enne, scrivendo: “So’ Angelo de Costanto, non me ne frega un cazzo, il problema l’avevi risolto adesso te lo sei creato, ti do tempo fino alle 12 dove avevi detto sennò ti do la caccia e sbrigate uomo senza parola”.
Dopo il rinvio a giudizio, Viola riuscì a dimostrare, tramite il suo legale, che la richiesta per il suo processo non fosse valido, non essendo stato notificato all’altro difensore dell’imputato l’avviso di conclusione delle indagini preliminari. L’eccezione fu presentata davanti al Tribunale di Latina che l’accolse rinviando i suoi atti alla Procura.
A ottobre 2020, il gip Giuseppe Molfese dispose il rinvio a giudizio anche per Viola per quella estorsione compiuta in concorso con Angelo Travali, Agostino Riccardo e Corrado Giuliani, nonostante la sua posizione sia stata stralciata.
All’udienza del processo, celebratasi ieri, 17 gennaio, davanti al collegio presieduto dal giudice Caterina Chairavalloti – a latere i giudici Francesca Coculo e Elena Nadile – sul banco degli imputati non c’era però Viola (processato separatamente), ma “solo” Angelo Travali, difeso dall’avvocato Giancarlo Vitelli, Corrado Giuliani, difeso dall’avvocato Italo Montini, e Agostino Riccardo, ex affiliato al clan e ora collaboratore di giustizia. Riccardo era video-collegato dalla località protetta.
Come testimone della difesa, chiamato dall’avvocato Montini, è stata ascoltata la sorella dell’allora 37enne, ritenuto vittima di estorsione. La donna, esaminata in aula, ha confermato che il giorno dell’estorsione, trovandosi nel giardino di casa, vide due persone che le chiesero se il fratello fosse in casa o meno.
Ma al di là della testimonianza, il processo ha visto una nuova rilevante contestazione della Procura, proprio in ragione del corso degli eventi investigativi e processuali che si sono sviluppati negli anni. Infatti, il Pubblico Ministero Daria Monsurrò ha contestato ai tre imputati l’aggravante del 416 bis: quindi non più una estorsione semplice, ma un’estorsione mafiosa. La contestazione arrivata a processo già avviato è motivata dal fatto che sia Travali che Giuliani sono al momento sotto processo nel procedimento Reset dove si contesta l’associazione mafiosa. Dell’aggravante è accusato anche Riccardo che all’epoca dei fatti (2015) era parte integrante del sodalizio retto dai Travali.
Dalla prossima udienza, fissato per il 4 aprile, l’accusa sarà sostenuta da un Pubblico Ministero della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma.