Come si apprende da un articolo di stampa pubblicato oggi, 7 ottobre, dal Corsera (ieri nell’edizione online), a firma di Fiorenza Sarzanini, la Questura di Latina rischia a breve di vedere ridotto il suo personale. In base alle nuove tabelle del Dipartimento del Ministero degli Interni, c’è un piano, ancora riservato, che prevede la redistribuzione degli uffici, nello specifico di Questure e Commissariati, in tutta Italia. Nel piano sono indicate quante e quali riduzioni dovranno essere compiute per fare fronte alle carenze di organico.
In base alla legge Madia, però, i poliziotti sono già sotto organico: dovrebbero essere 106mila e sono, in realtà, in 97mila.
Nonostante gli annunci di massicce assunzioni di nuove unità da parte del Ministro Salvini, il piano stabilisce, sì, aumenti di unità a Roma (809 nuovi agenti), a Milano (456 nuovi agenti) e a Napoli (506 nuovi agenti) ma cristallizza, al contempo, e non potrebbe essere altrimenti dal momento che il totale nazionale degli agenti non cambia, una riduzione pesante in altre sedi (Questure o Commissariati). Genova meno 428 persone, Reggio Calabria meno 224 ecc.
Secondo questa riorganizzazione delle sedi con la supervisione del sottosegretario all’Interno leghista Nicola Molteni, Latina subirà un taglio di 190 unità.
La questione è di una gravità assoluta considerando le forti criticità di un territorio che presenta radicati problemi di sicurezza, malaffare nella PA e criminalità organizzata. Una riduzione di personale significa minori mezzi per garantire la sicurezza e, sopratutto, per assicurare uno strumento ineliminabile per le indagini complesse che hanno visto, a Latina e provincia, la Polizia interessarsi a vicende di mafia autoctona, corruzione nella pubblica amministrazione o nelle alte Istituzioni del territorio (vedi il Tribunale di Latina con l’affaire Lollo) ecc.
A dispetto della propaganda dei politici che sventolano ordine e ruspa alla bisogna, Latina e provincia vedono ancora una volta penalizzato il proprio assetto istituzionale, da cui consegue l’assenza di validi anticorpi contro infiltrazioni e illegalità. A nulla sono serviti petizioni per nuovi commissariati (vedi, tra le altre, l’iniziativa degli attivisti del meetup di Aprilia); le indagini e le sentenze della magistratura; gli appelli da parte di associazioni, osservatori ecc. per una presenza più forte dello Stato.
Nelle nostre lande dove passano criminali di ogni ordine e specie – ancora Aprila, territorio morfologicamente adatto alla latitanza di narcotrafficanti (basti vedere gli ultimi arresti di tre albanesi inseriti in un racket di un certo livello criminale) e mafiosi, o altre zone del sud pontino dove le cosche reinvestono i capitali illegali attraverso teste di legno – avremmo a breve, se il piano del Viminale avesse concretezza futura, meno controlli, meno garanzie, meno sicurezza per cittadini e imprenditori sani, più libertà per malavita e malaffare bianco di “alto lignaggio”.
È necessario che, a ogni livello, i rappresentanti degli enti del territorio facciano sentire la loro voce, che la Prefettura di Latina evidenzi l’eventuale danno provocato da questi tagli, che gli stessi organi di Polizia manifestino la loro contrarietà a una scelta di ridimensionamento folle, in un territorio che, accanto alle cosche tradizionali (nel territorio pontino ci sono tutte le mafie tradizionali e quelle straniere), vede la presenza delle cosiddette nuove mafie (che poi, per i cittadini, nuove non sono avendole sul groppone da trenta anni), quelle che la magistratura definisce “piccole mafie” o “mafie minori” le quali, da Ostia a Latina, con i clan Fasciani, Spada, Casamonica, Di Silvio, Ciarelli, Spinelli eccetera hanno infestato il tessuto sociale.