Operazione Smoking Fields: è ripreso il processo che vede sul banco degli imputati 18 persone coinvolte nell’inchiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma. Dall’indagine scaturì il sequestro degli impianti di compostaggio di Pontinia, Sep e Sogerit
Si è svolta, davanti al giudice monocratico del Tribunale di Latina, Mario La Rosa, che ha sostituito la collega Clara Trapuzzano Molinaro (passata all’ufficio Gip-Gup) una nuova udienza del processo scaturito dall’inchiesta per traffico illecito di rifiuti che aveva come base l’impianto di compostaggio denominato “Sep”, a Mazzocchio (Pontinia).
Ad essere esaminato dal Pm Rosalia Affinito e contro-esaminata dal collegio difensivo degli avvocati un agente della Polizia Stradale di Aprilia che svolse accertamenti su un terreno a Campoleone dove le società degli Ugolini avrebbero sversato il compost.
L’agente di Polizia ha ripercorso la storia delle indagini a cui ha partecipato e che, nel suo caso, sono nate da una segnalazione anonima per un movimento terra sospetto e sulla costante “puzza di spazzatura” che veniva sentita in località Montagnano, a Campoleone.
È il 10 gennaio 2018. “Notiamo un terreno con mezzi pesanti”. C’era un escavatore e due camion che si allontanavano. “Si percepiva il classico odore di nettezza urbana“. Dopo i dovuti accertamenti, i poliziotti della Stradale di Aprilia scoprono che i veicoli appartenevano alla Demetra srl, parte civile nel processo e società che si occupa di trasporto rifiuti, il cui amministratore era uno degli imputati, Alessio Ugolini, figlio del patron Vittorio Ugolini. Socio della Dematra srl, la società Adrastea, che gestisce la discarica a Roma e che risulta tra le parti civili nel processo. Quest’ultima apparteneva a Franco D’Innocenti, imputato deceduto, e i due Ugolini.
Invece che seguire i soldi, come sosteneva il famoso giudice antimafia, i poliziotti iniziano a pedinare i due camion avvistati sul terreno a Campoleone per capire che percorso fanno e da dove prelevano il materiale che sversano. Successivamente, tramite l’utilizzo degli elicotteri, i poliziotti notano che il terreno a Campoleone era stato movimentato e che era stato gettato del materiale, senza contare che, tramite rilevamenti tecnici, la temperatura del terreno era più altra di quello che doveva essere. La causa? Il materiale di cui era fatto il compost. “C’era un andirivieni di veicoli e il materiale emanava fumo e calore. Il materiale veniva ricoperto dello stesso terreno rimosso”. In pratica, i poliziotti documentano dei veri e proprio interramenti: il compost, invece che sparso sui terreni come avrebbe dovuto, così da concimare, sarebbe stato buttato sotto terra e poi ricoperto.
“Ci sono indagini che documentano gli interramenti“, ha spiegato il poliziotto della Stradale, riprendendo gli accertamenti effettuati dalla Polizia locale di Ardea. “Durante un sopralluogo, identifichiamo 2 soggetti, dopodiché terreno sopraggiunse Alessio Ugolini. Veniamo a conoscenza che il materiale sversato sul terreno proveniva dalla Sep”. Peraltro “dalla documentazione emergeva che il terreno era stato affittato per coltivazione prodotti agricoli e c’era un contratto tra Sep e il proprietario del terreno per poter conferire il compost cosiddetto di qualità”. Il problema che c’era questa anomalia perché il compost non veniva sparso ma interrato.
Su un aspetto, l’agente della Polizia Stradale è certo, pur non avendo competenze specifiche: il compost era pieno di plastica, vetro, materiale ferroso. “Era evidente, quel compost era un insieme frammentato di plastica, carta, ferro, calcinacci oltreché all’odore di spazzatura. Noi abbiamo visto sversare questo materiale e abbiamo identificato chi lavorava sul movimento terra, ossia Nazzareno Toppi e Stefano Pappa, dipendenti della Demetra”. Nonché due degli imputati del processo.
Dopodiché, il primo marzo 2018, un gruppo della zona fa una rimostranza pubblica e l’attività dei mezzi pesanti cessa. Secondo il poliziotto, però, dalle intercettazioni si evince che Vittorio Ugolini, dopo quell’episodio, cerca un altro terreno. Lo avrebbe detto al figlio.
DI COSA SI STA PARLANDO – Il processo contesta, come noto, il traffico illecito di rifiuti che portò, cinque anni anni fa (giugno 2019), al sequestro dell’impianto di Mazzocchio, Sep, più gli altri impianti che facevano capo alla famiglia romana Ugolini. Insieme a Vittorio e Alessio Ugolini, principali imputati, ci sono nel processo anche le parti civili: i Comuni di Pontinia, Cori e Ardea, oltreché all’associazione Fare Verde onlus, un’altra società srl, un privato cittadino, l’associazione Accademia Kronos e le aziende appartenute a Ugolini. Si tratta, ovviamente, di quelle aziende che furono oggetto di sequestro a giugno 2019 e che sono al momento sotto amministrazione giudiziaria della commercialista Carmen Silvestri: Sep e Sogerit di Pontinia, Demetra (società che si occupa di trasporti dei rifiuti) e Adrastea, la società titolare della discarica di inerti in Via Canestrini a Roma. Entrambe le società, Sep e Sogerit, ora in amministrazione giudiziaria, si sono costituite anch’esse come parti civili nel processo.
Ad essere imputati, oltreché agli Ugolini, anche Alessandro D’Innocenti, amministratore della Sogerit e ritenuto dagli inquirenti prestanome degli Ugolini; Sergio Mastroianni, titolare del laboratorio Osi di Isola del Liri (provincia di Frosinone) che ha effettuato i rapporti di prova (ritenuti falsi) sul compost prodotto dalla Sep; Luca Fegatelli, ex dirigente della Regione Lazio nel settore rifiuti e nello stesso tempo consulente delle varie società amministrate dalla famiglia Ugolini. E ancora: Stefano Pappa, Nazzareno Toppi, Ugo Pazienti detto Mauro, Mario Reale, Marco Sanna, Stefano Volpi, Iulian Rosca, Ion Cosmin Toader, Giovanni Bonaiuto, Fabrizio Carletti, Gianfilippo Coronella e Alfonso Gaito.