SGOMINATA SOCIETÀ INFORMATICA CHE TRUFFAVA CLIENTI IN TUTTA ITALIA. RESPONSABILE UN UOMO DI APRILIA

Uno degli ordini "farlocchi" con cui la società con sede ad Anzio truffava i clienti
Uno degli ordini "farlocchi" con cui la società con sede ad Anzio truffava i clienti

Sono stati individuati dagli agenti del Commissariato di Polizia di Cisterna due soggetti autori di decine di truffe on line ai danni di residenti in ogni parte di Italia.

CISTERNA TRUFFA
Uno dei messaggi inviati ai clienti dalla società di Anzio

M.P. di 56 anni, nato in Campania, ma residente ad Anzio e G.T. di 47 anni, residente ad Aprilia, dopo aver fondato una società per la vendita on line di computer, telefonini e materiale informatico, davano all’attività una veste di credibilità e affidabilità, simulando l’esistenza di un organigramma ben strutturato con ufficio commerciale, ufficio assistenza e ufficio legale soddisfacendo i primi ordini ricevuti e riuscendo così a precostituirsi feedback favorevoli in rete .

La società risultava avere sede legale ad Anzio e reali conti di appoggio in filiali bancarie tra Aprilia e Nettuno.

Grazie alla veste formale precostituita e ad offerte particolarmente vantaggiose, la società ha introitato centinaia di ordini e relativi bonifici dal Piemonte alle Marche, dalla Lombardia alla Sicilia fino al Lazio stesso, con particolare incidenza nella zona dell’alto Pontino, non recapitando più la merce ordinata dai clienti.

Uno dei messaggi inviati ai clienti dalla società di Anzio
Uno dei messaggi inviati ai clienti dalla società di Anzio

Strategicamente, per alimentare il più possibile l’attività truffaldina, la società, prima di dissolversi on line, ha continuato ad inviare ai clienti note formali, da un lato prendendo tempo e cercando di giustificare gli inadempimenti con un surplus di richieste, dall’altro diffidando tramite un fantomatico ufficio legale dal denunciare la truffa subita arrivando ad asserire di “essere in contatto con le forze dell’ordine per affrontare la situazione“.

Diversi clienti, dopo le prime esitazioni hanno però iniziato a denunziare, sino a pensare di unirsi in una “class action” rendendosi conto, negli uffici di Polizia, dell’ampiezza del raggiro che impegna ad oggi molte Procure della Repubblica.

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