È stata pubblicata, ieri 5 giugno, la sentenza della Corte di Appello di Roma con la quale viene respinto il ricorso presentato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri avverso alla sentenza di primo grado che aveva condannato lo Stato a pagare servitù nucleari per quasi 97 milioni di euro a tutti i Comuni riuniti nell’Ancin (associazione nazionali comuni italiani nuclearizzati), come contributi compensativi previsti dal decreto Scanzano; versamenti che dal 2005 al 2011 non sono stati corrisposti per intero ma in forma ridotta.
Per cercare una soluzione al problema del mancato pagamento delle somme, i Comuni sede di servitù nucleari hanno anche ipotizzato di rilasciare attestazioni per il riconoscimento dei crediti dei beneficiari, invece di richiedere il pagamento degli importi originari. Fino a quando nel 2011, ritenendo necessario fare di tutto per il recupero delle risorse erogate per la compensazione dei territori comunali sede di impianti nucleari, l’Anci ha coordinato l’azione legale avviata dai Comuni della Consulta nei confronti dello Stato. Alla prima sentenza del Tribunale di Roma, del luglio 2016, che ha riconosciuto la validità della richiesta dei Comuni, è seguito l’appello delle Amministrazioni centrali del settembre 2016, fino alla decisione della Corte d’Appello che ha condannato lo Stato al pagamento delle quote di compensazione territoriali mancanti.
Come noto, dal 2016, il capoluogo di provincia, pur avendo la centrale nucleare più vecchia d’Italia, quella di Borgo Sabotino, non è nell’elenco dei comuni beneficiari del rimborso. A differenza di Minturno che costituendosi in giudizio otterrà circa 1 milione e 300mila euro. Gli altri Comuni beneficiari sono Sessa Aurunca, Rotondella, Ispra, Saluggia, Trino Vercellese, Piacenza e Caorso. Latina rimane fuori perché nel 2011 (quando si ritenne di agire in sede legale) il Commissario dell’epoca, Guido Nardone, non partecipò al contenzioso per ottenere il giusto risarcimento. Praticamente nulla, in merito, hanno fatto, per ovviare alla situazione di esclusione creatasi, né l’attuale amministrazione Coletta né quella guidata da Giovanni Di Giorgi (senza contare l’intermezzo commissariale in capo a Giacomo Barbato).