ROGO AL PORTO DI SAN FELICE CIRCEO: L’ALLARME SU IMPATTO AMBIENTALE E LEGALITÀ

Le conseguenze dell'incendio nel porto turistico di San Felice Circeo
Le conseguenze dell'incendio nel porto turistico di San Felice Circeo

Incendio al porto turistico di San Felice Circeo: dopo il rogo che ha distrutto alcune imbarcazioni, arrivano le prime reazioni e alcune questioni sull’impatto ambientale

Una giornata tremenda quella di ieri sera al porto turistico di San Felice Circeo quando, per cause in fase di accertamento, è andata a fuoco prima uno yacht e, successivamente, complice il vento, le fiamme si sono propagate su altre due imbarcazioni, tra cui un peschereccio, affondandole.

Necessario l’intervento della Guardia Costiera, dei Vigili del Fuoco e delle Autorità Locali, Carabinieri e Polizia Locale. Con il supporto dei dipendenti della società concessionaria del punto d’ormeggio, sono state avviate le operazioni di spegnimento che sono durate alcune ore.

L’incendio è stato domato su una delle imbarcazioni, mentre le altre due, rotti gli ormeggi di poppa, sono state spinte dal forte vento, proveniente dal quadrante sud-occidentale, contro il molo di sottoflutto del porto. I tentativi di spegnimento si sono protratti incessantemente finché le due unità sono affondate rimanendo semi-sommerse, con la chiglia poggiata sul fondale.

La gestione dell’emergenza è stata resa ancora più complessa dalle cattive condizioni meteo che insistevano in zona da più di 36 ore: i bassi fondali presenti all’imboccatura del Porto, infatti, comportano un sensibile innalzamento del moto ondoso con onda frangente, che in circostanze simili rende di fatto impraticabile il passo marittimo d’accesso al porto stesso, sia in ingresso che in uscita. Ulteriore attività condotta nell’immediatezza, anche in questo caso condizionata dalle condizioni proibitive, è stata la creazione di un’area di sicurezza attorno alle imbarcazioni andata a fuoco, ottenuta spostando le barche ormeggiate nelle vicinanze al fine di evitare che l’incendio si propagasse ulteriormente.

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Eppure, c’è già qualcuno che, osservando il porto stamani, ha notato alcune conseguenze sono state lasciate dall’incendio, con una vistosa perdita di idrocarburi all’interno del porto stesso.

Al di là delle indagini e delle eventuali responsabilità, il possibile danno ambientale preoccupa, in un porto all’interno della zona del Parco Nazionale del Circeo, e in prossimità di diversi SIC siti di interesse comunitario come le paraterie di Posidonia che insistono tra Capo Circeo e Terracina.

Tante le domande sul grave incidente accaduto ieri, come, ad esempio, se si è intervenuti tempestivamente per arginare tutti i liquami e i detriti che in poche ore usciranno dal canale d’ingresso con l’installazione di barriere di boe assorbenti e apposite. E se, sopratutto, il sito è dotato di questo tipo di dispositivi di sicurezza sempre disponibili in loco e periodicamente manotenuti, pronti ad essere collocati in occasione di disastri di questo tipo?

E ancora: c’erano tutti i dispositivi antincendio in perfette condizioni di operatività in caso di incendio E l’ARPA Lazio è intervenuta in loco per fare tutti i rilievi delle acque in seguito all’incidente?

Sul versante della natura dell’incendio, rimangono invece in piedi tutti i dubbi sul possibile e inquietante caso di intimidazione di fuoco. A intervenire, su questo tema, è l’associazione contro le illegalità e le mafie “Antonino Caponnetto”. Un incendio, dicono dall’associazione, “che nonostante la pioggia battente, è divampato al Molo numero 1 del porto di San Felice Circeo nella serata del 10 febbraio, causando la distruzione e l’affondamento di diverse imbarcazioni di notevoli dimensioni e sulla cui natura dolosa o colposa sorgono più che legittimi dubbi”.

Le perplessità dell’associazione sono inoltre “circa il mancato sequestro dell’area portuale interessata dall’incendio”. “Ci è stato riferito, inoltre, – spiegano – nella giornata odierna un’anomala frequentazione delle banchine teatro dell’incendio da parte di decine di persone che oltrepassavano anche l’area che le forze dell’ordine avevano delimitato con il nastro bianco e rosso.
L’omesso sequestro ed il mancato transennamento dell’area rischiano, a nostro umile parere, di compromettere i doverosi accertamenti finalizzati a stabilire la natura del rogo e quello di eventuali violazioni delle norme di sicurezza”.

“A tal fine auspichiamo – prosegue l’associazione – che la Procura di Latina proceda tempestivamente con il sequestro di tutta l’area e delle imbarcazioni e alla verifica della normativa antincendio e sicurezza adottata dalla cooperativa concessionaria da tempo immemorabile dello specchio d’acqua e gestita, notoriamente, dalla famiglia della Sindaca protempore.

Appare ovvio, purtroppo – concludono – che questa vicenda potrebbe nascondere pieghe ben più gravi di un mero spettacolare incendio e ci auguriamo che, quanto prima, vengano avviate indagini a tutto campo e non ci si limiti a ridurre il tutto al classico “corto circuito” di comodo (che sotto una pioggia inesorabile è dura da comprendere), o che si voglia stendere un velo pietoso su eventuali magagne e inerzie in relazione alla sicurezza e alle norme antincendio”.

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