Il Sindaco di Roma Virgina Raggi impugna al Tar la delibera con cui la Regione Lazio dava 60 giorni di tempo a Roma Capitale e Provincia di Latina per individuare le discariche e gli impianti interni ai rispettivi territori
Lo scorso 22 luglio, l’assessore ai Rifiuti della Regione Lazio Massimiliano Valeriani aveva tuonato contro gli amministratori pontini e soprattuto nei confronti di Virginia Raggi, sindaco di Roma: “Entro il 27 luglio serve discarica, altrimenti provincia di Latina commissariata. Se Roma Capitale e la Provincia di Latina – aveva ammonito Valeriani – non faranno gli impianti previsti dalla delibera di Giunta regionale dello scorso 27 maggio, alla scadenza dei 60 giorni la Regione eserciterà i poteri sostitutivi e nominerà un commissario straordinario”.
A quelle dichiarazioni non erano seguite reazioni da parte degli amministratori pontini che, dopo il naufragio della strategia del Presidente della Provincia di Latina Carlo Medici, definitivamente messa in cantina dai Consigli comunali di Latina e Fondi (erano le città individuate dalla conferenza dei sindaci dove realizzare le due discariche di servizio del territorio pontino), non hanno più sostanzialmente proferito verbo su un problema dei rifiuti che permane. In sostanza, la nuova strategia è muoversi alla chetichella in attesa che passi la nottata, soprattutto in vista delle prossime elezioni amministrative di (forse) ottobre. Tutti – da Latina a Pontinia, da Formia a Minturno – terrorizzati ad affrontare il tema, pena la perdita subitanea di consenso: nessuno vuole una discarica, tanto più che nessuno vuole comunicare, prima delle elezioni, il luogo di essa.
Ma a pensare per due, è stata Virgina Raggi che, a pochi giorni dalla scadenza dei 60 giorni fissati dalla delibera regionale del 28 maggio che diffidava Roma Capitale e Provincia a indicare i siti dove realizzare discarica e impianti per chiudere il ciclo dei rifiuti nei rispettivi territori, ha deciso di rivolgersi al Tar ricorrendo contro la suddetta delibera.
In realtà, il ricorso del Comune di Roma, che presenta conseguenze (positive e negative a seconda dei punti di vista) anche per la provincia di Latina, è stato presentato venerdì sera, chiedendo la sospensione della delibera. Roma Capitale – così come si legge nel ricorso – “ha assolto alle funzioni attribuite per legge ai Comuni e la delibera impugnata sia del tutto illegittima”.
“La Regione con la delibera del 28.5.2021, con cui ha diffidato Roma Capitale a provvedere entro 60 giorni ‘alla individuazione di uno o più siti nel territorio atti alla localizzazione e realizzazione di impianti di smaltimento dei rifiuti, ha chiaramente violato le norme in materia di esercizio di poteri sostitutivi – prosegue il ricorso- invadendo la sfera di attribuzioni di Roma Capitale imponendogli attività niente affatto obbligatorie ed in ogni caso connotate da discrezionalità amministrative“.
L’Avvocatura del Comune di Roma sostiene che “nella fattispecie in esame appaiono del tutto insussistenti i presupposti per l’esercizio dei poteri sostitutivi. Dalla motivazione della delibera impugnata non emerge affatto che Roma Capitale sia risultata inerte reiteratamente nel compimento di atti o provvedimenti obbligatori, né che abbia omesso l’adozione di singoli atti obbligatori“. E “in virtù del complesso delle norme citate in epigrafe e, in particolare, delle disposizioni dell’art. 198 del Codice dell’Ambiente non costituisce un obbligo di legge per il Comune l’individuazione di uno o più siti idonei alla localizzazione e alla realizzazione degli impianti di smaltimento dei rifiuti“.
Non sono mancate le reazioni. In una nota, l’assessore regionale al Ciclo dei Rifiuti Massimiliano Valeriani è andato giù duro: “Il nuovo ricorso della Sindaca Raggi blocca l’iniziativa della Giunta Regionale per individuare un piano di impianti moderno che oggi non c’è e aiutare Roma a risolvere il problema dei rifiuti. Una delibera nata a causa dell’inadempienza del Comune e approvata dalla Giunta per attuare i poteri sostitutivi così come previsto dalla legge italiana.
Per l’assessore: “Con questo ricorso è ancora più chiaro ed evidente di chi sono le responsabilità dell’immobilismo e della precarietà della gestione del ciclo dei rifiuti che costa ai cittadini milioni di euro e lascia immondizia per le strade. Il Comune non fa niente e blocca le iniziative di chi vuole fare”.
Uno scontro che non accenna a finire e che, però, è avvolto dalla contraddizione di vedere nella stessa Giunta, in Regione Lazio, sia Partito Democratico che Movimento Cinque Stelle. Infatti, la delibera del 28 maggio fu votata anche dagli Assessori pentastellati Roberta Lombardi e Valentina Corrado e, ora, contro quel provvedimento ricorre il Comune guidato dallo loro collega Virgina Raggi.
Tuttavia, proprio il 22 luglio, quando Valeriani avvertiva Roma Capitale e Provincia di Latina di pervenire a una decisione pena il commissariamento, un’altra pentastellata in Regione Lazio, Gaia Pernarella, in Commissione Rifiuti aveva in qualche modo anticipato ciò che Raggi avrebbe fatto col ricorso: “Ipotesi commissariamento va scongiurata in tutti i modi, qualunque siano le condizioni”.
Detto, fatto. Ora, con il ricorso al Tar, quell’ipotesi viene quantomeno rallentata. Vale per Roma, quanto per Latina. A decidere sull’eventuale sospensione sarà il Tribunale amministrativo: quel che è certo è che da Latina e provincia tutto tace in attesa che passi la buriana. Una politica pontina che ancora una volta fa la figura dell’inetta perenne.