Testimonianza importante, ieri, nell’udienza che si è tenuta, al Tribunale di Latina, per il processo “Tiberio” che vede come imputato eccellente il sindaco di Sperlonga, Armando Cusani
È proseguito, nel pomeriggio di ieri, al Tribunale di Latina, il processo “Tiberio”, che vede tra gli imputati il sindaco di Sperlonga, Armando Cusani, i funzionari comunali Isidoro Masi e Massimo Pacini, e gli imprenditori Andrea Fabrizio, Antonio Avellino e Nicola Volpe.
L’inchiesta “Tiberio” scattò nel 2014 dopo il sequestro dell’hotel “Grotta di Tiberio” di Sperlonga. L’albergo a 4 stelle, di proprietà dell’ex presidente della Provincia Armando Cusani e del suocero Erasmo Chinappi, era finito più volte nel mirino degli investigatori per una serie di abusi edilizi effettuati all’interno della struttura. Dopo una serie di indagini, era stata presa la decisione di mettere sotto sequestro l’intera struttura, sulla quale gravava l’ipotesi di reato di lottizzazione abusiva. La contestazione più sostanziosa da parte della Procura di Latina, tra i vari appalti oggetto del processo, è quella riferibile al complesso archeologico Villa Prato per un importo di 700mila euro.
Tutti sono accusati, a vario titolo, di aver messo in piedi un sistema illecito volto a favorire l’attività imprenditoriale del primo cittadino e a pilotare appalti a discapito della collettività.
Come riporta Il Messaggero nell’edizione odierna, con un articolo a firma di Marco Cusumano, nel pomeriggio di ieri, nell’Aula della Corte d’Assise del Tribunale di Latina, è stato ascoltato un funzionario dell’ufficio tecnico, interrogato dal pm Valerio De Luca, per comprendere il funzionamento del sistema degli appalti nel Comune di Sperlonga.
“Alla convocazione delle ditte – ha spiegato il funzionario in veste di testimone dell’accusa – è accaduto qualcosa di veramente strano. Il clima era particolare, come se i partecipanti fossero già tutti d’accordo. A un certo punto il rappresentante di una ditta ha detto che voleva ritirare l’offerta, perché si erano presentati per errore a quella gara. Noi non sapevamo cosa fare, alla fine è stato deciso di escludere quella ditta e ha vinto la ditta di Ferrazzano“. La posizione di Mauro Ferrazzano è stata stralciata dal processo Tiberio in corso perché, insieme ad Alessandra Bianchi (l’unica ad essere stata liberata dal Riesame subito dopo essere stata colpita dalla misura cautelare), Domenico D’Achille e Gianpietro De Biaggio, aveva scelto di essere giudicato con rito alternativo.
A giugno 2017, l’imprenditore di Anzio, Ferrazzano, che doveva rispondere di corruzione e turbata libertà degli incanti, chiese il patteggiamento della pena e fu condannato a 2 anni e 6 mesi. Con lui anche anche De Biaggio, responsabile dell’ufficio tecnico del Comune di Prossedi, che fu condannato invece a un anno e tre mesi, e Domenico D’Achille, che aveva invece chiesto di essere giudicato con rito abbreviato, e rimediò una condanna dal gip a 3 anni di reclusione.
Tornando alle dichiarazioni di ieri pomeriggio, il pm De Luca ha domandato al teste se fosse a conoscenza dell’offerta ritirata dalla ditta che diceva di essersi presentata alla gara d’appalto per errore: “Sì ho visto il contenuto della busta, quella ditta avrebbe vinto la gara se non si fosse ritirata“. Al che il funzionario, interrogato ieri, ha riferito di aver chiesto conto di quello “strano” e masochistico ritiro all’architetto Isidoro Masi, ex responsabile dell’ufficio tecnico del Comune di Sperlonga e coimputato di Cusani nel processo in corso: “Mi ha risposto – ha detto il teste – dicendo che le gare d’appalto funzionano così, che non mi dovevo preoccupare“.
Ascoltate in Aula, anche alcune intercettazioni per le quali il pm De Luca ha chiesto al teste di attribuire i nomi di chi pronunciava le frasi captate dagli investigatori. “Armando ha rotto ‘o cazz“, si sente in una di esse. Il teste ha ammesso: “Sì è stato uno sfogo per alcune pressioni che ricevevamo, per far funzionare l’ufficio in un certo modo“.
Le prossime udienze sono state fissate per 28 aprile e il 5 maggio 2020. Si proseguirà con i testimoni dell’accusa