PROCESSO GANGEMI&CO: IL SILENZIO DELLA GIUNTA DI APRILIA, MENTRE POMEZIA SI COSTITUISCE PARTE CIVILE

Antonio Terra Sindaco di Aprilia
Antonio Terra Sindaco di Aprilia
Gangemi
Un fermo immagine preso da uno degli attentati eseguiti ai danni di due imprenditori di Aprilia e Torvajanica. I presunti mandanti sono i Gangemi, gli esecutori sarebbero Forniti e Morgani. Il nome Gangemi dovrebbe richiamare alla mente, oltreché un sequestro ultra-milionario per evasione fiscale, le semestrali e puntuali relazioni della Direzione Investigazione Antimafia (Dia) e persino i rapporti stilati dall’Osservatorio Tecnico-Scientifico per la Sicurezza e la Legalità della Regione Lazio che, proprio nell’ultimo di essi, poneva la “famiglia Gangemi” tra le consorterie presenti nel Lazio e citati dall’attività investigativo-giudiziaria da almeno 4 anni

Pomezia agisce, Aprilia dorme. Questa è, in breve, la sintesi della storia che riguarda il processo per tentato omicidio, usura ed estorsioni a carico di Sergio e Giampiero Gangemi, Patrizio Forniti e Mirko Morgani – accusati di aver tormentato due imprenditori di Aprilia e Pomezia (Torvajanica, per la precisione) in una lunga scia di intimidazioni, minacce persino proiettili e bombe a mano scagliati contro le loro abitazioni. La giunta del sindaco Antonio Terra, come noto, non ha preso ancora la decisione di costituirsi in giudizio nel processo che inizierà il prossimo 2 ottobre al Tribunale di Velletri, perdendo tempo con commissioni comunali che per quanto utili al confronto democratico non hanno competenza; mentre Pomezia, senza commissioni e vespai di dichiarazioni e contro dichiarazioni dei consiglieri comunali (come avvenuto per Aprilia), ha disposto con la delibera n.79 del 10 settembre di costituirsi parte civile nel processo ai presunti aguzzini tra Aprilia e il litorale.

Adriano Zuccalà, Sindaco di Pomezia
Adriano Zuccalà, Sindaco di Pomezia

Nella delibera di giunta, firmata dal segretario generale Nadia Iannotta e dal Sindaco di Pomezia Adriano Zuccalà, si riscontra che il 30 luglio scorso l’Associa­zione Coordinamento Antimafia Anzio-Nettuno, con una nota, ha comunicato al Comune riguardo al procedimento 23829/17 R.G.N.R (in delibera, per “protocollo”, non si fanno i nomi dei Gangemi and Co ma ci si riferisce al numero del Registro delle notizie di reato). Una storia uguale nelle premesse a quella di Aprilia, ma che negli esiti non ha prodotto lo stesso risultato: furono, infatti, le associazioni “Reti di Giustizia” e “La frusta politica” (e poi a seguire altre realtà civiche del territorio tra cui i 5stelle) a indicare nel luglio scorso – alla stessa maniera di quanto avvenuto a Pomezia – all’amministrazione comunale di Aprilia di costituirsi parte civile nel medesimo procedimento penale, non ricevendo in cambio l’accoglimento dell’invito, bensì complicazioni (all’inizio si fece cenno che non ci fosse il metodo mafioso, in realtà per il reato di usura è contestato), rinvii della decisione addirittura ad un’altra commissione consigliare (come se non fosse stata già inutile la prima), l’immancabile parere dell’Avvocatura e, infine, il silenzio tombale, in primis di Giunta e Sindaco, in questi giorni assediato dalle richieste di dimissioni dell’opposizione a causa della condanna erariale a carico suo e dell’avvocato del Comune Massimo Sesselego derivante dall’annosa vicenda dei rimborsi illegittimi ed eccessivi (scaturiti da due esposti dell’ex consigliere comunale Carmen Porcelli), e parallelamente il processo penale per truffa aggravata e falso ideologico che Antonio Terra insieme agli ex assessori e all’avvocato Antonio Martini dovrà affrontare.

Il simbolo di Reti di Giustizia
Il simbolo di Reti di Giustizia, una delle associazioni che ha invitato il Comune di Aprilia a costituirsi parte civile. Per ora, la richiesta è inascoltata

Ad ogni modo, tornando all’affaire Gangemi, non si richiama a pareri da legulei o a misteriose riflessioni di consiglieri comunali riuniti in commissioni, al contrario il Comune di Pomezia scrive a chiare lettere che “risulta possibile la costituzione delle parti offese”, “in relazione ai fatti per cui è processo, valutata l’opportunità che il Comune si costituisca parte ci­vile a tutela del prestigio, dell’onorabilità ed interessi dell’Ente“; e accertati “i reati contestati agli imputati comporterebbero il diritto dell’Am­ministrazione comunale al risarcimento dei danni patrimoniali e non, subiti in conseguenza degli stessi“. La giunta incarica il Sindaco di costituirsi parte civile e dà mandato al Dirigente del Servizio Legale di individuare e nominare il legale per lo svolgimento dell’in­carico di patrocinio richiesto.

Sembra facile ma è evidente che ad Aprilia non lo è. È la Giunta, come rilevato sin da subito da più parti, che deve decidere se costituirsi nel processo, non i consiglieri. Un punto che due consiglieri di Aprilia, Davide Zingaretti e Giorgio Giusfredi, pur cadendo anche loro nell’inutilità di un ulteriore commissione per decidere, evidenziarono con un comunicato stampa del 22 luglio: “Al di là del parere della commissione (ndr: Commissione consigliare Affari Generali), la decisione spetta all’amministrazione, nel particolare alla giunta“. 

Aprilia
Aprilia

Senza contare che si sta parlando di soggetti noti, sopratutto per i legami con la ndrangheta, in un processo che li vedrà alla sbarra scaturito da un’inchiesta coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia, per di più in una città, come Aprilia, che sconta da decenni il morbo delle cosche ben inzuppate nel tessuto produttivo, imprenditoriale ed economico. Di quali prove suppletive hanno bisogno il Sindaco e la Giunta di Aprilia per capire che la situazione è grave e pure seria?

E pensare che per molto meno, un Comune come quello di Milano, nel mese di luglio scorso quando scoppiò il caso Gangemi/Comune di Aprilia, si è costituito parte civile in un processo “minimo” contro tre vigilesse arrestate per aver abbassato gli importi delle multe o del tutto cancellate in cambio di denaro o altra utilità.

Sarà che le vigilesse non hanno mai avuto rapporti con la ndrangheta? Chissà.

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