Questa è una storia di cui si conosce la data di origine, ma di cui gli stessi amministratori della nostra Regione tuttora ignorano ulteriori sviluppi né tantomeno sono in grado di prevedere un termine finale e relative conseguenze. Si tratta di una vicenda che ha a che fare direttamente con la vita dei cittadini laziali e questa estate non ha tardato a dimostrarlo.
Un passo indietro. È il 2 aprile 2015 quando l’allora Ministro della Salute Beatrice Lorenzin, di concerto con il Ministro dell’Economia Pietro Carlo Padoan, adotta un decreto dal titolo “Regolamento recante definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all’assistenza ospedaliera” (Decreto Ministeriale n. 70 del 2015 pubblicato in G.U. 4 giugno 2015, n.127).
L’allegato 1 al Decreto n. 70 costituisce il nucleo centrale dell’atto e al paragrafo 9.1.5 vengono disciplinati i Punti di Primo Intervento. In esso si dispone: “Esclusivamente a seguito della riconversione dell’attività di un ospedale per acuti in un ospedale per la postacuzie oppure in una struttura territoriale, potrebbe rendersi necessario prevedere, per un periodo di tempo limitato, il mantenimento nella località interessata di un Punto di Primo Intervento, operativo nelle 12 ore diurne e presidiato dal sistema 118 nelle ore notturne”.
In questa fattispecie è ricaduto il Pronto Soccorso di Anagni che, pur disponendo di un bacino d’utenza di 80mila di abitanti, dopo aver vissuto un biennio in cui l’apertura era compresa dalle ore 9.00 alle ore 20.00, il 15 luglio di quest’anno è stato chiuso a seguito di delibera n.1363 del 25 giugno 2018 dell’ASL di Frosinone.
Sempre il DM 70 dispone di seguito: “Qualora gli accessi superino le 6.000 unità anno la responsabilità clinica e organizzativa ricade sul DEA di riferimento, che potrà avvalersi di risorse specialistiche, con adeguata formazione, presenti nella struttura”. Sembra una disposizione non diretta a sancire l’automatica soppressione dei 13 Punti di Primo Intervento della nostra Regione e, invece, gli atti successivi della Giunta Zingaretti (I) dimostreranno il contrario. Tra questi 13 figurano il PPI del CTO di Garbatella “Andrea Alesini”, quello della Casa della Salute di Ladispoli e di Palombara Sabina (RM), il Primo Intervento di Magliana Sabina (RI), i presidi di Ronciglione e Montefiascone (VT), e ben 7 Pronti Soccorsi ricadenti entro i confini della Provincia di Latina: quelli pontini di Cisterna e Sabaudia, gli storici Presidi dei Lepini (Cori, Sezze, Priverno), e infine i sudpontini di Gaeta e Minturno. Rispetto alla soglia dei 6mila posti dal Decreto Lorenzin n.70, i 7 PPI della provincia pontina si differenziano molto a livello statistico (di seguito, sono riportati in tabella i dati degli accessi). È necessario non mettere in diretta correlazione il numero degli abitanti del Comune in cui è localizzato il Primo Intervento con il numero di accessi. Ciascun PPI ha un proprio bacino d’utenza che si estende anche ai comuni limitrofi sprovvisti di strutture ospedaliere (si pensi a Bassiano e Roccagorga per Sezze). Inoltre l’efficienza e l’ampiezza dei Primi Intervento rapportate a quelle dei Dipartimenti d’Emergenza e Accettazione di riferimento (solitamente siti negli ospedali dei capoluoghi, quello di Latina ad esempio), o ad altri Pronti Soccorso nelle immediate vicinanze, giocano un ruolo non indifferente nel declino del piccolo a favore del grande, della periferia a favore del centro.
Il numero degli accessi al Primo Intervento di Cori, ad esempio, è andato negli anni declinando non solo per via della politica di tagli sanitari effettuata dalle Giunte regionali che si sono succedute nei confronti dell’antico ospedale, e non solo per via dell’evoluzione dell’emergenza al Santa Maria Goretti di Latina, ma anche per lo sviluppo del Polo ospedaliero di Velletri. Così anche i residenti nel resto dei Lepini hanno finito per far riferimento sempre meno ai soccorsi dell’ex San Carlo di Sezze e del Regina Elena di Priverno e sempre più al Goretti. Sembrano passati secoli da quegli anni ‘80 in cui ostetricia e ginecologia in queste realtà ancora concorrevano tra loro ad alti livelli qualitativi!
Le ragioni sono soprattutto amministrativo-strutturali: i Punti di Primo Intervento sono unità d’emergenza del sistema sanitario la cui funzione si limita unicamente al trattamento delle urgenze minori o a una prima stabilizzazione del paziente ad alta complessità al fine di consentirne il successivo trasporto ad un Pronto Soccorso più appropriato. Questo significa che i PPI possono accogliere codici bianchi (pazienti che non avrebbero motivo di rivolgersi al Pronto Soccorso bensì bisognose di cure di tipo ambulatoriale) e verdi (persone che non corrono un rischio immediato: fratture, traumi ecc.), ma solo in specifici casi codici gialli (utenti che avvertono problemi gravi quali dolore intenso, dolore toracico, problemi respiratori) e rossi (persone in pericolo di vita a seguito di arresto cardiaco, emorragie, traumi gravi ed estesi).
L’embriogenesi del DM 70 nella Conferenza Stato Regioni
Con l’atto di intesa n.98 del 2014 tra Stato e Regioni il ridimensionamento dei Primi Intervento appariva già quanto mai chiaro (Atto Repertorio n. 98/Conferenza Stato Regioni del 5 agosto 2014 “Intesa sullo schema di decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, concernente il regolamento recante definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all’assistenza ospedaliera). Al par. 9.1.5 è disciplinato che “La mission dei Punti di Primo Intervento è la trasformazione in postazione medicalizzata del 118 entro un arco temporale predefinito, implementando la attività territoriale al fine di trasferire al sistema dell’assistenza primaria le patologie a bassa gravità e che non richiedono trattamento ospedaliero secondo protocolli di appropriatezza condivisi tra 118, DEA, HUB o Spoke di riferimento e Distretto, mantenendo rigorosamente separata la funzione di urgenza da quella dell’assistenza primaria”.
I contenuti dell’intesa li ritroviamo tal quali nel D.M. n.70: “La funzione dei Punti di Primo Intervento è la trasformazione in postazione medicalizzata del 118…Nei punti di primo intervento non è prevista l’osservazione breve del paziente”.
Il Dipartimento Emergenza ed Accettazione (DEA) non è un semplice pronto soccorso attivo 24 ore su 24, ma un’organizzazione complessa che comprende varie unità incentrate sul paziente in situazioni critiche. Segue un modello multi-disciplinare che riunisce nella stretta struttura personale specializzato in diversi ambiti. Unità operative omogenee, complementari e tra loro interdipendenti che perseguono finalità comuni, pur conservando ciascuna una propria autonomia professionale. L’Ospedale Santa Maria Goretti di Latina con un bacino d’utenza di 600mila abitanti entro il 31 dicembre di quest’anno dovrà trasformarsi in un DEA di II livello, al pari dei grandi poli ospedalieri romani (Policlinico Umberto I, San Camillo, San Giovanni, Gemelli, Bambino Gesù), ed è disposto nero su bianco nel Decreto del Commissario Ad Acta n.U00052 del 22 febbraio 2017 al paragrafo 11.1 dedicato alla Rete d’emergenza. Vale a dire un dipartimento che garantisce sia prestazioni d’emergenza tipiche dei DEA di I livello quali:
– rianimazione
-anestesia
-medicina generale
-chirurgia generale
-ortopedia
-traumatologia
-cardiologia con unità di terapia intensiva
-laboratorio analisi
-diagnostica per immagini
-prestazioni trasfusionali;
sia prestazioni di II livello:
-neurochirurgia
-cardiochirurgia
-terapia intensiva neonatale
-chirurgia toracica
-chirurgia vascolare
-unità grandi ustioni
-unità spinali.
In caso di chiusura dei 7 PPI anche i codici bianchi e verdi provenienti dai relativi bacini d’utenza, e una minoranza di codici gialli e rossi, dovranno riversarsi su Latina (Goretti e Istituto Chirurgico Ortopedico e Traumatologico), sul DEA di I livello dell’Ospedale dono Svizzero di Formia e sui pronti soccorso dell’Alfredo Fiorini di Terracina, del San Giovanni di Dio di Fondi e della Casa di Cura Città di Aprilia. Indipendentemente dalla suggestione di un nuovo Goretti, sussistono serie perplessità sulle effettive capacità dell’attuale ospedale – progettato negli anni ’50- di poter assorbire una tale mole di pazienti!
Alla questione del sistema di emergenza della provincia di Latina si aggiunga che sempre il Decreto del Commissario Ad Acta nel paragrafo relativo all’Ares 118 riunifica le due centrali operative di Latina e Frosinone sotto un’unica cabina di regia presso il capoluogo ciociaro. Il fatto che in un’unica sala si raccolgano tutte le segnalazioni di urgenza e si coordinino tutti i trasporti sanitari del Sud Lazio suscita più di un interrogativo sul futuro funzionamento sulla rete integrativa d’emergenza. Oltretutto da un lato Latina vede il suo DEA elevato a II livello, senza che sia avvenuto ad oggi un reale adeguamento; dall’altro il capoluogo pontino perde la centrale operativa dei trasporti di urgenza. Lecito dunque porsi qualche interrogativo se nelle mire della Regione questa città debba rappresentare un polo d’eccellenza in materia d’emergenza o meno.
Zingaretti emette la sentenza di fine vita
Sulla scia del DM 70 dell’anno precedente, con nota prot. n. 354891 GR/11/48 del 5 luglio 2016, la Regione Lazio comunica al Ministero della Salute e a quello dell’Economia e delle Finanze che, da una ricognizione effettuata, risultano attivi sul territorio regionale n. 13 Punti di Primo Intervento e che la stessa ne prevede la disattivazione. La disattivazione dovrà avvenire in due fasi: la prima riguardante i PPI presenti in Strutture extraospedaliere, la seconda quelli ubicati presso i Presidi Ospedalieri riconvertiti. La Direzione della Salute e politiche sociali il 13 settembre successivo con un’informativa esorta tutti i Direttori generali delle ASL interessate dal provvedimento (Asl Rm2, Rm4, Rm5, Rieti, Viterbo e Latina) a comunicare con cortese sollecitudine le azioni che si intendano intraprendere in merito.
É a quel punto che l’allora capogruppo in Regione di Forza Italia Antonello Aurigemma, nonché vicepresidente della Commissione di Sanità durante la precedente Legislatura, attacca il Presidente Zingaretti sulla questione: “…Zingaretti si è limitato a portare avanti una politica di tagli, riduzioni di reparti, posti letto e personale, nascondendosi dietro qualche timida giustificazione o con il solito scaricabarile”. «Quindi – conclude – non ci si deve meravigliare se l’unico record raggiunto da questa amministrazione sia l’aumento della mobilità passiva, con sempre più cittadini costretti a recarsi fuori dal Lazio per una prestazione sanitaria” (Il Tempo del 19 settembre 2016).
Il 5 luglio 2017 con Decreto del Commissario ad Acta n. U00257 la Regione Lazio emana il Documento Tecnico denominato: “Programmazione della rete ospedaliera nel biennio 2017-2018, in conformità agli standard previsti nel DM 70/2015“. Relativamente ai Punti di Primo Intervento sono innanzitutto elencati i presidi attivi sul territorio regionale: 1 presso la ASL RM4 (Casa della Salute di Ladispoli), 1 presso la ASL RM5 (Presidio di Palombara Sabina), 1 presso la ASL di Rieti (Casa della Salute di Magliano Sabina), 2 presso la ASL di Viterbo (Presidi di Ronciglione e Montefiascone), 7 presso la ASL di Latina (precedentemente menzionati). Di seguito viene riportata una tabella di accessi per PPI nell’anno 2015 (l’ultimo di cui erano un anno fa disponibili i dati statistici):
ASL | PPI | Numero accessi* |
Roma 4 | Casa della Salute di Ladispoli – Presidio territoriale CdS | 12.500 |
Roma 5 | Presidio di Palombara Sabina – Programmata CdS | 3.500 |
Rieti | Casa della Salute di Magliano Sabina | 3.000 |
Viterbo | Ronciglione–Programmata CdS | 5.100 |
Viterbo | Montefiascone | 4.200 |
Latina | Casa della Salute di Sezze | 9.600 |
Latina | Cisterna di Latina | 13.000 |
Latina | Cori (Osp. Comunità) | 6.000 |
Latina | Priverno | 5.200 |
Latina | Sabaudia | 10.000 |
Latina | Gaeta | 10.000 |
Latina | Minturno | 21.000 |
* Arrotondati alle centinaia
In ultimo il Decreto dispone in maniera netta e definita che “Al fine di adempiere a quanto previsto dal D.M. n. 70/2015, sono stati condotti specifici incontri con le Aziende sanitarie, che hanno avuto ad oggetto anche la gestione dei rapporti con la comunità locale. Sono stati avviati incontri con le AASSLL finalizzati ad una graduale trasformazione dei PPI. Si prevede in coerenza con quanto disposto dal DM n. 70/2015, la trasformazione dei predetti PPI in postazione “118” medicalizzata. In tale contesto di riconversione potranno essere previsti punti di offerta di assistenza primaria organizzati come presidi ambulatoriali territoriali di medicina generale, nell’ambito di quanto previsto dall’Accordo recepito con DCA 376/2014”. Il Decreto del Commissario ad Acta n. 376 del 12 novembre 2014 non contiene affatto misure di chiusura dei presidi di emergenza né tantomeno misure di restrizione della spesa sanitaria bensì è l’atto recepimento dell’accordo con i medici di medicina generale in cui si riorganizza l’assistenza territoriale e la medicina d’iniziativa: si parla della copertura dell’assistenza territoriale h24, della copertura dell’assistenza di sabato, domenica e festivi, della presa in carico di pazienti con patologie croniche, del governo delle liste d’attesa, dell’appropriatezza della spesa farmaceutica, di indicatori di processo e rendicontazione degli interventi, ma non di chiusura dei PPI.
La Programmazione della rete ospedaliera nel biennio 2017-2018 infine prevede che tale offerta dovrà essere garantita dall’attività dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta, attraverso le forme associative dei medici di assistenza primaria e di continuità assistenziale. In tale ambito potranno essere fornite anche prestazioni infermieristiche. Sarà inoltre valutata, sulla base della programmazione aziendale, la possibilità di realizzare ulteriori Case della Salute presso i presidi riportati in tabella.
Appare evidente come si sposti ripetutamente l’attenzione dall’emergenza alla medicina generale e all’assistenza infermieristica. Come se i vecchi Pronti Soccorso dei centri minori o più periferici debbano necessariamente evolvere in Ambulatori territoriali atti a seguire il paziente cronico, o semmai la riabilitazione del post-acuto, ma le unità di emergenza debbano essere di pertinenza dei maggiori comuni della Provincia.
Per questo sorgono anche dubbi d’interpretazione del testo del Decreto del Commissario ad acta. Ci si chiede effettivamente come debbano esser riorganizzati, rimodulati, razionalizzati gli attuali PPI. Recenti indiscrezioni da parte di funzionari dell’ASL di Latina farebbero pensare che nelle ore diurne possano essere attivi i Presidi Ambulatoriali Territoriali, per i quali offrirebbero il loro servizio di medici di base affiancati da infermieri professionali, mentre nelle ore notturne rimarrebbe a disposizione almeno un’ambulanza con medico a bordo, infermiere e autista soccorritore (il c.d. barelliere).
Sistema dell’emergenza concentrato in Hub e spoke nel futuro della nostra provincia
Due DEA di I livello (i c.d. spoke secondo i criteri fissati dal DM 70), vale a dire il Presidio Ospedaliero di Latina Sud di Formia e l’Ospedale di Anzio-Nettuno, e quattro Pronti Soccorso, quali quello del Presidio Ospedaliero di Latina centro di Terracina e quello di Fondi (entrambi pubblici), quello della Casa di Cura città di Aprilia e quello dell’Icot (questi ultimi due privati in convenzione con l’SSN), dovranno far riferimento per i casi di maggior complessità (interventi a cuore aperto, interventi di neurochirurgia ecc.) al DEA di II livello del Goretti (hub secondo le definizioni del DM 70). Tutto ciò lo si apprende sempre dal Decreto dal 256 dello scorso anno contenente la Programmazione regionale della rete ospedaliera 2017-2018.
I Punti di Primo Intervento nella dialettica politica
È a quel punto che il tema della chiusura dei Punti di Primo Intervento entra sempre più nella dialettica della politica regionale. Il consigliere di Forza Italia Giuseppe Simeone tramite le pagine di Latina Corriere il 13 agosto 2017 dichiara: “di fronte all’ennesimo atto senza capo né coda che taglia senza pensare a quello che accadrà, limitandosi a sterili previsioni sul fatto che dopo la riconversione in questi presidi potranno essere previsti punti di offerta di assistenza primaria organizzati come presidi ambulatoriali territoriali di medicina generale in cui l’offerta sanitaria dovrà essere garantita dall’attività dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta”. “Il che significa – aggiunge – creare dei doppioni dell’esistente. Poiché dei presidi ambulatoriali territoriali di medicina generale, attraverso le forme associative dei medici di assistenza primaria e di continuità assistenziale, già esistono. Lo smantellamento dei PPI, previsto in attuazione del decreto ministeriale 70/15, rischia quindi solo di privare i cittadini di servizi primari ed essenziali costringendoli a percorrere chilometri e chilometri per arrivare al Pronto soccorso più vicino e andando ad intasare i già sovraffollati Pronto soccorso. L’unica certezza è che, ad oggi, non esiste ancora una linea chiara in merito al futuro dei Punti di primo intervento salvo il fatto che saranno soppressi o reinseriti nel percorso delle Case della Salute non ancora realizzate”
Cronache di Anagni: storia di un pronto soccorso perduto
Nel DCA n.257 non viene menzionato il pronto soccorso dell’ospedale di Anagni (affine a un PPI dal punto di vista organizzativo-strutturale), eppure con delibera n.1363 del 25 giugno 2018 dell’ASL di Frosinone il Commissario straordinario Luigi Macchitella decide la chiusura dell’unità d’emergenza anagnina per il 15 luglio p.v. e la sua trasformazione in Presidio Ambulatoriale Territoriale (PAT). Le ragioni della disattivazione della struttura vanno ricercate piuttosto in quella riconversione menzionata dal par. 9.1.5 dell’allegato 1 del DM 70 vissuta dal Presidio ospedaliero ciociaro nel 2102 da struttura per acuti a struttura per patologie croniche. A nulla serve il 9 luglio la riunione straordinaria della Commissione Sanità e Politiche sociali del Consiglio regionale (Commissione VII), presieduta da Giuseppe Simeone e avente come vicepresidente il Consigliere del Movimento a 5 Stelle Loreto Marcelli, alla quale viene invitato a partecipare e ad intervenire il sindaco della Città dei Papi Daniele Natalia. Durante la seduta viene ascoltato anche lo stesso Commissario dell’ASL frusinate Macchitella che sottolinea come l’offerta sanitaria nei confronti dei pazienti acuti del bacino d’utenza del Presidio ospedaliero anagnino rimarrà inalterata nell’evoluzione a Presidio Ambulatoriale. La Commissione vota infine all’unanimità l’invio di una nota al Presidente Zingaretti e all’Assessore alla Sanità Alessio D’Amato di richiesta di sospensiva della delibera ASL.
Il capogruppo in Regione del PD Mauro Buschini, nonché membro della Commissione VII, il giorno stesso della chiusura del pronto soccorso scrive sul proprio blog: “Sui Punti di Primo Intervento, ciò che in questi giorni non si è detto, è che sono regolamentati dal Decreto Ministeriale 70/2015, che parte dalla legge Balduzzi: tale decreto vieta, è bene ribadire a livello nazionale, il mantenimento dei Ppi. La Regione Lazio pur essendo disponibile a tenere aperti i Punti di Primo Intervento, come quello di Anagni, deve applicare una legge dello Stato. Per questo domani, lunedì 16 luglio, in commissione sanità del Consiglio regionale del Lazio, depositerò una risoluzione per chiedere al Ministro della sanità Grillo ed al ministro dell’Economia Tria di apportare le necessarie modifiche al Decreto Ministeriale così da poter mantenere, ad Anagni come in altre città con casi analoghi, il Punto di primo intervento che fornisce un servizio importante per il territorio. Chiederò a tutti i capigruppo di sottoscriverlo e mi aspetto che chi oggi è al governo del Paese metta da parte le polemiche politiche e si adoperi per la risoluzione di questa problematica. Chiederò, altresì, di notificare il presente atto a tutti i parlamentari del Lazio così da portare avanti tutti insieme, in uno spirito collaborativo, una azione che sono certo troverà le risposte adeguate in particolare dal ministro della Sanità Giulia Grillo. Risolviamo i problemi per i cittadini e mettiamo da parte la strumentalizzazione: in questo modo, e non con le polemiche, riusciremo a salvaguardare il nostro territorio. Nessuno si tiri indietro”. In pieno contrasto con le parole di Buschini, proprio in quei giorni nel Veneto del Governatore Luca Zaia viene inaugurato a Cavallino Treporti, centro balneare in Provincia di Venezia con poco più di 13mila residenti, un nuovo Punto di Primo Intervento.
Relativamente alla chiusura del pronto soccorso anagnino e delle posizioni di Buschini in quei giorni Loreto Marcelli assume posizione contrapposta: “Recentemente, come è noto, il Punto di Primo Intervento di Anagni è stato chiuso ed ora si assiste alle prese di posizione dell’Assessore alla Sanità Regionale D’Amato ed a quelle del noto esponente del PD Buschini i quali cercano di sviare l’attenzione sulle vere cause della chiusura facendole ricadere sul Decreto Ministeriale 70 del 2015. Probabilmente entrambi hanno preso un “abbaglio”. Al riguardo è necessaria procedere per punti per chiarire la situazione. Innanzitutto, il Decreto 70/2015 venne adottato dal Ministero della Sanità previa intesa con la Conferenza Stato Regioni (all’epoca eccetto Lombardia e Veneto, le regioni erano tutte in mano al centrosinistra), quindi il contenuto del decreto non è stato imposto dal Ministero ma concordato con le Regioni. Il Lazio all’epoca era amministrato dalla Giunta Zingaretti nella quale D’Amato e Buschini rivestivano ruoli di primissimo piano. Perché non sono intervenuti allora per chiedere la modifica del Decreto?
In secondo luogo…il Decreto firmato dall’allora Ministra Lorenzin, per la rete d’emergenza, stabilisce l’adozione di specifiche misure per assicurare posti letto di ricovero soprattutto nel caso in cui si possano verificare dei picchi di accesso. Proprio quello che potrebbe succedere ad Anagni in caso di un incidente industriale. Non si deve, infatti, dimenticare che nell’area di Anagni vi sono diverse industrie ricadenti nelle fattispecie previste dalla Direttiva Seveso III, D.lgs. 105/2015. In terzo luogo, in base a quanto disposto dal punto 9.1.5. dell’Allegato 1 al Decreto…è vero che l’ospedale di Anagni venne riconvertito, ma è altrettanto vero che a seguito delle modifiche apportate all’Atto Aziendale dell’A.S.L., dal 3 agosto 2017, è stato istituito il Presidio Ospedaliero Frosinone-Alatri-Anagni, questo fatto ha implicato il mantenimento della struttura anagnina in vista di un ripristino delle attività ospedaliere di pronto soccorso. In conclusione, in base al combinato disposto del D.M. 70/2015 e dell’Atto Aziendale, il P.P.I. di Anagni non andava chiuso. Invece, oltre 85.000 persone dopo la chiusura del P.P.I. avranno a disposizione un lettino ed una sedia (se così si può scrivere). La responsabilità di scelte che si ritengono scriteriate e pericolose per l’incolumità della gente, spetterà ai cittadini individuarle. Ma per favore almeno alcuni esponenti politici dovrebbero esimersi dal versare lacrime di coccodrillo per gli “abbagli” da loro presi nel leggere le normative per cercare capri espiatori altrove. I cittadini sono consapevoli di chi sono coloro che li hanno messi in una tale situazione. Compito delle componenti politiche tutte, nessuna escluse, è quella di garantire una sanità dignitosa ed a misura d’uomo, rimuovendo gli ostacoli e le persone che non permettono di ottenere tali risultati.”
Giovedì 19 luglio le vicissitudini del Pronto Soccorso di Anagni si incrociano in termini temporali con la morte di Anna Maria Ascenzi. Mentre sta raccogliendo la frutta e la verdura nell’orto la casalinga 64enne viene punta da un calabrone. Il marito tenta di soccorrerla, aiutandola a sedersi e applicandole sul punto colpito dall’insetto un panno intriso d’acqua fredda.
Appena qualche minuto dopo la donna ha la sensazione di stare per svenire. Lo dice al marito chiedendogli di accompagnarla all’ex ospedale, dove il pronto soccorso è appena stato sostituito dal PAT. Qui la dottoressa in servizio al PAT subito capisce che la donna è in shock anafilattico e, con l’aiuto di un collega anestesista casualmente presente nell’ambulatorio, fa di tutto per rianimarla. Nonostante gli sforzi di medici e infermieri, i farmaci somministrati e il massaggio cardiaco, il cuore della donna cessa di battere. La reazione del sindaco Natalia alla tragedia è furibonda: “…Una persona con problemi cardio-circolatori è arrivata nel nostro ex ospedale e nella impossibilità di essere assistita in un PAT, è deceduta. È guerra aperta. Caro Zingaretti, chiunque si opporrà alla riapertura del pronto soccorso è un nostro nemico. Chi si opporrà è nemico mio e di tutti gli Anagnini…”.
I fatti sopraenunciati inducono i deputati Ilaria Fontana, Luca Frusone, Enrica Segneri, il consigliere Marcelli e il consigliere comunale Fernando Fioramonti, tutti residenti nel frusinate e appartenenti al Movimento 5 Stelle, a presentare il 24 luglio un esposto in cui si chiede alla Procura della Repubblica di Frosinone di disporre gli opportuni accertamenti e di valutare eventuali profili di illiceità penale. Nel documento si evidenzia anche come nel territorio del Comune di Anagni insistono ben 7 impianti industriali a Rischio Incidente Rilevante riconducibili alle fattispecie previste dalla Direttiva Seveso III, D. Lgs 105/2015. Si tratta di stabilimenti che, per le sostanze immesse e per i processi produttivi adottati, possono provocare in caso di incidente grave danno ambientale e sanitario ai cittadini del territorio circostante.
L’ondata emotiva causata dalla morte di Anna Maria Ascenzi e lo sdegno per la chiusura del pronto soccorso portano la sera del 2 agosto migliaia di ciociari a partecipare ad Anagni alla fiaccolata organizzata dal comitato “Adesso basta, ora serve riaprire il pronto soccorso” a cui presenziano anche il sindaco Natalia, il vescovo della diocesi di Anagni-Alatri Lorenzo Loppa e il consigliere Marcelli. Il corteo, senza bandiere o simboli di forze politiche, partito a ridosso della struttura sanitaria locale e terminato in un’affollatissima Piazza Cerere, attraversa le vie di Anagni contornate da edifici nelle cui pareti molti davanzali delle finestre espongono drappi bianchi. Bianco come il colore delle t-shirt scelto dai partecipanti all’iniziativa, bianco come il colore della salute e dei camici degli operatori sanitari. L’iniziativa era stata preceduta da una raccolta firme (più di tremila) che aveva contribuito a sensibilizzare l’opinione pubblica.
La reazione dei consigli comunali
Nel frattempo venerdì 13 luglio a Sezze, la città che tra il 2010 e il 2014 aveva vissuto, senza non poche proteste e polemiche da parte della popolazione locale, la trasformazione dello storico Ospedale San Carlo rivolto all’assistenza delle acuzie, oltre che delle post-acuzie e cronicità, in Casa della Salute, complesso organizzativo dedito alla presa in carico dei soli cronici, si riunisce in seduta plenaria il Consiglio Comunale. Invitati e presenti sia il Presidente della Commissione Sanità-Lazio Simeone che il consigliere setino regionale PD Salvatore La Penna.
Dal documento approvato all’unanimità si evince la necessità di potenziare, e non chiudere, il Punto di Primo Intervento e la Casa della Salute, che manca anche di strumenti essenziali, come quelli per la Radiologia. Sarebbe stato poi compito degli stessi esponenti del consiglio regionale portare alla Pisana e all’attenzione del Governatore Zingaretti il documento. Il PPI setino solo nel 2017 ha svolto 8914 interventi, coprendo un bacino d’utenza di 57.000. Il clima nella cittadina lepina sembra tornato quello del settembre 2010 quando gli amministratori locali avevano bloccato la ferrovia per protestare contro la decisione dell’allora governatrice Renata Polverini di declassare il presidio setino, nato nel 1871 come ospedale civile dal Convento dei frati minori, a ospedale distrettuale di II livello, o quello del 2013 in cui le donne del comitato “Le virgole” scendevano in piazza contro la definitiva chiusura del San Carlo e conversione in CdS. Proprio in questi giorni gruppi spontanei di cittadini, parallelamente ad una analoga iniziativa della Lega locale, stanno raccogliendo migliaia di firme allo scopo da un lato di porre all’attenzione dei residenti la minaccia incombente sui servizi sanitari locali, dall’altra di dissuadere il direttore generale dell’ASL di Latina Giorgio Casati dall’adottare quella delibera attuativa del DCA 257 che sancirebbe la fine della struttura di Via San Bartolomeo.
Nel frattempo a Sabaudia si apprende dai media locali (ilcaffè.tv del 31 luglio) che il sindaco Giada Gervasi, l’assessore Zaottini e il consigliere di opposizione Bianchi stanno lavorando alla redazione di un documento da indirizzare al Ministro della Salute e al Presidente della Regione Lazio finalizzato a scongiurare la disattivazione della struttura di emergenza di Via Conte Verde. Il documento ottiene il consensus del Consiglio comunale il 10 agosto e in esso si diffida il Direttore generale Giorgio Casati dal dare attuazione al DCA 257. Due settimane dopo il “Comitato per la difesa del PPI”, promosso dall’ex responsabile della Programmazione sanitaria della Regione Lazio nonché ex consigliere comunale Franco Brugnola, deposita 8767 firme presso l’ufficio del protocollo dell’ASL di Latina con lettera di diffida.
Il 31 luglio a Gaeta il consiglio comunale in seduta straordinaria alla presenza di Giuseppe Simeone vota una delibera che esorta il Presidente Zingaretti ad annullare qualsiasi azione amministrativa che interrompa l’accesso al PPI. “Ribadiamo la ferma volontà di scongiurare la chiusura del Mons. Di Liegro – ha commentato il sindaco di Gaeta, Cosmo Mitrano – e rilanciamo la proposta di destinare l’area comunale dei Cappuccini per realizzare una struttura sanitaria distrettuale…”. Contemporaneamente il meetup locale propone di scendere in piazza contro la chiusura della struttura di Via Salita Cappuccini indossando una maglietta bianca. Già precedentemente il “circolo Mandolesi” del Partito Comunista aveva organizzato sit-in e iniziative dirette a sensibilizzare la popolazione locale a difesa della struttura di urgenza.
A Minturno si registra l’affissione da parte dei militanti di Casa Pound di uno striscione all’ingresso dell’ospedale “Il PPI non deve chiudere”. Il messaggio del suo portavoce Moccia è chiaro: “… trovo assurdo che nel nostro Comune l’amministrazione non abbia preso una posizione ufficiale e netta, chiedo pertanto come Casa Pound ma anche per conto di tutta la cittadinanza che nel prossimo consiglio comunale ci sia una presa di posizione da parte dell’amministrazione e dell’ intera assise cittadina. Credo sia necessario, come avvenuto a Gaeta, Sezze ed Anagni la convocazione di un consiglio comunale ad hoc…”(AreaGolfo.it del 9 agosto). Proprio in riferimento alla struttura sanitaria di Minturno, forte dei suoi più di ventimila accessi annui al pronto soccorso, il 26 settembre 2017 Zingaretti aveva dichiarato che mai l’esistenza dell’unità di emergenza sarebbe stata chiusa.
Proprio il Circolo Mandolesi, il meetup di Gaeta e Casa Pound di Minturno hanno indetto per sabato 13 ottobre a Gaeta una mobilitazione cittadina a tutela dei 2 PPI sud-pontini.
Cronache di fine estate
Il 7 agosto la consigliera regionale terracinese del Movimento Stelle Gaia Pernarella presenta un’interrogazione sulla rimodulazione dei Punti Primo Intervento della Regione Lazio rivolta al governatore Zingaretti e all’assessore D’Amato. In essa si chiede: quale sia lo stato di riorganizzazione dei PPI ai fini dell’adempimento delle disposizioni del DM 70 e del DCA del 5 luglio 2017 n.257; se sono previste proroghe alla scadenza del 31 dicembre per la conversione dei PPI in postazioni 118 medicalizzate; se si intenda prorogare e dare pubblicità ai contratti dei medici in servizio presso i PPI della ASL di Latina; se e in quali postazioni 118 medicalizzate sono previsti punti di offerta di assistenza primaria organizzati come presidi ambulatoriali territoriali di medicina generale; se e in quali postazioni 118 medicalizzate sono previste forniture infermieristiche; visti gli ingenti flussi turistici nei mesi estivi nelle località costiere della provincia di Latina come si intende ovviare alle esigenze temporanee durante la fase di riorganizzazione dei PPI.
Contro la chiusura dei PPI pontini si esprime anche il presidente dell’Ordine dei Medici di Latina Giovanni Maria Righetti. Per l’Ordine dei Medici la chiusura dei Punti di Primo Intervento avrebbe senso nelle aree metropolitane, non in un territorio come la Provincia di Latina, caratterizzato da insediamenti di popolazione spesso molto distanti dagli ospedali e con la viabilità che in questo senso non aiuta. A maggior ragione in estate, dove ai residenti si aggiungono i turisti. Basti pensare che nei Punti di Primo Intervento della Provincia di Latina si contano 70 mila accessi l’anno. “Non siamo a conoscenza del modello alternativo di assistenza in caso di chiusura dei PPI, non siamo a conoscenza di una analisi delle conseguenze sulle attività dei Dipartimenti di emergenza urgenza dei presidi ospedalieri di Latina e Formia e dell’ARES 118. Non appena la ASL sarà in grado di fornire tali informazioni, l’Ordine ritiene che debbano essere messe a disposizione dei Sindaci nella sede naturale dove poter pronunciarsi collegialmente e cioè la Conferenza provinciale sulla Sanità” (LatinaQuotidiano.it del 12 agosto 2018).
Il 6 settembre durante l’iniziativa al centro sociale Calabresi di Sezze alla presenza, tra gli altri, di Righetti e del sindaco di Bassiano Domenico Guidi, intervengono il sindaco di Sezze e il consigliere regionale La Penna del PD. Da un lato quello del sindaco Sergio Di Raimo che propone la convocazione di un’Assemblea provinciale dei Sindaci avente per ordine del giorno la riorganizzazione dei PPI e le carenze nell’offerta sanitaria nei centri minori e periferici. Dall’altro l’intervento del Consigliere regionale setino del PD Salvatore La Penna. Secondo La Penna esisterebbero due vie alternative da percorrere. La prima consisterebbe nel chiedere al Ministero della Salute di intervenire modificando o sospendendo gli effetti del DM 70. L’altra via risiederebbe nell’adozione in sede di Consiglio Regionale di una mozione di richiesta di slittamento dei termini per poter riflettere su una riconversione e rimodulazione seria.
Il 14 settembre 2014 l’assessore alla Sanità Alessio D’Amato dichiara di aver inviato nei giorni precedenti una nota sia al Ministero della Salute che al Ministero dell’Economia in cui si chiede una proroga di un anno rispetto al termine tassativo del 31 dicembre 2018 per l’attuazione della riconversione dei Punti di Primo intervento laziali. Non è ancora noto se il Ministro della Salute Giulia Grillo abbia risposto, ma secondo alcune indiscrezioni si sarebbe intenzionati dalle parti di Lungotevere Ripa a rinviare la richiesta alle competenze esclusive della Regione. Di fatto la Conferenza permanente per i rapporti tra, Stato, Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano del 20 settembre non ha avuto all’ordine del giorno eventuali modifiche all’atto d’intesa n. 98 del 5 agosto del 2014.
Un destino già scritto per il centro-sud d’Italia
Nella Puglia del governatore Michele Emiliano di ben 39 Punti di Primo Intervento destinati a chiusura entro il 31 dicembre, tutti sotto i 6mila accessi annui, nove sono stati già disattivati. In luogo dei preesistenti PPI sono state messe a disposizione talvolta ambulanze INDIA con infermiere professionale e autista soccorritore a bordo, seguite da automedica guidata da medico specializzato nell’emergenza (si pensi a Gioia del Colle, 28mila abitanti in Provincia di Bari), talora ambulanze MIKE con medico a bordo (Mottola, 15mila abitanti in Provincia di Taranto). Nel Molise del governatore Donato Toma a seguito del potenziamento degli ospedali di Termoli e Isernia, sono i pronti soccorso di Venafro e Larino a cedere il passo.
In una fase di transizione così delicata l’ASL di Latina si troverebbe in caso di chiusura dei sette Punti di Primo Intervento a dover gestire il processo di riallocazione del personale ospedaliero medico e infermieristico verso i DEA o i Pronti Soccorso di riferimento. Il personale dei PPI di Cisterna, Cori, Sabaudia e Sezze prenderebbe con ogni probabilità la direzione di Via Canova a Latina, il personale dei PPI di Priverno verrebbe trasferito al Fiorini di Terracina, mentre quello di Gaeta e Minturno farebbe riferimento al DEA di Formia. Se la questione del futuro del personale appare come quella di più facile risoluzione, resta da chiedersi se attribuire al sistema dell’assistenza territoriale le sole patologie a bassa gravità, privandola totalmente della funzione di urgenza, rientri in un giusto modello di sistema sanitario regionale. Accentrare l’emergenza in singoli grandi centri potrebbe provocare un mancato incontro tra offerta ed esigenze sanitarie non solo in periferia, ma nelle stesse realtà urbane in cui si registrerebbero fenomeni di congestionamento delle strutture pubbliche. Difficilmente nelle ore diurne nei nascenti PAT i medici di medicina generale potrebbero intervenire su una palpebra profondamente lacerata con punti di sutura. La notte poi si disporrebbe di un mezzo mobile MIKE senza un anestetista rianimatore. Così esattamente sulle disfunzioni del sistema pubblico si affermano gli interessi dei privati. A chi dissente rispetto ad un processo avviato quattro anni orsono non rimarrebbe che controllare l’albo pretorio dell’ASL di Latina ed impugnare la delibera d’esecuzione del Direttore generale al TAR…ammesso che ve ne siano i presupposti al di là dell’Art. 32 della Costituzione.