PONZA, GIMMY PICCHIATO A SANGUE E SCARAVENTATO. PER IL PERITO È OMICIDIO

Gianmarco Pozzi
Gianmarco Pozzi

La morte di Gianmarco Pozzi, il ragazzo romano trovato senza vita il 9 agosto scorso a Ponza, assomiglia sempre più a un omicidio

Ne è sicuro il professor Vittorio Fineschi, direttore dell’Istituto di medicina legale dell’università “La Sapienza”, il quale ha firmato la perizia di parte che oggi verrà depositata dall’avvocato della famiglia Pozzi, Fabrizio Gallo, presso l’ufficio del sostituto procuratore della Procura di Cassino Beatrice Siravo.

A riportare la notizia è il Corriere della Sera che trascrive alcune parti della perizia (116 pagine) del professor Fineschi il quale ha completato il suo lavoro servendosi anche di fotografie del cadavere, dei rapporti medico-legali e dei verbali resi dai vari testimoni ascoltati in questi mesi di dolore per la famiglia la quale, alla tesi della caduta accidentale in buco di tre metri sull’Isola di Ponza, non ha mai creduto.

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Si può presumere – si legge nel documento riportato dal Corserache la morte violenta di Pozzi abbia tutt’altra patogenesi lesiva, essendo ben suffragata l’ipotesi dell’azione di terza persona che dopo una colluttazione sia riuscita a costringerlo contro il muretto sopra il corridoio fra le abitazioni così da provocarne la precipitazione e il conseguente grave complesso lesivo pluridistrettuale che è la causa della morte“.

Dunque, le lesioni a testa, collo e torace sarebbero state provocate da una dinamica piuttosto violenta: Gimmy Pozzi, campione romano di kickboxing, e sull’isola lunata per lavorare d’estate come buttafuori al Blue Moon e al Frontone (due storici locali di Ponza), sarebbe stato schiacciato contro un muro, picchiato a sangue, anche con un oggetto contundente, e infine gettato come un masso nell’intercapedine tra le abitazioni a Santa Maria.

In base a quanto relazionato dal professor Fineschi, l’apertura del fascicolo per omicidio volontario da parte della Procura di Cassino non è affatto un’ipotesi peregrina. Tutt’altro.

Per Fineschi, a corroborare ancor di più la tesi dell’omicidio del 28enne, il cui corpo è stato cremato per volere dei genitori, senza che fosse effettuata un’autopsia, ci sono le escoriazioni sulla schiena non compatibili con lo sfregamento del corpo da caduta e nemmeno con una piccola canalina che corre lungo il muretto fino a terra.

Le ferite sono, invece, logiche “con il suolo e gli arbusti presenti” lungo il tragitto dalla casa di Gimmy, dove viveva con altri coinquilini, fino al luogo dove è stato trovato morto.

Per il professore de La Sapienza è da scartare in toto l’ipotesi formulata dal perito della Procura di Cassino per cui Pozzi avrebbe corso e superato, in preda all’agitazione derivante da cocaina, il terrazzamento lungo via Staglio, “per poi urtare il muretto con le cosce, l’addome e cadendo infine a capofitto nel sottostante corridoio“.

Le ferite, per Fineschi, sono conseguenza della “pressione del corpo di Pozzi contro il muretto” e la profonda lesione potrebbe aver nascosto altre ferite provocate dal suo assasino.

Nessun rilievo di carattere tossicologico permette di affermare che sia deceduto in preda ad episodio di intossicazione acuta da cocaina inquadrabile in quella che viene descritta come “excited delirium syndrome“, scrive il perito della famiglia Pozzi, escludendo così di netto la versione per cui lo sportivo avrebbe consumato qualche grammo di cocaina con uno degli inquilini di Ponza.

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