Il candidato sindaco per le elezioni amministrative del prossimo anno a Gaeta Antonio Salone e l’ideatore del suo progetto politico Luigi Zazzaro ripercorrono la storia del porto turistico
Interessi milionari incombono sulle sorti della città. Tonnellate di cemento, strane compra-vendite, svendite di beni pubblici, centri commerciali, impianti crematori, ricche lottizzazioni, pioggia di licenze edilizie. “Nell’ultimo anno – spiegano Salone e Zazzaro che solo pochi giorni fa avevano pubblicamente avanzato una serie di domande sul porto turistico senza ricevere risposta (vedi link di seguito) – l’amministrazione comunale e una ristretta cerchia di privati hanno alimentato affari d’oro nelle mani di qualche fortunato imprenditore, sul quale sono puntualmente finiti gli occhi della Magistratura e della Guardia di Finanza. Ma non è finita qui, potete giurarci. Il piede sull’acceleratore continuerà a spingere almeno fino alle prossime elezioni e in vista di un consenso da allargare. Ma intanto il progetto del porto appare a dir poco assurdo e inquietante. E non solo dal punto di vista progettuale come pure si è già accorta la Guardia Costiera (ndr: ha emesso un parere negativo sul progetto del Comune di Gaeta in sede di conferenza dei servizi), ma è l’intreccio di contiguità politiche e familiari, condite da processi e interessi privati, a rendere questa operazione l’ennesima oscura e sospetta operazione che minaccia il presente della città”.
“Abbiamo provato a fare delle domande ma nessuno come ci aspettavamo ha dato le risposte che i cittadini chiedevano, a dimostrazione che a interessare sono solo i loro interessi privati e dei gaetani non importa nulla a nessuno. Allora qualche risposta la diamo noi, così da mostrare quanto mai come ora sia necessaria ina transizione popolare per Gaeta”
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IL PROGETTO. “Siamo nel bel mezzo di una sporca tempesta. Una fitta coltre di foschia sta scendendo ad oscurare uno dei più grossi interessi in città, altro cemento, altri milioni, la stessa politica. Un fitto intreccio di legami, amici e parenti, interessi privati, lobby finanziarie, intrecci societari, politici e funzionari pubblici parecchio vicini tra loro, quasi impossibile da dipanare: è il porto turistico Marina di Gaeta, il porto delle nebbie. Stiamo parlando di un’area di 130mila metri quadrati in grado di accogliere 400 imbarcazioni di grandi e medie dimensioni sul tratto di costa che divide dal mare il quartiere di Calegna. Marina di Gaeta è un’opera urbanistica imponente, faraonica e polifunzionale: parliamo di parcheggi, piazzali, rampe, passeggiate, verde pubblico e altre infrastrutture progettate per estendere la vivibilità dell’opera e anche il business dell’indotto. Un’opera sulla quale non siamo contrari a prescindere, anzi, ma sono le modalità, i legami e i protagonisti in gioco a non convincerci affatto e sui quali dobbiamo immediatamente accendere tutti i riflettori”.
LA STORIA DELLA MARINA DI GAETA. Infatti l’idea e la progettazione della “Marina di Gaeta” viene da molto lontano, e come se il tempo non passasse mai, vede al timone dell’operazione sempre gli stessi interessati. Si vede che sono come ossessionati da questo progetto in particolare. A cominciare dall’assessore Massimo Magliozzi che pensò questa enorme operazione finanziaria, economica ed urbanistica, appena diventato sindaco di Gaeta, anzi forse sindaco ci diventa appositamente per realizzare il progetto. L’idea di realizzare il porto turistico per la famiglia Magliozzi è il desiderio di una vita al quale sottomettere una intera città. E infatti sarà il fratello dell’ex sindaco e attuale assessore Massimo Magliozzi, Damiano, a costituire sin dal 1999 proprio la società “Marina di Gaeta srl”, che oggi, nonostante la società risulti inattiva, continua ad attendere trepidamente, e lui la presiede. Un legame indissolubile, 100mila euro di capitale sociale, tutto ebbe inizio fin da quella campagna elettorale che porterà poi il fratello Massimo a diventare sindaco nel 2001. Nel frattempo sarà proprio Massimo coi suoi uffici di sindaco nel 2003 a permettere l’ingresso di Gaeta all’interno dell’autorità portuale, dove peraltro lo stesso Massimo sarà poi pure assunto finendo in una indagine della Ragioneria dello Stato sulle assunzioni e le consulenze illegittime, scandagliate dall’ispettore Jair Lorenco. Ricordiamo a questo proposito che sarà proprio l’Autorità portuale a rilasciare la concessione edilizia per consentire a Magliozzi di sversare tonnellate di cemento sulla nostra costa. Un cerchio che si chiude.
IL PORTO A TUTTI I COSTI. “Passerà qualche anno – proseguono Salone e Zazzaro – e nel 2008, il giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Latina, Giuseppe Cario, rinvia a giudizio per i reati di abuso d’ufficio, falso e omissione d’atti d’ufficio due dirigenti dell’Autorità Portuale, ritenuti colpevoli di aver favorito proprio la società di Magliozzi rispetto ad altri competitors pronti a ottenere un finanziamento europeo “Prusst” attestando falsamente e a beneficio di Magliozzi, che “l’istruttoria già avviata dai nostri uffici comporterà una modifica degli indirizzi di gestione delle aree demaniali ad essa affidate alla luce delle quali l’ipotesi progettuale più coerente appare essere quella della società Marina di Gaeta”.
Progetto che invece la Capitaneria di Porto aveva già bocciato a beneficio di un’altra società, quella di Eduardo Accetta, che poi si rivedrà rientrare.
“Come abbiamo detto è perciò sin dalla sua nascita, all’inizio degli anni 2000, che alcune delle autorità competenti chiamate ad esprimersi in materia – incalzano Salone e Zazzaro – ci avevano visto più di qualcosa che non andava, tanto è vero che fu proprio il nostro Luigi Zazzaro, allora assessore all’Urbanistica di quella amministrazione e oggi padre fondatore del nostro movimento politico (ndr: Transizione Popolare per Gaeta), a rimandare in Conferenza dei servizi un progetto che la stessa Conferenza dei servizi aveva licenziato come valido ma che sia la Regione che la Soprintendenza avevano bocciato per evidenti irregolarità progettuali. Un deja-vu appena visto pure qualche giorno fa con la vicenda del crematorio, il cui iter guarda un po’ era gestito proprio da Magliozzi. Sarebbe stato interessante vedere in mano a chi finiva lo scempio di quell’opera che fortunatamente non si farà mai. Il lupo perde il pelo ma non il vizio”.
“E qui succede un fatto sul quale vale la pena soffermarsi, perché appare quantomeno sospetto e diremmo vergognoso che l’allora solerzia e precisione di Zazzaro nel rispetto delle regole e delle autorità competenti, non piacquero al sindaco Magliozzi, che infatti sollevò Zazzaro dalla presidenza della Conferenza dei Servizi, ma esautorandolo di un potere che invece non potevano togliergli, perché la legge impone che a presiedere la CdS sia proprio l’assessore del ramo urbanistica. Magliozzi nominò allora l’assessore ai Lavori Pubblici dell’epoca. Ovviamente la successiva CdS non ebbe alcun problema procedurale.
Roba da matti: ma perché chi allora riteneva che il porto dovesse farsi a tutti i costi, dopo più di venti anni è ancora chiamato a gestirne le sorti? Sarebbe interessante capire perché dopo 20 anni durante i quali l’allora sindaco Magliozzi ha fatto la “guerra” politicamente a chiunque e particolarmente a Mitrano negli ultimi anni, è stato poi folgorato sulla via di Damasco e si è gettato tra le braccia di Mitrano come una pecorella smarrita proprio pochi mesi prima che si riprendesse l’iter per l’approvazione definitiva del progetto, come sancito dalla delibera di Consiglio comunale numero 47 del luglio 2019“.
IL CASO MEDFISH. “Ora, come abbiamo detto, i protagonisti sono sempre gli stessi, come Magliozzi e come il presidente dell’autorità portuale Pino Musolino, scienziato di fama mondiale e premio Nobel dell’incompetenza, nel senso che è sempre pronto a occuparsi e a promuovere ciò per cui non gli è assegnata alcuna competenza, ma per il solo scopo di favorire la visibilità e la propaganda di Mitrano e la sua cricca. Che sia presenziare all’esposizione di una bandiera blu o che si tratti di affermare di ritenere Gaeta somigliante alla Croisette di Cannes. Musolino si contenga. Saremmo curiosi di sapere – proseguono i due esponenti politici – se con altrettanto zelo si stia occupando, al pari dell’amministrazione comunale, di capire invece se le persone coinvolte nel progetto all’interno della “Marina di Gaeta srl”, siano finanziariamente credibili, solide e coperte per ricevere la concessione edilizia per realizzare il porto, visto che a rilasciare la licenza al fratello di Massimo Magliozzi sarà proprio Musolino. Sarebbe bene che Musolino sappia, ma siamo sicuri che uno attento come lui sa già benissimo, che il presidente della “Marina di Gaeta srl” Damiano Magliozzi, fratello del Massimo tanto caro all’autorità portuale, è tuttora coinvolto nella bancarotta fraudolenta del Crack Medfish e a processo perché accusato di aver distratto oltre 3 milioni di euro e nell’ambito del quale sono già arrivate le prime condanne”.
IL CASO SPICAMAR. “Ma le nebbie non sono finite, anzi. E sono di nuovo la politica e gli affari privati i protagonisti assoluti. Infatti uno dei più importanti membri proprio della Marina di Gaeta presieduta da Magliozzi, importante esponente politico dello stesso partito del sindaco e suo consigliere di maggioranza più votato nel 2012, Edoardo Accetta, è risultato nel frattempo aggiudicatario di un’altra concessione demaniale, bandita proprio dall’autorità portuale, ovvero quella posseduta dalla Spicamar. Accetta ha partecipato e ottenuto la concessione insieme ad altri, che ricade proprio nel bel mezzo del progetto portuale. Ma perché Accetta partecipa e si aggiudica questa concessione? È legata alla costruzione del porto? E con chi partecipa? Ma soprattutto è vero che proprio la Spicamar faceva rilevare delle irregolarità sulle procedure di gara? Ed è vero che a seguito di ulteriori presunte irregolarità urbanistiche rilevate dalla Capitaneria di Porto nei confronti delle strutture della Spicamar questa veniva riconosciuta irregolare ad essere inglobata nel progetto della Marina di Serapo? E infine è vero che lo stesso Accetta si è poi opposto alle disposizioni dell’Autorità portuale che imponeva lo smontaggio delle opere abusive?”.
IL CERCHIO MAGICO DELLA MARINA. “Veniamo ora al tentativo di districarci nel complesso dedalo societario della Marina di Gaeta srl e delle sue propaggini. Come abbiamo detto la società costituita 22 anni fa, risulta inattiva, pur avendo un capitale sociale interamente versato di 100mila euro. Gli scopi della società sono ovviamente la costruzione e la gestione di approdi turistici e loro infrastrutture, anche balneari, turistiche, ricreative, assistenziali, commerciali e persino residenziali. Socio di maggioranza della Marina di Gaeta srl, con una quota di poco più di 32mila euro è la Giuma srl, che altri non è che lo stesso presidente Damiano Magliozzi, e ora vediamo il perché. Anzitutto vale la pena sottolineare un aspetto piuttosto bizzarro, ovvero il fatto che seppur titolare di un capitale sociale proprio, di appena 10mila euro, la Giuma ne versa 32mila nel porto. In secondo luogo la Giuma altri non è che la discendente diretta della ex Fisherman, che cambia nome nel 2015 proprio dopo il crack Medfish, e che dalla Medfish ricevette parte della gestione societaria tra il 2011 e il 2012, relativamente alle colture di pesce nel Golfo. Per portare avanti quella gestione, la Fisherman – che era proprietà al 50 percento di Damiano Magliozzi e Vincenzo Annunziata – assunse anche i 45 lavoratori della Medfish, beneficiando quindi degli aiuti di Stato previsti dalle leggi in materia di salvataggi aziendali, e qui si sarebbe annidata, secondo l’indagine, la bancarotta. Ma tralasciando questa vicenda sulla quale la magistratura sta cercando di fare ancora chiarezza, arriviamo oggi alla Giuma, di proprietà di tre soci, che sono Giuseppina Di Ciaccio, Cecilia Magliozzi e Ludovica Magliozzi, rispettivamente moglie e figlie proprio di Damiano Magliozzi. La Giuma srl, che ha come scopo il commercio di prodotti ittici, è la stessa società che detiene la proprietà sia del ristorante “Come il Mare”, sito in via Lungomare Caboto 75, e pure di un altro ristorante, ovvero il “Paittè – Come il Mare”, aperto nel 2019, dove c’era il vecchio e rinomato Pub “Tennent’s”. Insomma le premesse non sono delle migliori, e viene da chiedersi cosa c’entri il commercio del pesce con un porto turistico (i precedenti di commistioni tra porti e commerci del pesce su Gaeta non sono rassicuranti)? Perché affidarsi a personaggi dal passato così turbolento finanziariamente, con società sorte sulle ceneri e su procedimenti penali in corso rispetto a controverse vicende giudiziarie? Possibile che non c’era nulla di più affidabile?”.
“Ma andiamo avanti con l’analisi della composizione sociale della Marina di Gaeta, perché i dubbi, per non dire i sospetti, sono tutt’altro che finiti. Abbiamo già detto di Accetta, della Spicamar e della strana vicenda che porterà a processo per falso due funzionari dell’autorità portuale, determinati ad avvantaggiare il progetto di Magliozzi fin dal 2003 a danno di un’altra società, la Eurocostruzioni proprio di Accetta, che invece sembrava avere il progetto migliore. Insomma, nonostante lo scandalo e l’indagine, Accetta finisce proprio nella Marina di Gaeta, con una quota di 17mila euro. Prima di lui al secondo posto troviamo la “Nautica Lieto di Lieto Romualdo & C. S.N.C.”, di cui Lieto Gabriele è anche Vicepresidente della Marina di Gaeta, con 21mila euro. Fuori dal podio ci sono Benedetto Vagnani con 12mila euro, la Rogedil Servizi srl con poco meno e la “Capece Minutolo del Sasso Valentino” con 6mila euro.
IL CASO ROGEDIL. “C’è un’altra vicenda che ci lascia francamente senza parole e aumenta i nostri dubbi, ed è quella che vede coinvolta anche la Rogedil Servizi Srl, che a meno che non si tratti di uno straordinario caso di omonimia, si tratta del socio della Marina di Gaeta che ha una quota per la costruzione del porto pari a 12mila euro circa come abbiamo detto. Ma dovrebbe essere pure la stessa finita in una indagine a dir poco inquietante per le analogie col porto turistico di Gaeta. Infatti l’indagine della Procura di Roma, aperta nel settembre 2019, e che vede coinvolta anche la Rogedil, sostiene che “Mediante promesse, collusioni e altri mezzi fraudolenti, al fine di condizionarne gli esiti, turbavano il procedimento amministrativo per la determinazione delle modalità di scelta del concorrente (…) promosso dalla stessa AdSP (…) a seguito di richiesta di concessione della Porto Storico di Civitavecchia s.r.l. per la realizzazione e gestione di un approdo turistico nel Porto di Civitavecchia”. Secondo il pubblico ministero, l’autorità portuale, con i suoi rappresentanti pro-tempore, avrebbe dunque pilotato le procedure per assegnare a chi gli pareva la concessione edilizia per costruire un porto turistico (Porto Storico di Civitavecchia Srl). A dir poco inquietante”.
CONCLUSIONI E DOMANDE. “Infine vorremmo sapere, proprio come accaduto per il centro commerciale, e come è emerso dall’ultimo Consiglio comunale, se siamo nuovamente di fronte al mancato rispetto di alcune leggi ben precise in materia urbanistica relative ai cosiddetti standards urbanistici come fatto rilevare nella seduta consiliare di qualche giorno fa. Allora visto che gli interessi sono enormi e gli interrogativi senza risposta sono anche di più, sarebbe il caso che chi dovere, prima di colare cemento a caso, o secondo dinamiche a noi oscure, chiarisse alla città prima di procedere, alcuni punti ben precisi in modo che gli interessi e le domande dei cittadini siano davvero, e non solo a chiacchiere, lo scopo più importante dell’agire di una pubblica amministrazione”.