FORNO CREMATORIO A GAETA BOCCIATO DAL TAR. SALONE E ZAZZARO ALL’AMMINISTRAZIONE: “VERGOGNA”

Giardino di cremazione
Giardino di cremazione (immagine da Antonio Salone)

Impianto crematorio a Sant’Angelo a Gaeta: il progetto è stato bocciato dal Tribunale amministrativo di Latina

Il Tar Lazio sezione Latina si è espresso sul progetto del Comune di Gaeta volto alla realizzazione di un forno crematorio in località San’Angelo per via di un ricorso presentato da un privato, Milva Pecorone, assistita dall’avvocato Luca Scipione.

La donna, proprietaria di un terreno su cui si trova un’abitazione e un deposito di pertinenza oggetto di domanda di condono edilizio, era ricorsa al Tar contro il Comune di Gaeta che aveva approvato il progetto preliminare e contro il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo e l’Autorità di Bacino Distrettuale dell’Appennino Centrale. Costituiti in giudizio, ad adiavandum del privato, il Comune di Itri, il Comitato Monte Bucefalo, il Comitato San Martino e l’Associazione del Quartiere Sant’Angelo di Gaeta.

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Diverse le opposizioni al progetto che hanno animato il dibattito pubblico negli ultimi mesi, compreso qualche giallo amministrativo e burocratico.

Il ricorso presentato dall’avvocato Scipione chiedeva al Tar l’annullamento di vari atti amministrativi approvati dal Comune di Gaeta e da altri Enti autorizzatori che hanno espresso note o pareri favorevoli all’impianto cimiteriale di cremazione: la delibera del consiglio comunale datata dicembre 2019; la determina dirigenziale datata settembre 2020; la nota del Mibac datata ottobre 2019; le note dell’Autorità di Bacino Appenino Centrale datate aprile e agosto 2020; la delibera di Consiglio Comunale di Gaeta datata novembre 2020 con cui è stata disposta l’efficacia della Variante Urbanistica e la dichiarazione di pubblica utilità al cosiddetto giardino di cremazione.

La ricorrente ha esposto al Tar che, con la realizzazione dell’Impianto, verrebbe a concretizzarsi l’espropriazione della particella n. 597 e una parte della particella n. 729, con l’ulteriore conseguenza che questa non potrebbe più essere asservita al manufatto oggetto della suddetta richiesta di condono edilizio. Inoltre, il rilascio del condono edilizio verrebbe compromesso dalla realizzazione dell’anzidetto Impianto di Cremazione in ragione della fascia di rispetto pari a metri 200. Inoltre, tra le censure avanzate dalla ricorrente, c’è il fatto che non esiste in località S. Angelo del Comune di Gaeta alcun cimitero, laddove il Comune di Gaeta non poteva prevedere certamente la realizzazione di un forno crematorio in detta località. Una censura accolta dal Collegio composto dal Presidente del Tar Antonio Vinciguerra che ritenuto in toto fondato il ricorso della privata.

L’area in questione – come spiegato anche dal Comune di Gaeta – ha assunto la destinazione cimiteriale dal 1973, anno di approvazione del vigente PRG, allorché fu deciso lo spostamento dell’attuale complesso cimiteriale monumentale di Gaeta, dal Centro Urbano cittadino, ad una più idonea area periferica, nell’ambito del contesto rurale della città di Gaeta, denominato S. Angelo.

Tuttavia, gli atti impugnati devono essere quindi annullati in quanto prevedono la realizzazione di un crematorio in un’area ubicata in località Sant’Angelo in cui attualmente non è presente un cimitero.

Un vero e proprio cortocircuito interno al Comune di Gaeta, condannato anche alle spese di giudizio ammontanti a 3mila euro, che fa gridare alla vergogna i due esponenti politici di “Transizione popolare per Gaeta” Antonio Salone e Luigi Zazzaro.

“Che vergogna! Che figuraccia! Che fine! L’amministrazione comunale di Gaeta – esordiscono nella loro nota, Salone e Zazzaro -, il sindaco Cosmo Mitrano, la giunta e parte dei funzionari comunali hanno gettato la città di Gaeta forse nel punto più buio e più basso della sua storia. Sono settimane che raccontiamo di misfatti, indagini giudiziarie, interrogazioni parlamentari, svendite di beni pubblici, strani affari per pochi, lobby, pericoli per i cittadini, affaristi senza scrupoli e una città che muore. Ieri la sezione di Latina del Tar del Lazio ci ha dato conferma dell’incompetenza, dell’incapacità e del baratro nel quale questa gente ci sta buttando da anni per i loro esclusivi interessi personali. Vadano a casa, rimborsino i danni fatti, si vergognino e vadano a lavorare”.

“Abbiamo già raccontato della scandalosa vicenda del crematorio in località Sant’Angelo e di come nonostante alcune leggi ben precise, violate senza alcun ritegno, il sindaco Mitrano e il suo assessore Massimo Magliozzi, sempre pronti a sversare cemento da qualche parte a beneficio di qualche privato, avessero progettato questo business per qualche im-prenditore da affidargli con progetto di finanza. Avevano persino chiuso la Conferenza dei Servizi sbattendosene dei molteplici pareri contrari arrivati dalla Provincia di Latina, ente superiore, circa le emissioni inquinanti che l’impianto avrebbe immesso nell’aria e nell’acqua e quindi a danno dei cittadini, soprattutto quelli dell’omonimo quartiere nel Comune di Itri. Alla faccia del nuovo sindaco proprio di Itri, Agresti, che pensa che un tale soggetto come Mitrano possa essere un esempio: ecco da chi siamo governati. In un posto normale gente come Mitrano, Magliozzi e Agresti sarebbero alla pubblica gogna, e chissà cos’altro.
Ieri il Tar – incalzano Salone e Zazzaro – ha demolito l’arroganza di questa gente accogliendo completamente il ricorso con il quale la signora Milva Pecorone – alla quale va il nostro personale ringraziamento per la sua tenacia e determinazione, che da oggi insegnano molto di più a tanti di noi, nella lotta contro l’arroganza – aveva impugnato tutti gli atti amministrativi relativi all’iter progettuale approvati negli uffici gaetani. E il Tar gli ha dato ragione su tutta la linea annullando la deliberazione comunale numero 75 che approvava il progetto preliminare, la scandalosa determina 764 con la quale il dirigente al settore dichiarava conclusa la Conferenza dei Servizi nonostante ben tre richiami della Provincia di Latina che al contrario bocciava il progetto e la relativa delibera di Consiglio che ne prendeva atto, e ancora le note del Ministero per i beni culturali, quella dell’Autorità di Bacino e tutte le carte della vergogna”. 

“In effetti il Tar riconosce una lunga serie di omissioni, violazioni e vergogne amministrative sulle quali sarebbe il caso di capire se oltre all’aspetto amministrativo, appunto, esistono rilievi di carattere penale. Infatti il Tar riconosce che il progetto del crematorio era tutta una violazione, violava la legge di polizia mortuaria che impone come un crematorio possa essere costruito solo all’interno di un cimitero e non “ad capocchiam” come stava per fare il duo tragicomico Mitrano-Magliozzi, violava inoltre la regolarità di due espropri sui quali vige una domanda di condono edilizio e violava pure la fascia di rispetto di un manufatto privato, sul quale invece il Comune di Gaeta aveva sbagliato o mentito – non lo sappiamo ma lo immaginiamo – circa l’obbligo di distanza. Ed eccoci alla determina della vergogna, secondo i giudici amministrativi una smitragliata di violazioni: manca l’autorizzazione del prefetto, è sbagliata e incompetente la nota dell’autorità di bacino, la soprintendenza archeologica interprovinciale afferma erroneamente che non esistono vincoli paesaggistici, ma ci sono eccome e coprono tutta l’area del fossato Sant’Angelo, persino la relazione dell’Asl è sprovvista della relazione disposta dall’articolo 78 comma 2 del DPR 285/90″. 

“Oltre al danno di immagine subìto dalla città e da tutti i suoi cittadini a causa dell’incapacità di questi incompetenti subiremo pure la beffa di dover pagare tutti noi, con i soldi delle casse del Comune, 3mila euro di spese di giudizio per essere amministrati da gente incapace pure di amministrare il telecomando a casa propria, figuriamoci le nostre vite. L’aspetto forse più grave però, del quale nessuno sembra comprenderne la gravità, – concludono Salone e Zazzaro – è che questo modus operandi è utilizzato quotidianamente da questi incapaci, che gestiscono loschi affari alla ex stazione, all’Avir, al porto turistico, al centro commerciale, con le spiagge, i parcheggi, i soldi agli amici sottoforma di contributi, gli appalti del verde, dell’immondizia. Aver sperato o creduto in loro è stato un errore – concludono – perseverare sarebbe diabolico, almeno quanto l’arroganza della loro devastazione”.



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