PECULATO AL GIUDICE DI PACE DI LATINA: CONDANNATO L’EX DIPENDENTE

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Peculato al Giudice di Pace: arriva una condanna per Dario Pace l’ex dipendente dell’ufficio di Latina a dieci anni dai fatti

Dario Pace, 57enne di Aprilia, nel corso dell’interrogatorio di garanzia, aveva confessato tutto, sostenendo di aver intascato il denaro destinato alle marche da bollo, a lui consegnato da avvocati e utenti comuni, perché aveva bisogno di soldi.

Oggi, 5 giugno, il collegio del Tribunale di Latina presieduto dal giudice Gian Luca Soana ha emesso la sentenza a suo carico, dopo la requisitoria del pubblico ministero Giuseppe Miliano che aveva chiesto per l’uomo una condanna a 6 anni di reclusione. Alla fine, per Pace è arrivata una condanna a 3 anni, per fatti che avevano portato al suo arresto nel 2014.

Le indagini da parte delle Fiamme Gialle del Comando Provinciale di Latina erano iniziate a fine 2013, a seguito di notizie circa illeciti commessi da personale amministrativo dipendente dell’ufficio del giudice di pace di Latina.

Nel corso della complessa attività d’indagine (con tanto di video riprese), Pace era risultato riscuotere denaro contante in occasione della presentazione di richieste di copie di atti (per le quali è previsto il pagamento di un tributo) da parte di vari utenti sprovvisti di marche da bollo o contributi unificati, rassicurando gli stessi sul fatto che avrebbe poi provveduto lui stesso ad applicarle.

Contrariamente a quanto prospettato agli utenti di turno, il 57enne si era invece appropriato  indebitamente del denaro ricevuto, provvedendo poi a “riciclare” marche da bollo già utilizzate, con contestuale simulazione del loro nuovo annullamento.

Ciò spiegava il suo anomalo comportamento quando, nel ricevere il denaro contante, aveva il più delle volte richiesto un importo forfettario inferiore rispetto a quello realmente dovuto e, talvolta, superiore, richiedendo una cosiddetta “mancia” per il caffè o la colazione.

Le intercettazioni video avevano permesso di appurare come Pace in molte occasioni abbia rimosso valori bollati (marche e/o contributi unificati già annullati con strisce di pennarello nero)  da talune richieste di copia di atti per poi applicarle ad altre richieste, simulandone il contestuale e regolare annullamento mediante il prolungamento del tratto di pennarello nero fin sopra il foglio dove tali valori sono stati riapposti.

Sulla base delle risultanze dell’attività di indagine, era emerso come l’attività illecita fosse stata produttiva di cospicui profitti finanziari, in danno dell’erario in termini di mancato introito di tributi, nonché degli utenti ai quali lo stesso, riscuotendo (e tenendo per sé) denaro contante, assicurava di provvedere all’assolvimento di quanto previsto.

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