La disfida dell’Ordine degli Avvocati di Latina segna un altro capitolo: il Ministero della Giustizia chiede al Cnf un parere su una eventuale rinomina come commissario straordinario dell’avvocato Giacomo Mignano
Sembra un gioco dell’oca quello che sta avvenendo nelle dinamiche dell’Ordine degli Avvocati di Latina, una categoria che nell’ultimo anno ne ha viste di tutti i colori. Senza contare la pandemia che, però, come ovvio, ha inciso su tutti i lavoratori.
Dopo la pronuncia ultima del Tar che ha stabilito la nullità del commissariamento dell’Ordine (novembre 2019), e l’insediamento di un nuovo Consiglio con tanto di Presidente (novembre 2020), sono seguite le polemiche per il giallo delle sedi dell’Ordine ancora chiuse, ufficialmente, per ragioni sanitarie.
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Tuttavia, al netto di dimissioni, consiglieri non candidabili, ricorsi al Tar e al Consiglio di Stato, più le pronunce degli stessi (fai clic sui link di approfondimento), a tentare di districare il garbuglio è intervenuta anche la Direzione Generale del Ministero di Giustizia che, evidentemente, considera Latina come un caso. Anzi, il caso, poiché è difficile trovare una situazione in giro per l’Italia come quella che si vive nell’Ordine degli Avvocati di Latina da più di un anno a questa parte. Veleni incrociati e dispetti compresi, nonostante il commissariamento di Mignano avesse placato gli animi e soddisfatto, in larga parte, i togati pontini.
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Tanto per sintesi, ad oggi, c’è un Consiglio dell’Ordine, il cui Presidente è Umberto Giffenni, e i cui componenti, al 13 novembre scorso, sono/erano Maria Luisa Tomassini, Pierluigi Torelli, Maria Clementina Luccone, Denise Degni, Aurelio Cannatelli, Alessia Verdesca Zain, Marco Scarchilli, Maria Cristina Vernillo, Federica Pecorilli, Carlo Macci, Massimo Bellomo, Giuseppe Pesce, Stefania Caporilli e Chiara De Simone.
Questo nuovo Consiglio si è insediato successivamente alla pronuncia del Tar che il 9 novembre ha dichiarato nullo lo scioglimento del Consiglio (quello che si era dimesso, 11 su 15, lo scorso ottobre 2019) e il relativo commissariamento con la nomina di Giacomo Mignano che è decaduto. Un commissariamento, quello di Mignano, che durava, quindi, dallo scorso anno (da fine novembre 2019) quando si dimisero in 11 dal Consiglio dell’Ordine ufficialmente per le polemiche con la Presidente del Tribunale di Latina Caterina Chiaravalloti, criticata per la gestione delle nomine.
Ma attenzione ai numeri che torneranno utili per capire il ragionamento del Ministero e del Cnf (che ha scritto a Via Arenula). Si dimisero in 11, ma in realtà erano 6 poiché l’ex Presidente dell’Ordine Lauretti e altri quattro erano comunque ineleggibili in quanto avevano più mandati consecutivi in faretra.
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Per quanto riguardo il nuovo Consiglio (quello presieduto da Giffenni), il 15 novembre scorso, su richiesta del loro gruppo, il Movimento Forense, si sono dimessi, però, altri due consiglieri dell’Ordine costituito due giorni prima: si tratta di Stefania Caporilli e Chiara De Simone.
In tutto, quindi, per capire bene in un rompicapo francamente assurdo, sono “valide”, per Ministero e Cnf, otto dimissioni. Sei dell’anno scorso e 2 quest’anno, tutte riferibili al Consiglio dell’Ordine eletto a gennaio 2019 e non a quello attualmente insediato.
Sulla scorta di queste 8 dimissioni, il Direttore Generale “Affari Interni – Ordini Professionali e Albi” Giovanni Mimmo ha scritto di suo pugno, dopo la nota pervenuta il 20 novembre 2020 al Ministero di Giustizia dal Consiglio Nazionale Forense, ossia l’organo deputato a sbrogliare una matassa indigeribile anche agli amanti di rebus e puzzle.
Per il Ministero fa fede l’elezione del vecchio Consiglio, quello eletto il 25 gennaio 2019, che al netto dei cinque ineleggibili (Giovanni Lauretti, Antonella Ciccarese, Pietro De Angelis, Angelo Farau e Aldo Panico) ha visto su 15 componenti ben 8 dimettersi in un anno nell’arco temporale che è andato da ottobre 2019 a novembre 2020. E, sempre per il Ministero, la pronuncia recente del Tar è “una vicenda non sovrapponibile e determinata, allo stato, dalle dimissioni di otto consiglieri le cui elezioni non sono state oggetto di impugnazione“.
Ecco, allora, che da Via Arenula chiedono al Consiglio nazionale forense di “esprimere le proprie valutazioni sul punto, eventualmente formulando la proposta di scioglimento al fine di consentire al Ministero di porre in essere gli atti conseguenti; in tal caso, si prega, altresì, di esprimere un parere anche in ordine alla conferma, per ricoprire l’incarico di commissario straordinario, dell’avv. Mignano“.
Dunque, il Cnf dovrà esprimersi su una eventuale rinomina di Mignano, appena decaduto per via del Tar, in un gioco dell’oca che appare, in effetti, diabolico.
Inoltre, il Ministero sembra mettere anche una pietra tombale sul nuovo Consiglio dell’Ordine, quello insediatosi a novembre 2020 dopo la pronuncia del Tar. “Giova, peraltro, osservare – scrive la Direzione Affari generali del Ministero – che nel Consiglio forense di Latina all’assenza degli otto consiglieri in questione si aggiunge quella degli avvocati Giovanni Lauretti, Antonella Ciccarese, Pietro De Angelis, Angelo Farau ed Aldo Panico, dichiarati ineleggibili proprio nella citata pronuncia del Tribunale amministrativo (ndr: quella del 9 novembre 2020) e non ancora sostituiti, sicché allo stato il Consiglio territoriale non appare minimamente in grado di funzionare“.
“L’assenza del quorum costitutivo del Consiglio – continua la lettera del Direttore Generale Mimmo – impedisce allo stesso di riunirsi e di deliberare, anche al solo limitato fine di disporre lo scorrimento dei non eletti“.
Da ultimo, come non fosse già spinoso il groviglio, il medesimo Ministero chiosa: “In ogni caso, poi, anche a seguire il ragionamento del giudice amministrativo, secondo cui i cinque consiglieri predetti non hanno legittimamente rassegnato le dimissioni perché erano ineleggibili, se ne dovrebbe desumere che questi non hanno mai fatto effettivamente parte dell’organo consiliare — la ineleggibilità avrebbe efficacia ex tunc — e che il Consiglio era costituito fin dall’inizio da soli dieci componenti (ossia quelli validamente eletti), con la conseguenza che le dimissioni di sei consiglieri prima della sostituzione degli ineleggibili già determinasse il venir meno della maggioranza: e ciò a maggior ragione allo stato attuale, con le dimissioni rassegnate da altri due membri“.
Insomma, nonostante la giustizia amministrativa si sia espressa, quella del Ministero della Giustizia pare una “sentenza” parallela. La palla, ora, torna al Cnf che è di fronte a una scelta che, ne siamo certi, non genererà serenità a fronte degli ultimi accadimenti (le sedi dell’Ordine chiuse): rinominare Mignano, il quale, a sua volta, traghetti l’Ordine alle nuove elezioni.