OMICIDIO GIANNI, L’ALLENATORE FINITO CON 5 COLPI. IL TESTIMONE: “DI GIROLAMO CI CONFESSÒ IL DELITTO SOTTO CASA SUA”

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Marco Gianni
Marco Gianni

Omicidio di Borgo San Donato a Sabaudia, è iniziato davanti alla Corte d’Assise del Tribunale di Latina il processo al killer di Marco Gianni. È accusato di aver sparato e ucciso il 31enne allenatore di pallamano

Lo ha ucciso in poco più di 25 minuti: dalle 16,10 alle 16,36 del 13 aprile 2023. A testimoniare l’orario del delitto del 31enne Marco Gianni è stato uno dei due Carabinieri del Nucleo Investigativo che oggi è stato ascoltato davanti ai giudici che dovranno decidere sul destino giudiziario di Riccardo Di Girolamo che deve rispondere di omicidio aggravato dalla premeditazione e alterazione di arma comune da sparo..

È iniziato, infatti, davanti alla Corte d’Assise del Tribunale di Latina, presieduta dal giudice Gian Luca Soana, a latere il collega Paolo Romano, oltreché alla giuria popolare, il processo nei confronti del 34enne di Pontinia, Riccardo Di Girolamo, assistito dall’avvocato Fabrizio Cassoni. A Di Girolamo, detenuto e presente in aula scortato dagli agenti della Polizia Penitenziaria, il pubblico ministero Daria Monsurrò, che rappresenta l’accusa, contesta l’omicidio volontario e premeditato del 31enne allenatore di pallamano Marco Gianni avvenuto lo scorso 13 aprile 2023 a Sabaudia, nel vivaio di famiglia della vittima in via del Villaggio.

Di Girolamo è stato rinviato a giudizio lo scorso 17 maggio dopo che il giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Latina, Giuseppe Molfese, ha respinto la richiesta di essere processato con il rito abbreviato. Secondo la legge Cartabia, infatti, un omicidio volontario e premeditato non è un reato che può essere contestato in sede di udienza preliminare, ma è necessario che sia una Corte d’Assise, con tanto di giuria popolare, a giudicare l’accusato, in questo caso Di Girolamo. Presenti come parti civili nel processo iniziato oggi anche la famiglia di Marco Gianni, difesa dall’avvocato Giamila Dezio, e la compagna di Gianni, Giada Roscioli, ex moglie del killer, assistita dall’avvocato Stefano Ciapanna.

Riccardo Di Girolamo
Riccardo Di Girolamo

Dopo il suo fermo, davanti al Giudice per le indagini preliminari, Giuseppe Cario, il 34enne di Pontinia aveva ammesso di aver sparato contro Marco Gianni. Di Girolamo aveva scelto di rispondere alle domande del Giudice per le indagini preliminari, contrariamente al suo rifiuto di rispondere ai quesiti dei Carabinieri del Nucleo Investigativo di Latina, guidati dal tenente colonnello Antonio De Lise, dopo che l’avevano arrestato. L’uomo aveva spiegato di avere sparato a Gianni dentro l’azienda florovivaistica di Borgo San Donato di proprietà della vittima senza chiarire il perché del gesto. Al Gip, Di Girolamo aveva detto anche di essersi pentito ma di non aver perso la ragione in quanto tra lui e la sua ex era ed è in corso un contenzioso sul mantenimento dei due figli. Secondo gli inquirenti, Di Girolamo ha ucciso Gianni per motivi di gelosia, in quanto quest’ultimo era fidanzato con la sua ex, dalla quale ha avuto i due bambini.

L’ipotesi investigativa dei Carabinieri di Latina è che Di Girolamo, avendo avuto in passato altre diatribe con Gianni e la sua ex, aveva maturato livore nei confronti della coppia. Da questo sentimento, sarebbe nato l’omicidio. Non sono state trovate, ad ogni modo, denunce per eventuali minacce patite da Gianni e dalla compagna nel passato, sebbene quest’ultima fosse stata picchiata più volte durante la loro relazione (Di Girolamo sarebbe diventato più violento dopo l’assunzione di alcol e altre sostanze stupefacenti tanto da essere seguito al Sert). Per di più, la vittima e Di Girolamo si conoscevano e si può dire che fossero amici, almeno fino alla relazione di Gianni con la ex.

La tesi dei Carabinieri è stata confermata oggi dai due investigatori dell’Arma che oggi sono stati escussi. Il giorno dell’omicidio, Gianni fu trovato in una pozza di sangue, dopo che i Carabinieri furono avvertiti da due telefonate pervenute al 112. Uno dei due militari, il luogotenente Ludovico Iagnocco, all’epoca dei fatto in servizio presso il Nucleo Investigativo di Latina, ha ricordato che un testimone spiegò che Di Girolamo gli aveva detto di avere ucciso Marco Gianni poco prima. Dopodiché, i Carabinieri si portarono presso l’abitazione del medesimo Di Girolamo che, immediatamente, arrivato a bordo della sua Fiat 500, confessò il delitto agli uomini dell’Arma.

A casa del killer, i Carabinieri rinvennero tre fucili nell’armadio e un pugnale, mentre dentro l’auto un altro fucile a canne mozze carico e una cartucciera piena di cartucce inutilizzate. A casa di Di Girolamo, i militari procedettero allo Stub (l’esame-tampone che serve a rivelare i residui lasciati da un colpo d’arma da fuoco sul corpo e sui vestiti di una persona) nei confronti dell’omicida.

Successivamente, Di Girolamo fu portato in caserma. Secondo i Carabinieri che hanno testimoniato, l’uomo, dopo l’omicidio, sarebbe tornato in un primo momento a casa dove si sarebbe cambiato e avrebbe poggiato nell’armadio il fucile con cui aveva sparato.
“Abbiamo accertato la presenza di Di Girolamo presso il vivaio tramite la telecamera che si trova sulla Migliara. Di Girolamo passa con l’auto alle 16,10 e va via alle 16,36”. Il killer fu intercettato anche in carcere dopo l’arresto e, in due distinte circostanze, a colloquio con genitori e sorella, espresse la sua preoccupazione di altre armi che teneva nel garage di casa, oltreché ad ammettere del suo gesto, spiegando che in carcere, visto il reato commesso, tutti erano spaventati.

Eppure, secondo quanto dichiarato dai Carabinieri, l’omicidio di Marco Gianni avrebbe avuto le basi in messaggi inviati, già dal 2021, dallo stesso imputato nei confronti della vittima. Il 34enne, secondo quanto scriveva Gianni a tre diverse persone, tra cui la compagna Giada, aveva più volte minacciato l’allenatore di pallamano. “Mi ha detto che se mi vede per strada mi tanto male”, scriveva Gianni alla compagna. “Mi dà fastidio, sono sei mesi che mi minaccia. Andrà solo a merda, mi ha detto”. In un’altra circostanza, lo stesso Gianni racconta ad un’amica che Di Girolamo si era presentato al suo cospetto con una mazza in pugno e minacciandolo di morte. Inoltre, il killer, che avrebbe dovuto vedersi da un avvocato con la ex proprio l’anno scorso per mettere a punto la separazione, chiese alla Roscioli di posticipare l’appuntamento per il 14 aprile, ossia il giorno che si rivelerà come quello successivo all’omicidio.

Una giornata, quella del 13 aprile di un anno fa, in cui i Carabinieri trovarono il cadavere di Gianni nel vivaio di Borgo San Donato: vicino a lui 4 bossoli calibro 12 del fucile da caccia, a un paio di metri dal cadavere.

È stato invece il medico legale Fabio Guidato dell’università Tor Vergata a descrivere la scena del delitto. La testimonianza ha preceduto quella del consulente informatico che ha estratto dai cellulari di vittima e carnefice i messaggi che sono finiti negli atti d’indagine.

Il medico legale ha eseguito l’esame autoptico e realizzato il sopralluogo, spiegando che sul corpo di Gianni c’erano diversi fori da arma da fuoco. Furono cinque colpi su torace, addome e tempia: i primi due a media distanza tra i 3 e i 5 metri; i successivi tre colpi tra i 150 e i 200 centimetri, a distanza ravvicinata, arrivati dall’alto verso il basso. Gianni, dopo i primi due pallettoni sparati dal fucile da caccia, era ancora vivo. Fu finito con gli altri colpi, uno dei quali raggiunse la tempia e si rivelò fatale.

Il processo riprenderà il prossimo 9 luglio: in programma l’escussione di tutti i testimoni dell’accusa, più le testimonianze del fratello di Gianni e della compagna e parte civile Giada Roscioli.

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