Si è svolta questa mattina, 2 ottobre, presso il Tribunale di Velletri, la parte finale della requisitoria dei Pubblici Ministeri Giovanni Musarò e Giovanna Fini del processo denominato Tritone, davanti al collegio presieduto dal giudice Silvia Artusi. 22 gli imputati accusati a vario titolo di associazione mafiosa, associazione finalizzata at traffico internazionale di sostanze stupefacenti aggravata dal metodo mafioso, cessione e detenzione ai fini di spaccio, estorsione aggravata e detenzione illegale di arma da fuoco, fittizia intestazione di beni e attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti aggravato dal metodo mafioso.. L’inchiesta di Direzione Distrettuale Antimafia e Carabinieri di Roma denominata “Tritone”, sfociata negli arresti del febbraio 2022, ha portato, come noto, lo scioglimento per infiltrazione mafiosa dei comuni di Anzio e Nettuno.
Di seguire tutte le condanne richieste dal pubblico ministero per i 22 imputati.
Giacomo Madaffari 30 anni; Davide Perronace 24 anni; Luca Albarello 10 anni e 8 mesi; Nicola Chiriacò 4 anni e 6 mesi; Carmine Dell’Unto 3 anni e 3 mesi; Francesco Fiorino 4 anni e 6 mesi; Alessandro Glorioso 14 anni e 3 mesi; Manuel Gubitosi 4 anni; Angel Rostov Cotov 20 anni e 3 mesi; Claudio Lucifero 19 anni; Bruno Madaffari 19 anni; Alfonso Manera 19 anni; Simone Massida 4 anni e 6 mesi; Stefano Nardi 2 anni e 6 mesi; Casimiro Navarro 8 anni; Gabriele Perronace 15 anni; Elia Rillo 14 anni; Marco Rondinara 4 anni; Nicola Salvo 7 anni e 6 mesi; Mario Tedesco 8 anni; Fabrizio De Velis 3 anni.
I comuni di Anzio e Nettuno, rappresentati dall’avvocato Massimiliano De Benedetti, hanno chiesto un risarcimento da 5 milioni di euro ed una provvisionale di almeno 500 mila euro.
Nella precedente udienza, il pubblico ministero Giovanni Musarò si era intrattenuto, nel corso della sua requisitoria, anche sui rapporti tra la ‘ndrina di Anzio-Nettuno e la politica. “Madaffari e Perronace sono elementi di vertice dell’organizzazione che hanno una rilevante “dote della società maggiore”, cioè possono intrattenere rapporti con la pubblica amministrazione e con gli apparati investigativi”.
“Peronace è il soggetto centrale che ha rapporti con la pubblica amministrazione ma soprattutto con ambienti istituzionali investigativi, quindi sicuramente fa parte della società Maggiore. Rappresentato nei rapporti con la pubblica amministrazione dal figlio. Il cui ruolo in quel momento storico viene accresciuto dal fatto che il padre è ai domiciliari in un momento importante per un’organizzazione che fa infiltrazione nella pubblica amministrazione, nel momento atteso da cinque anni, quello delle elezioni. Lui firma la lista per il sindaco Candido De Angelis, ma soprattutto consente al padre che ha i domiciliari di mantenere i rapporti con i candidati”.
“È dimostrato – aveva spiegato il pm Musarò – che Perronace ricopre un ruolo nevralgico nei settori più importanti dell’associazione mafiosa innanzitutto nei rapporti con la pubblica amministrazione, è inutile ricordare che nella casa di Perronace, nel momento in cui lui era agli arresti domiciliari abbiamo intercettato due assessori: Ranucci e Di Carlo è un consigliere di maggioranza presidente di commissione cioè Lauri non è superfluo di ricordare che c’è una conversazione in cui Perronace racconta che mentre era ai domiciliari ha fatto una sorta di Consiglio comunale indicando tutti i partecipanti e facendo riferimento anche all’intervento dei Carabinieri, che poi non hanno fatto nulla, e utile anche ricordare che Perronace aveva il potere di convocare il sindaco all’interno di quella abitazione, aveva il potere di decidere chi doveva fare l’assessore all’ambiente e ha imposto il suo amico Gualtiero, è importante ricordare che lui aveva voce in capitolo nella scelta del candidato sindaco al comune di Anzio per il 2023 come abbiamo dimostrato e si imponeva nel settore dei lavori pubblici con metodo mafioso”.
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