MOVIDA, SPACCIO E LA MORTE OSCURA DI POZZI: “A PONZA C’È LA CAMORRA”

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Gianmarco Pozzi
Gianmarco Pozzi

Lo spaccio sull’isola lunata emerso dall’indagine sul buttafuori Gianmarco Pozzi, detto Gimmy, avvenuta il 9 agosto 2020. E tra le pieghe dell’inchiesta anti-droga, l’ombra della morte violenta

Una storia che si dipana da una morte oscura, che ancora non ha trovato la sua verità e che continua ad essere indagata dalla Procura di Cassino e dai Carabinieri di Formia. Eppure, nelle pieghe di un fatto tremendo che ha visto la dipartita di un giovane di 28 anni, ex campione di kickboxing, trovato riverso in un’intercapedine tra due abitazioni nei pressi di un vigneto in località Santa Maria, si staglia un ambiente fatto di movida, divertimento sfrenato, sudore e tanta droga venduta e consumata sulla più grande delle isole pontine: Ponza.

Stazione-Carabinieri-Ponza
Stazione Carabinieri a Ponza

Non la prima volta che sull’isola ci sono indagini di droga. Da anni l’attività e lo smercio di cocaina e hashish è fiorente. Recentemente, a febbraio 2021 sono stati eseguiti sequestri e misure restrittive nei confronti di 4 soggetti, tra cui tre campani e un locale; un po’ prima, a luglio 2020, nelle pieghe della maxi inchiesta “Touch and Go”, che svelò il gruppo legato alla camorra che imperversava a Scauri, Minturno, Formia e Gaeta, anche lo smercio che finiva direttamente a Ponza.

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Ma quella che affiora adesso non è la solita vicenda di pusher che acquistano da pesci più grandi, per poi rivendere a piccoli spacciatori che vendono a loro volta a vari consumatori finali, c’è di più. E c’è di più perché a fare da sfondo alle cessioni di droga si incastona, per l’appunto, la morte del buttafuori di Frascati “Gimmy” Pozzi che lavorava presso il noto locale “Blue Moon”, negli ultimi due anni protagonista di una scia di sequestri e dissequestri in ragione di contestati abusivismi di varia natura.

E che la morte di Pozzi non potesse essere derubricata come una semplice caduta, i Carabinieri di Formia, che hanno eseguito gli arresti odierni richieste dalla Procura di Cassino, lo sanno sin da subito. Da quando, cioè, nelle immediate ore dopo la tragica dipartita di Pozzi, i militari dell’Arma rinvengono, presso l’abitazione di Via Staglio, occupata dal giovane buttafuori romano nell’estate del 2020 insieme al collega e amico Alessio Lauteri (posto agli arresti domiciliari per spaccio in ragione dell’ordinanza emessa dal Gip di Cassino) e ad altri due coinquilini (estranei all’indagine), “alcune bustine di cellophane contenenti residui di polvere bianca molto probabilmente cocaina“.

Inoltre, così come annotano gli investigatori, “nel corso dell’ispezione cadaverica sulla salma di Pozzi, un sacchetto in plastica di colore azzurro contenente 4 mozziconi di sigarette, un frammento di un pacchetto di colore nero recante la seguente scritta “Ultra Thin Paper Natural Arab”, due frammenti di carta scottex e un cellophane di colore giallo di piccole dimensioni”. E in ultimo uno scontrino fiscale relativo all’acquisto di mannite, ossia la sostanza che serve per tagliare la cocaina e renderla ancora più remunerativa.

Di questo i Carabinieri e la Procura sono convinti, tanto è che contestano al 29enne romano del Laurentino 38, Alessio Lauteri, lo spaccio in concorso proprio con Gianmarco Pozzi il quale, da defunto, ovviamente, non deve risponderne. A Lauteri che, dopo la morte di Pozzi, verrà intercettato e seguito con attenzione dagli investigatori, vengono contestati approvvigionamenti di droga e cessioni non solo a Ponza ma anche nel quartiere popolare del Laurentino 38, in particolare nell’area di Via Melville. Un’attività che è proseguita senza soluzione di continuità anche quando il 9 agosto 2020 il suo amico e collega di una vita, Pozzi, morì e fu trovato praticamente sfracellato sulle rocce dell’isola lunata.

Ponza

Insieme a Lauteri, sono accusati spaccio anche l’amico romano di quest’ultimo, Antonino Iaria (28 anni), sottoposto agli arresti domiciliari. Dal filo dello spaccio romano che arrivava sull’isola di Ponza o si fermava al Laurentino 38 (Lauteri si vanta al telefono con un cliente dicendo che “alziamo 5.000 euro a sera“), i Carabinieri ricostruiscono i vari episodi, molti dei quali portano tutti nelle notti calde della movida di Ponza. A essere indagati, infatti, i fratelli napoletani Ciro e Angelo Monetti, ritenuti i fornitori diretti o indiretti di altri piccoli spacciatori di Ponza, tra cui i coinvolti nell’operazione dei Carabinieri: Manuel Morgia, Marco Brinchi e Antonio Piscopo (per tutti e tre gli obblighi di firma disposti dal Giudice per le indagini preliminari cassinate Di Croce). Sono proprio i Monetti, che per gli investigatori hanno agganci anche con la criminalità del napoletano, a esplicitare i loro propositi verso chi non pagava la merce, in questo caso in riferimento a un soggetto a cui avrebbero venduto un chilo di hashish: “A Nazareno pure gli ho mandato un messaggio…vengo sopra Ponza e ti giuro sul tumore di mia figlia…che ti butto da sopra la montagna a giù! Mandami i 350″.

Ultimo ma non ultimo per l’importanza dell’indagine, il titolare del Blue Moon, storico locale delle notti estive di Ponza, Vincenzo Pesce, formiano di nascita ma isolano per vita e interessi (il padre è l’ex Comandante dei Vigili Urbani di Ponza), ristretto ai domiciliari.

“Già prima del mio arrivo a Ponza – ha detto agli inquirenti la sorella di Pozzi, Martina, – ho sentito tante voci su quello che sarebbe potuto accadere. Tra le varie voci ve ne è una secondo la quale Gianmarco avrebbe litigato, al termine del lavoro al BLUE MOON, verso le 03.00 – 04.30 del mattino di domenica, con delle persone segnalatemi essere o siciliane o napoletane, le quali cercavano informazioni da Gianmarco. Ho chiesto riscontro a Lauteri di questo, ma ha detto di non saperne niente”.

Questo è l’ambientino che si respirava sull’isola di Ponza dopo la morte di Pozzi: voci che si accavallavano e una certezza. Infatti, a quanto pare dalle carte, era notorio che il 28enne buttafuori insieme a Lauteri, anche su richiesta del titolare del Blue Moon, Pesce, spacciasse. Uno spaccio, spesso di non grande qualità con la cocaina tagliata sempre di più per aumentare i profitti (persone che si lamentano di aver avuto il mal di testa per giorni interi dopo aver assunto la droga), distribuito al dettaglio attraverso i gommoni che evitavano i controlli nel mare trafficato della canicola estiva isolana. Per di più, il 47enne Alessio Piscopo, tra i destinatari delle misure del Gip di Cassino, rivela un altro aspetto, intercettato dagli investigatori dell’Arma, sostenendo che Pesce avesse problemi di debiti, per una somma tra i 40mila e i 50mila euro: “Quello – riferendosi a Pesce – lo uccidono proprio…lo fanno fuori“.

A dare manforte agli investigatori, non ci sono solo un mare di intercettazioni e attività tecniche eseguite dal N.O.RM. – Sezione Operativa della Compagnia Carabinieri di Formia, ma anche un episodio raccontato da un testimone di prim’ordine come il padre dello scomparso 28enne e riscontrato dai militari.

Il 6 agosto 2020, tre giorni prima di morire, Pozzi e Lauteri, su richiesta di Pesce, si sono recati a Roma per approvvigionarsi di droga presso “Le Blonde”, al secolo Robert Paulin, già coinvolto e arrestato in un’operazione anti-droga – insieme, tra gli altri, a un esponente del Clan Spada – qualche anno fa in merito a uno smercio che dalla Spagna arrivava direttamente a Ostia.

D’altra parte, è stato lo stesso gestore del Blue Moon, nel corso di un’intervista rilasciata ad un giornalista della trasmissione televisiva “Le Iene”, a confermare di avere ricevuto dal Pozzi 70 grammi di cocaina per i quali aveva pagato 2.700,00 euro, da lui poi rivenduti a 5.000 euro: “Ha portato 70 grammi a me…Gianmarco la diede a me. Io gli pagai 2.700 euro in contanti, lui me la diede, io la portai a un’altra persona”. Una versione confermata anche dalla sorella di Pozzi, intercettata dai Carabinieri, mentre parla con tre amici del fratello scomparso: “Mio fratello spingeva per Vincenzo, e questo lo sapete tutti“.

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Blue Moon, Ponza

Lo scrivono a chiare lettere gli inquirenti. “L’attività di ascolto consentiva di disvelare non solo l’esistenza e le dimensioni del mercato delle sostanze stupefacenti a Ponza, ma anche l’operatività al suo interno, oltre al defunto Pozzi, degli odierni indagati, le relazioni di questi ultimi con clienti e fornitori e le modalità di approvvigionamento e trasporto delle droghe tra Ponza, Roma e Napoli“.

Sempre nel corso della trasmissione “Le Iene”, utilizzata anche a fini investigativi dai Carabinieri, il pusher Lauteri accenna alle attività illecite che sarebbero state poste in essere da Vincenzo Pesce del “Blue Moon”: “Ma io l’ho dichiarato subito ai Carabinieri che noi non c’entravamo niente con il giro di Ponza, di droga, di lui”. Successivamente, Lauteri, pressato dalla giornalista che gli chiede se il giro di spaccio di Pesce fosse ancora attivo la scorsa estate, evita di rispondere direttamente, ma lascia intendere di sì dall’espressione del volto e in particolare dagli occhi: “Bella domanda! Bella domanda! Gli occhi dicono tutto, no? Bella domanda!”. Parrebbe quindi che il titolare del Blue Moon fosse attivo non solo nel mondo del divertimento a colpi di disco-dance, a tal punto che, in una delle testimonianze rese agli investigatori, c’è qualcuno che profila un litigio di Pozzi, a poche ore dalla morte, con un personaggio che si sarebbe trovato in debito con Pesce: Marco Brinchi, sottoposto agli obblighi di firma.

Un’attività, quello dello spaccio, che vede Lauteri e un debitore di droga dello stesso Lauteri e di Pozzi, quando era in vita, pensare alla possibilità di dare i soldi alla famiglia del defunto. Una circostanza poi abortita per il timore di essere scoperti dai Carabinieri e ammettere l’attività di smercio di cocaina.

Per la Procura e il Gip che ha confermato in toto l’impianto accusatorio, lo scenario dell’isola lunata è chiaro tra droga e movida. E seppure risulta delicato menzionare Pozzi, in quanto defunto tragicamente e oscuramente, la pista della droga non può essere tralasciata. C’è persino una testimonianza di un acquirente di droga che racconta praticamente le ore prima che Gimmy morisse poiché è con tutta probabilità l’ultimo ad averlo visto: “Il giorno prima della morte di Gianmarco, mi sono scambiato dei messaggi con lui propedeutici all’acquisto di cocaina. La notte prima della morte di Gianmarco, ricordo di averlo contattato anche telefonicamente intorno alle ore 04.00 per metterci d’accordo sulle modalità di acquisto. Mi vidi con lui vicino al Forno che è sito in località S. Maria di Ponza. In particolare ci mettemmo in corrispondenza delle scalette, Gianmarco mi voleva dare 1 grammo di cocaina, ma io gli specificai che ne volevo prendere 5 di grammi. In tale frangente ricordo che Gianmarco vestiva pantaloni di colore nero ed una camicia bianca, era molto sudato ed agitato e si guardava intorno, dicendo più volte “La finanza… la finanza”. Quindi spiegai a Gianmarco che mi occorrevano 5 grammi, lui contattò telefonicamente qualcuno e dopo poco venne un ragazzo pelato di nome Alessio, suo amico a cui Gianmarco diede l’incarto contenente 1 grammo di cocaina”.

Gianmarco Pozzi
Gianmarco Pozzi

“Alessio si allontanò, mentre Gianmarco rimase con me e concordammo il prezzo della compravendita. Dapprima Gianmarco voleva 400 euro, io gli proposi di scendere a 800 dei quali 250 euro subito e 50 euro l’indomani. Gianmarco fu d’accordo e poco dopo ritornò Alessio con un nuovo involucro a loro dire contenente 5 grammi. Diedi quindi 1 250 euro a Gianmarco, ma non ricordo dove li mise se in tasca o altrove. Ci salutammo regolarmente ed io tornai a casa. Pesai anche la sostanza e ricordo che era 4 grammi, invece che 5. Verso le 10.00 del mattino mandai anche un messaggio whatsapp a Gianmarco dicendogli che la sostanza era meno di quanto pattuito, ma ricordo che sul telefono mi uscì solo una spunta, attestante l’invio del messaggio, ma non l’apertura del messaggio o la consegna. Non diedi ulteriore peso alla cosa fino alla sera verso le 20.30 quando da un amico appresi che Gianmarco era morto“.

E ad avallare la tesi per cui la morte di Pozzi non può essere un accidenti del destino, c’è sempre un amico, peraltro lavoratore sull’isola, che nella conversazione con la sorella del defunto e altri due ragazzi, è sicuro: “Quando stavo a casa da solo mi chiudevo dentro, perché secondo me c’era un orco su Ponza, ho detto prima che faccio una finaccia…mi devo stare zitto, perché su Ponza, tuo fratello era cascato per tutti per Ponza, il giorno, il giorno dopo il 10, ah no sicuramente gli hanno dato una picconata, una zappata, una accettata“. E sempre lo stesso amico: “C’è la camorra a Ponza, a Ponza non potevo fare niente c’è la camorra…io gli ho detto – riferendosi a quanto raccontato dai Carabinieri che lo hanno ascoltato a sommarie informazioni la morte di Gianmarco lega sulla droga“. Al che la sorella di Pozzi in un’altra conversazione afferma: “Ok, però parliamoci chiaro che mio fratello l’hanno fatto fuori“.






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