Perquisito nella sua abitazione, Alessandro Zof, imputato nel processo “Reset”, ha subito un aggravamento della misura cautelare
Si discuterà il prossimo 2 dicembre, dinanzi alla Corte d’Appello capitolina, l’appello cautelare proposta da Alessandro Zof, assistito dagli avvocati Alessia Vita e Marco Lucentini, contro l’aggravamento della misura che ha rispedito nel carcere il 40enne di Latina.
Fino alla fine di ottobre scorso, Zof era ristretto ai domiciliari sia per l’indagine che contesta le intimidazioni sul lungomare di Latina in ragione del businness dei chioschi, sia per la misura cautelare scaturita dall’indagine denominata “Reset”, per cui è in corso il processo a Latina. Di recente, Zof, 40enne di Latina, più volte coinvolto in inchieste della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, si era presentato anche fisicamente nel processo “Reset”, nel quale al clan Travali/Di Silvio, di cui lui sarebbe stato affiliato, viene contestata l’associazione mafiosa.
A fine ottobre, però, il III collegio del Tribunale di Latina, presieduto dal giudice Mario La Rosa, su richiesta dei sostituti procuratori della DDA di Roma, Luigia Spinelli e Francesco Gualtieri, ha accolto la proposta di aggravamento della misura cautelare, ordinando la carcerazione del figlio del “Topo Bestia”.
L’aggravamento era scaturito da una perquisizione avvenuta presso il domicilio di Zof a Latina lo scorso giovedì 10 ottobre. A eseguire la perquisizione sono stati gli agenti della Squadra Mobile di Latina, guidati dal vice questore Guglielmo Battisti. Gli investigatori si sono presentati a casa di Zof in cerca di armi, in particolare di una pistola, dopodiché hanno ritenuto che il 40enne, nel corso della perquisizione, si sarebbe liberato di sostanza stupefacente.
Per tale ragione, la DDA ha ritenuto opportuno chiedere l’aggravamento della misura per Zof non solo al Tribunale di Latina dove si celebra il processo “Reset”, ma anche al giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Roma, Maddalena Cipriani, la quale lo scorso 20 novembre ha celebrato il primo round per l’inchiesta sui chioschi, in cui sono indagati anche il padre e il fratello di Alessandro Zof, Maurizio e Fabio. Due giorni fa, la DDA ha deposito in udienza preliminare l’inchiesta “Assedio”, l’indagine che contesta alla cosca Forniti di Aprilia l’associazione mafiosa e che, soprattutto, ha terremotato l’amministrazione comunale di Lanfranco Principi.
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Tornando all’aggravamento della misura di Alessandro Zof, a differenza del Tribunale di Latina, il Gup capitolino ha, però, negato la restrizione in carcere, ritenendo che non vi fossero elementi validi. Ecco perché il ricorso alla Corte d’Appello di Roma presentato dai legali di Zof, Alessia Vita e Marco Lucentini, che si discuterà il prossimo 2 dicembre, punta a chiedere l’annullamento della misura del Tribunale pontino venerdì 18 ottobre.
Al contempo, il giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Roma, Maddalena Cipriani, che deve giudicare gli Zof sul caso delle intimidazioni mafiose per i chioschi sul lungomare di Latina, ha accolto l’istanza dell’avvocato Vita, revocando la misura degli arresti domiciliari a carico di Maurizio Zof, conosciuto da tutti, a Latina, come il “Topo Bestia”, in quanto per anni ha gestito il primo chiosco sul litorale del capoluogo denominato “Topo Beach”. È proprio dalla decadenza della sua gestione che, secondo la DDA e la Squadra Mobile, sarebbero iniziate tutta una serie di intimidazioni, anche a mezzo Facebook, contro chiunque avrebbe avuto mire sul primo chiosco. Ad ogni modo, il 70enne Zof, da due giorni, è libero.
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