Il mercato del lavoro nella Regione Lazio è in graduale ripresa e segna un +2,4%, lo sostiene un rapporto di Uil Lazio
La crescita occupazionale riguarda soprattutto l’edilizia che rispetto al 2021 ha registrato un incremento di 11 mila assunzioni e il settore terziario. È ciò che che emerge da un studio commissionato dalla Uil del Lazio, realizzato dall’Istituto di ricerca Eures.
Bene le province di Latina e Frosinone dove l’incremento dei posti di lavoro riguarda il comparto dell’industria e dell’agricoltura. In generale gli occupati sono 62 mila in più rispetto al 2020, ma 12 mila in meno rispetto al 2019. In ripresa anche il PIL, +5,8% sul primo semestre del 2021, e le esportazioni che sono cresciute di quasi il 13%.
A fare da traino è sempre la Capitale dove si concentra per oltre l’80% la crescita delle assunzioni nel Lazio con l’occupazione femminile che – rispetto al periodo pre-pandemia – fa segnare un incremento di circa 32 mila unità. Ma se l’occupazione registra una ripresa, dal punto di vista qualitativo la situazione rimane pressoché invariata.
Un incremento occupazionale nel 2022 che va di pari passo con una netta contrazione del numero dei disoccupati, diminuiti del 22,7 % rispetto al 2021. Un dato, però, che deve fare i conti con il numero crescente di giovani che decidono di trasferirsi fuori regione. Oltre 14 mila soltanto nel 2020.
Lo scorso anno gli occupati a Latina e provincia hanno raggiunto le 209.800 unità (il 9% del totale regionale), risultato in crescita dell’1,8% rispetto al 2021, quando erano stati 206mila. “Praticamente – dichiara Luigi Garullo, segretario generale Uil Latina – abbiamo registrato 3.800 occupati in più rispetto al 2021. Un dato positivo, frutto del superamento delle restrizioni dovute alla pandemia, che aveva fatto precipitare le persone occupate nel 2020 a circa 202mila”.
Amari i dati sui contratti a tempo. “È qui appaiono crepe vistose soltanto il 18,7% (9.179 in valori assoluti) dei 49.032 contratti avviati nel 2022 ha avuto carattere stabile, (tempo indeterminato e apprendistato), la restante quota, pari a 39.853 attivazioni, ha rappresentato forme di occupazione precaria, di cui il 49,8% a termine, il 19,4% stagionale, l’8,6% in somministrazione e il 3,4% intermittente”.
“Inquieta e necessita di risposte decise e concrete da parte di tutte le istituzioni la sempre più spiccata tendenza alla precarizzazione del lavoro perché è una piaga che attanaglia il mercato del lavoro. Non si può più tollerare – conclude Garullo – che sul precariato e quindi sulle spalle di tante persone si possa basare il modello di produzione, che ha portato a condizioni di vita inaccettabili soprattutto per i giovani”.