Arresti domiciliari per Giuseppe Paparo, l’imprenditore di San Giorgio a Cremano, conosciuto come l’Emiro del Vesuvio, coinvolto anni fa in un’altra operazione che coinvolse il sud pontino
I militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Napoli, coordinati dalla Procura della Repubblica di Nola, hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare applicativa degli arresti domiciliari emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Nola nei confronti del noto imprenditore di San Giorgio a Cremano operante nel settore della commercializzazione di prodotti energetici. Contestualmente, i militari hanno proceduto al sequestro preventivo finalizzato alla confisca di beni del valore di quasi 10 milioni di euro.
Tra i beni sequestrati vi sono anche numerosi veicoli di lusso. In particolare, le Forze dell’Ordine hanno rinvenute: 4 auto Ferrari (Ferrari FL31 decappotabile anno 2007, Ferrari FL16, anno 1998, Ferrari FL 52 Coupè, anno 2015, Ferrari FL 100, anno 1987); 2 auto Porsche (Porsche 997 turbo, anno 2009, Porsche 982 CB12, anno 2017), 1 Mercedes classe A, anno 2019, 1 Audi Q8, anno 2020, 1 Fiat 500 “Topolino”, anno 1954, 1 Triumph “Spitfire”, anno 1977, 1 Peugeot 208, anno 2016, 1 Mercedes Classe E, anno 2012, nonché 70 motocicli d’epoca (31 lambrette d’epoca e 39 vespe piaggio e ciclomotori d’epoca). L’attività investigativa ha consentito di accertare una maxi evasione fiscale posta in essere dalla PA.GI. Carburanti S.r.l., società operante nel settore del commercio all’ingrosso di prodotti petroliferi, la quale, per diversi anni di esercizio, ha dichiarato costi fittizi per oltre 44 milioni di euro evadendo in tal modo l’Imposta sul Valore Aggiunto per circa 10 milioni di euro.
Più di dodici anni fa, nel 2008, la PA.Gi Carburanti e la la Pa.Gi. Trasporti Srl, secondo Guardia di Finanza e DDA di Napoli, furono al centro di una frode: attraverso numerose consegne illecite, le società, di cui Paparo era amministratore, erano riuscite a mettere in piedi un vero e proprio commercio parallelo di gasolio di contrabbando.
All’epoca furono sequestrate 5 società operanti nel commercio all’ingrosso di prodotti petroliferi – i sigilli scattarono anche alla Fantasia Petroli in via Forte Emilio Savio a Gaeta – , 750mila litri di gasolio, 25 autobotti, 74 cisterne, 30 colonnine contraffatte e 92 pistole erogatrici per un valore complessivo di 30 milioni di euro. Sotto sequestro anche 11 distributori stradali di Napoli, della provincia partenopea, dell’avellinese, del casertano, del salernitano e di Latina. Anche allora a Paparo furono sequestrate alcune auto di lusso tra cui due Ferrari, una Mercedes e una Bmw di grossa cilindrata ritenute dagli investigatori il rivestimento dei profitti ottenuti illecitamente.
Tornando all’oggi, secondo la ricostruzione operata dagli specialisti del II Gruppo Tutela Entrate del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Napoli sotto la direzione della Procura della Repubblica di Nola, la società si sarebbe collocata al centro di un numerosissimo gruppo di imprese fantasma dislocate sull’intero territorio nazionale, la cui finalità era quella di consentire, tra l’altro, alla PA.GI. carburanti di evadere sistematicamente, e per diversi milioni di euro, le imposte derivanti dagli acquisti dei prodotti petroliferi. Secondo i finanzieri, il titolare della Pa.Gi., dominus della frode Iva, data la sua pluriennale esperienza nel campo del commercio di prodotti petroliferi ha impiegato, sistematicamente, nel corso del tempo, società diverse facenti capo a soggetti compiacenti per attuare le sue finalità illecite e frodare il fisco per somme rilevantissime.
Nella veste di amministratore unico della Pa.Gi. Carburanti S.r.l. ha ricevuto, annotato in contabilità ed indicato in dichiarazione gli importi relativi alle fatture emesse dalle società cartiere (circa 50 nell’ultimo quadriennio), concernenti transazioni commerciali fittizie. Orbene, dagli accertamenti eseguiti, si evince “l’escalation” delle vendite della società in narrativa, sotto rappresentata graficamente, e si evidenzia come la PA.GI. Carburanti S.R.L. abbia avuto una crescita esponenziale del volume d’affari, crescita che, grazie al collaudato sistema di frode, le ha consentito di divenire una fra le maggiori aziende che operano in Campania, sbaragliando la concorrenza ed alterando l’intero mercato regionale. Basti pensare che, nell’anno 2019, sono stati oltre 230 i clienti della Pa.Gi. ovvero di società appartenenti al medesimo gruppo familiare.
Il meccanismo fraudolento scoperto è quello tipico della cosiddetta “frode carosello”: tra il venditore all’ingrosso e il soggetto commerciale acquirente del prodotto si interpongono società cartiere (missing trader) create al solo fine di consentire ad altri operatori economici di evadere le imposte, mediante la giustificazione contabile delle cessioni di beni effettuate da ulteriori imprese, realmente operative, che vengono celate al Fisco. Durante le investigazioni, proprio al fine di fornire la prova degli acquisti “sotto costo” effettuati dalla stessa S.r.l. operante nel settore dei carburanti, è stata effettuata una puntuale e innovativa attività di analisi confrontando le quotazioni giornaliere “Platt’s” con i prezzi di acquisto praticati in favore della PA.GI. Carburanti S.r.l. rilevando che il costo di vendita del prodotto alla citata società è stato nettamente inferiore rispetto a quello normalmente praticato dagli operatori all’ingrosso del settore e, in alcuni casi, anche inferiore al prezzo del primo fornitore.
L’effetto di tali condotte, oltre ad una protratta evasione dell’Iva per svariati milioni di euro, è stato quello dell’acquisizione di una posizione assolutamente dominante sul mercato, dato che la PA.GI. Carburanti, a seguito dell’evasione dell’IVA, ha raggiunto una posizione quasi monopolistica sul territorio regionale, aumentando, in maniera esponenziale, il proprio volume di affari. Basti pensare che sono circa tre i depositi commerciali di prodotti energetici campani che, per tipologia e volume d’affari, risultano essere simili alla PA.GI. In definitiva, l’indebito risparmio d’imposta ha consentito alla società attenzionata di praticare dei prezzi di vendita del tutto al di fuori del mercato, accaparrandosi una grande fetta di mercato, sia nazionale che regionale con una vorticosa movimentazione di cifre per importi rilevantissimi, così ponendo in essere una concorrenza sleale con grave nocumento alle aziende del settore che operano regolarmente.