Dopo i mostri che parlano, le vittime rispondono. Vittime sopravvissute nonostante l’immane tragedia che le colpirono. È Letizia, la sorella di Rosaria Lopez la quale, insieme a Donatella Colasanti, fu al centro di uno dei più efferati delitti delle cronache del Novecento italiano. Il massacro del Circeo che, solo qualche settimana fa (26 novembre), è stato ricordato dal mostro protagonista di quell’orrore: Angelo Izzo, l’uomo con le orbite degli occhi di fuori come un cartoon dell’horror, che, insieme ad Andrea Ghira e Gianni Guido, consumò nella notte tra il 29 e il 30 settembre 1975 il massacro con rapimento, sevizie, stupro delle due ragazze del proletariato perbene, della Montagnola a Roma, con la scenografia mozzafiato, ma in quel caso da brividi, di San Felice Circeo.
Un caso che fece discutere tutta Italia e che stimolò al dibattito anche uno dei più grandi intellettuali del secolo scorso: Pier Paolo Pasolini il quale diede una lettura di classe – l’arroganza della Roma Bene contro la purezza della Roma operaia (si scusi la sintesi brutale) – e che finì anche lui, dopo un mese dal delitto di San Felice, massacrato all’Idroscalo di Ostia ((2 novembre ’75).
Ieri, la sorella di Rosaria, Letizia Lopez, ha rilasciato un’intervista al Corriere della Sera ricordando che l’1 ottobre ’75 scoprì la morte della sorella (Donatella Colasanti, come noto, si finse morta ed evitò di essere uccisa) e poco prima, nella notte, ebbe un presentimento da incubo: “Ero a Palermo, incinta di mia figlia – i Lopez sono siciliani e si trasferirono a Roma come tanti emigranti dal sud di quell’Italia ormai estinta – Ricordo tutto, minuto per minuto. Il 1° ottobre 1975, appena svegliata, mi sentivo agitatissima. Avevo percepito qualcosa. Al mio compagno che mi accompagnava al lavoro dissi di fermarsi alla prima cabina per chiamare a Roma, ma il telefono non funzionava. Poi provai altre volte: niente, squillava a vuoto. La sera andammo da un amico, Nino, al quale chiesi di fare un’interurbana. A casa non c’era nessuno, neanche mamma! Impossibile. Allora chiamai un’altra mia sorella ad Agrigento, che piangendo a dirotto mi disse: “Hanno ammazzato Rosaria!” Io non ci ho capito più niente, mi sono messa a urlare e sono svenuta“.
È un fiume in piena Letizia quando parla di Izzo, nelle parole rilasciate all’ottimo Fabrizio Peronaci del Corsera: “Se quel criminale esce di nuovo di galera, giuro che faccio un casino…Non accetterò che uno degli assassini di Rosaria, lo stesso che dopo di lei ne ha uccise altre due perché si diceva che era pentito, poverino, torni libero. Però me lo sento: accadrà. Angelo Izzo prima o poi uscirà e… E quel giorno io ci sarò. Con la sicurezza di interpretare i sentimenti di tutte le donne. Andrò in Parlamento, al Quirinale, in tutti i palazzi di giustizia, per gridare un concetto semplice: la certezza della pena. A furia di sconti, premi, benefici i criminali escono dal carcere e le donne continuano a essere ammazzate. Farò una diretta Facebook, chiamerò le tv, spero venga una marea di gente…“
Come darle torto, come credere, in effetti, che i timori di Letizia non siano fondati, a poche settimane dalle sentenze di Corte europea dei diritti dell’uomo e Consulta che hanno stabilito che, in Italia, l’ergastolo ostativo (solo da noi si può aggiungere un aggettivo alla parola ergastolo) non è legittimo ed rappresenta un’incostituzionalità.
Oggi, a distanza di 44 anni da quando le violentarono, le seviziarono, le sbeffeggiarono con il culmine devastante di Rosaria affogata nella vasca, la sorella non mostra alcun di ristoro per quel delitto che, nei fatti, non c’è stato: “Il nostro cognome era già diventato famoso in tutta Italia, la Lopez e la Colasanti, quelle del Circeo, e mi dava fastidio… Un marchio che mi sarei portata appresso sempre: essere nota per un fatto orripilante” – e aggiunge – “I 44 anni trascorsi sono stati amarezza, delusione…Innanzitutto per i due che avevano avuto l’ergastolo e li vedi fuori. Chi cerca di scappare, chi non si fa più trovare, come Ghira, chi chiede il permesso e se ne va in Inghilterra, Izzo, dove lo arrestano e poi lo rimettono fuori…La giustizia li ha favoriti. Questo è un delitto di classe, certo. Se a commetterlo fosse stato un semplice cittadino, stia certo che avrebbero buttato le chiavi…“
Non resta che il ricordo meraviglioso della sorella spazzata via dalla vita ingiustamente, nel modo più scorretto: una ragazza che credeva nelle fiabe (voleva fare l’attrice e aveva partecipato anche al provino di “Romeo e Giulietta” di Zeffirelli) e che, invece, è stata fermata dagli orchi che in quelle fiabe vengono sconfitti o cancellati del tutto: “Rosaria era dolcissima, meravigliosa. Ma ingenua, tanto ingenua. E con un sogno grande, fare l’attrice di teatro. A me diceva sempre: “Non ti preoccupare, diventerò famosa, vi farò ricchi, ci sistemiamo tutti”. Famosa è diventata, ma all’inverso…“.
E alla fine, però, è la stessa Letizia a farci credere che un filo di speranza esiste, nonostante il massacro, nonostante che perdere una sorella in quel modo non si augurerebbe neanche al peggior aguzzino della Storia, nonostante tutto: “I genitori di Ghira, Guido e Izzo li incontrerei. Dovrebbero essere molto vecchi: sa per caso se sono ancora in vita? Soprattutto le madri. Io non cerco vendetta, ma confrontarsi è importante, è l’unico modo che abbiamo di migliorare la società… – di cuore sì ma senza perdere di vista la realtà e la sacrosanta severità che si deve a chi non ha fatto niente per evitare che ciò accadesse – Dopo la certezza della pena, viene l’educazione, e quindi la famiglia. Parlerei con loro da donna a donna, chiederei come hanno potuto non accorgersene prima, quando i figli avevano già violentato, fatto rapine, e poi perché li hanno protetti, aiutati ad uscire…Coprire un reato tanto grave è come giustificare, non se ne rendono conto?“.