Il Tar di Latina, dopo averla sospesa, accoglie il ricorso dei legali e annulla l’interdittiva antimafia emessa a carico della Loas Italia Srl di Aprilia
L’uscita della Loas dalla White List imposta dalla Prefettura di Latina, ossia quell’elenco delle ditte che hanno ottenuto la certificazione antimafia, era stato inteso dalla medesima Prefettura, interpellata dalla Provincia di Latina per avere copia dell’avvenuta cancellazione, un provvedimento che equivale niente più e niente meno che a un’interdittiva antimafia.
Sulla scorta di quella esclusione e dell’incendio del 9 agosto, la Provincia aveva concluso l’atto di diniego al rinnovo dell’autorizzazione unica ambientale nei confronti della Loas.
A dicembre scorso, però, il Tar di Latina aveva accolto la richiesta della Loas, sospendendo il provvedimento con cui era stata rigettata l’istanza presentata dalla società di Aprilia il 30 dicembre 2019 per rinnovare l’iscrizione nell’elenco dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a tentativi di infiltrazione mafiosa.
Adesso, lo stesso tribunale amministrativo ha annullato il provvedimento disposto dalla Prefettura di Latina in quanto il ricorso presentato dagli avvocati Roberto D’Amico e Giovanni Malinconico “coglie nel segno il primo motivo di impugnazione con cui si deduce che la fattispecie criminosa rilevante ai fini del rifiuto alla iscrizione non è lo specifico reato ambientale previsto dall’art. 452-quaterdecies c.p., ma il reato di associazione per delinquere previsto e punito dall’art. 416 c.p., quando sia commesso con il fine specifico di realizzare, tra gli altri, il reato ambientale in questione che assume dunque, nella struttura del reato associativo, la funzione di reato fine”.
Tradotto: uno dei soci della Loas Italia srl Antonio Martino, che ne deteneva il 50%, fu indagato e arrestato nel 2017 insieme ad altre 22 persone nell’ambito dell’Operazione Dark Side coordinata proprio dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Roma e alla fine patteggiò. Tuttavia, Martino patteggiò per aver smaltito illecitamente rifiuti nella ex cava di Via Corta ad Aprilia controllata da Antonio Piattella, dunque per traffico illecito di rifiuti e inquinamento ambientale: ossia reati in concorso che, come spiega la sentenza del Tar, non costituiscono motivo di interdittiva se non quanto commessi nel quando di un’associazione per delinquere. Reato, quest’ultimo, non commesso da Martino.