L’INSEGNANTE DI LATINA CHE LOTTA CONTRO UN TUMORE AI TEMPI DEL COVID

Simona Quinto davanti a un'opera di Francesco Paolo Martelli, pittore di Latina
Simona Quinto davanti a un'opera di Francesco Paolo Martelli, pittore di Latina

Un pensiero positivo da parte di una donna che ha trovato nel personale del Santa Maria Goretti di Latina l’umanità che aiuta a guarire

Di seguito la lettera di Simona Quinto, insegnante di Latina che ha deciso di condividere la sua storia.

“Dopo aver tanto combattuto tra operazione, chemio e vari esami, è arrivato il momento di iniziare le radioterapie e decido di farle presso l’Ospedale Santa Maria Goretti di Latina.

All’inizio è stata una scelta legata alla comodità di fare le radioterapie nella città in cui risiedo, dato lo scompenso fisico e psicologico che già di per sé queste terapie comporta. Poi, dopo aver fatto la prima visita e la Tac di centraggio nel reparto di “Radioterapia” con il Primario Dott. Arcangeli e la sua équipe e iniziato le terapie, ho avuto la conferma che avevo preso la decisione giusta. Quest’idea iniziale si è consolidata giorno dopo giorno. Essendo una terapia che necessitava di molte sedute, se non avessi trovato la gentilezza e l’umanità di dottori e tecnici, quel numero di radioterapie si sarebbe raddoppiato psicologicamente dentro di me.

In questi reparti e nella situazione che, come me, vivono tanti malati oncologici, è davvero importante il sorriso di un dottore o di un tecnico. Sebbene al reparto di Radioterapia venissi chiamata per entrare in sala con “la paziente n. 25 all’acceleratore”, quando poi ero in terapia su quel lettino i tecnici, tutti uomini e una donna, mi trattavano con molta umanità e tenerezza, oltre che professionalità. La cosa più importante è che non mi sono mai sentita un numero.

A volte venivo accolta da un sincero sorriso che, nonostante fosse nascosto dalla mascherina, si intuiva chiaramente; altre volte, da uno sguardo comprensivo; altre ancora, dal ritornello di una canzone che il tecnico cantava con allegria. Poi quella domanda “Come sta oggi signora bella?” mi ha dato la carica giusta per affrontare la seduta. Quella domanda può sembrare banale ma in quel contesto non lo è affatto.

Tu “bella” non ti ci senti proprio in quella fase della tua vita ma il tono col quale vengono pronunciate quelle parole ti dà una sensazione di leggerezza e di serenità. La forza ce l’ho dentro di me ma la gentilezza incontrata nel reparto di Radioterapia mi ha aiutato a sopportare i momenti più duri, quelli di quando ti vedi allo specchio e non ti riconosci o non ti vuoi riconoscere.

Sono stata assistita da dottori e tecnici molto professionali e disponibili ed è stato un piacere, per quello che è possibile in un contesto di sofferenza, condividere con loro auguri e cioccolatini prima del Natale e del Capodanno.

L’ultimo giorno, l’ultima mia radioterapia, ho voluto ringraziare tutti i tecnici dicendogli chiaramente quanto sia di aiuto per un malato oncologico trovare un ambiente così accogliente. C’era la voglia di abbracciarli tutti e la consapevolezza che in tempo di Covid questo non è ancora possibile, quindi la promessa di andare a salutarli una volta uscita dal mio tunnel.

Avevo già capito l’importanza dell’aspetto psicologico quando facevo le chemioterapie in un altro ospedale, ora che ho fatto le radioterapie ancora di più. Il trattamento che facevo cinque giorni a settimana per diverse settimane, sembrava non dover finire mai, ma grazie alla sensibilità del personale medico, sono riuscita a portare a termine il percorso con una certa serenità. L’umanità nel reparto di Radioterapia è una “medicina” ancora più efficace delle vere medicine”. 

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