“Z….la comunista lascia stare Candido e Mazzi altrimenti…”, un simbolo del fascio littorio e la firma di un fantomatico Club Anzio. Questo è il messaggio intimidatorio arrivato contro la consigliera comunale Giannino il 10 maggio. Pochi giorni prima, il 30 aprile, la consigliera comunale del Partito Democratico aveva denunciato nell’assise un episodio di cui è co-protagonista un 41enne di Latina, recentemente arrestato nell’operazione “Crazy Cars”
Dopo lo squarcio degli pneumatici e l’invio di un proiettile, Lina Giannino, la consigliera del Partito Democratico, in opposizione nell’assise di Anzio, ha ricevuto una lettera intimidatoria. E questa storia, pur avendo molti aspetti che per ora non si conoscono, nel contesto di un territorio problematico, tocca anche Latina. Prima di vedere perché, è bene precisare che la città di Anzio, nel Comune guidato da Candido De Angelis – è lui il “Candido” citato nel pizzino rivolto a Lina Giannino e recapitato in Comune -, fa fatica a guardarsi allo specchio. Di poche settimane fa, le immagini agghiaccianti di un uomo, Massimo Scalabrino, pregiudicato, che portava a “spasso”, come cani al guinzaglio, due ragazzi, uno dei quali colpevole, a suo dire, di aver tentato di rubare dentro la sua auto parcheggiata. Esibiti come un trofeo tramite i social e la messaggistica, la giovane presente nel video è figlia di un Di Silvio, tale Armando, solo omonimo del boss di Via Muzio Scevola (Campo Boario, Latina), alla sbarra per associazione mafiosa presso il Tribunale pontino.
E val la pena di ricordare che nell’ormai celebre Commissione “antimafia” regionale del febbraio 2019, quella in cui l’ex Sindaco di Formia Paola Villa fece i nomi delle famiglie della sua città, legate direttamente o indirettamente alla camorra, era stato invitato anche De Angelis. Risultato: non pervenuto. Questo per rimanere ai fatti più recenti della città del litorale romano dove quanto ad associazioni mafiose (su tutti la locale di ‘ndrangheta dei Gallace) e altri episodi inquietanti (proiettili in Comune, auto bruciate a rappresentanti delle Istituzioni, pallottole all’indirizzo della casa di un assessore, un esponente politico vicino alla giunta De Angelis indagato per narcotraffico ecc.) non hanno da invidiare niente a nessuno nel Lazio. Se di invidia si può parlare.
Succede che Lina Giannino, la consigliera più volte minacciata, il 30 aprile scorso denuncia in Consiglio Comunale un fatto che, nella sua qualità di esponente dell’opposizione, non può passare inosservato. Giannino parla di fronte a Giunta e assise comunale del fenomeno delle associazioni di volontariato a cui vengono demandati alcuni servizi del Comune come, ad esempio, quello della guardiania per la cifra di 28mila euro. E poi inizia a specificare riguardo all’Associazione di Protezione Civile Le Aquile il cui Presidente è il latinense, trapiantato ad Anzio, Salvatore Lupoli nato a Napoli e figlio di un maresciallo della Guardia di Finanza.
Giannino definisce fantomatica l’Associazione “Le Aquile”, assurta, da poco, agli onori della cronaca per il salvataggio di un cagnolino. “Dopo il primo plauso – dichiara in consiglio Giannino – Abbiamo subito compreso che l’Associazione Le Aquile erano dilettanti allo sbaraglio che confondono compiti e competenze. Persone in perfetto assetto militare, in tuta blu, distintivo, giubbotto giallo, che zappano, spazzano e si rivolgono al loro Assessore di riferimento che li coordina (ndr: Gianluca Mazzi, anche lui citato nel pizzino intimidatorio). Il Presidente di tale drappello di coraggiosi si vanta con post, foto, articoli, di essere un fraterno amico dell’Assessore. Leggiamo in un post: “L’unione con il cuore, fratellanza e nobiltà di animo per il prossimo”. Leggiamo in un altro post: “I volontari dell’Associazione Le Aquile ricoprono un ruolo importante per la città”. E ancora, in altro post: “L’assessore avrebbe condiviso con l’associazione il piano comunale di protezione civile”. E ancora: “Per l’Associazione oggi è stato raggiunto un grande traguardo. Finalmente abbiamo i requisiti richiesti che ci hanno permesso l’iscrizione nel registro regionale delle organizzazioni volontarie“.
“Peccato che – continua Giannino nella sua interrogazione di fine aprile in Consiglio Comunale – da una semplice verifica sul sito della Regione Lazio, e nell’elenco territoriale, delle Aquile non c’è traccia, probabilmente saranno volate. Sempre dai giornali – prosegue Giannino – apprendiamo di una strana operazione chiamata “Crazy Cars” che non è il salvataggio di un povero cagnolino, bensì un giro di auto rubate, estorsioni, minacce con tanto di nove arresti. Sapendo che queste associazioni fanno capo al Sindaco, che è il referente, e sapendo che il gruppo con il relativo regolamento dovrebbe essere presentato in consiglio comunale il quale attraverso una delibera ne riconosce la costituzione e ne approva il regolamento, vorremo sapere in che rapporti questo gruppo agisce con il Comune di Anzio. Perché una pseudo associazione non riconosciuta a nessun livello opera pubblicamente sul nostro territorio e condivide per lo più con l’Assessore il piano di emergenza comunale approvato in consiglio comunale? Perché non è passata attraverso il consiglio così come non sono passate le altre associazioni presenti sul territorio?“.
Domande lecite della consigliera del Partito Democratico a cui, però, nessuno ha saputo dare chiare risposte. Il Sindaco Candido De Angelis, che ha querelato per altro motivo Giannino per diffamazione, ha risposto che non ci sono rapporti con Le Aquile e la responsabilità penale è personale, dichiarando di non conoscere il Presidente. Una risposta che non ha convinto Giannino la quale ha chiosato sul punto della partecipazione al piano di emergenza comunale da parte delle Aquile. Al che è intervenuta la Presidente del Consiglio Roberta Cafà ribadendo che non possono chiedere i carichi pendenti di ciascuno, prima della risposta di Mazzi, il vero chiamato in causa dall’interrogazione di Giannino.
Mazzi, rappresentando Giannino come una consigliera che non ha portato alcun contributo in tre anni all’interno dell’assise comunale, ha dichiarato che “fino al terzo grado di giudizio sono tutti quanti innocenti. Al di là di questo, se ci sono associazioni che richiedono di collaborare con l’amministrazione, hanno chiesto in questo caso a me come riferimento della città, ma lei è probabilmente riferimento dei suoi amici di partito. Solitamente se mi si avvicina un Presidente di un’associazione non chiedo il pedigree, fino a prova contraria non si conoscevano le indagini. Conosco il Presidente di quest’associazione, non lo nego e non lo negherò mai, così come conosco tutti i soci dell’associazione perché conosciamo tutti le opere di beneficenza, il grande lavoro fatto. Non siamo un’aula di Tribunale e neanche i social lo sono. Potrà verificare che le associazioni di volontariato non hanno mai chiesto contributi comunali, non hanno chiesto niente all’amministrazione e si sono auto-tassati. Se ci sono elementi, vada a denunciare“.
Al di là del botta e risposta politico, né Sindaco né Assessore hanno smentito la circostanza per cui Le Aquile hanno partecipato al piano di emergenza comunale. Partecipazione che, secondo Giannino, è avvenuta in solitaria senza altre associazioni del territorio.
Eppure, chi legge si domanderà, ma chi è questo Presidente dell’Associazione Le Aquile?
Salvatore Lupoli è stato arrestato il 27 aprile scorso per un’ipotesi di estorsione e, come ricordava l’Associazione Le Aquile, che presiedeva prima dell’arresto, si è trasferito ad Anzio da un anno.
“Ognuno di noi conosce personalmente il fondatore del nostro sodalizio, Salvatore Lupoli, da quando si è trasferito abitualmente nella Città di Anzio poco più di un anno fa – spiegava in una nota l’associazione, nel giorno in cui, 27 aprile, il 41enne fu arrestato nell’ambito dell’operazione della Squadra Mobile di Latina denominata “Crazy Cars”, su disposizione del Gip Giuseppe Cario e richiesta del sostituto procuratore della Procura di Latina Giuseppe Miliano – Persona cordiale, rispettosa, sempre disponibile ad aiutare il prossimo, amante degli animali e che ha sempre operato nelle sue vesti di Presidente nel pieno rispetto di tutte le normative vigenti e delle leggi dello Stato. Questo è il Salvatore Lupoli che abbiamo noi conosciuto“.
Ecco, in lidi diversi, Lupoli viene conosciuto per altro. Il 41enne è accusato dagli inquirenti di essersi reso protagonista di un’estorsione denunciata da un cittadino rumeno per un’auto che aveva venduto all’autosalone di Alessandro Agresti di Latina (ex amico del collaboratore di giustizia Renato Pugliese, in rapporti con Sergio Gangemi secondo il racconto di Pugliese stesso, arrestato anche lui e destinatario di una confisca milionaria di beni) e per cui non aveva ricevuto i soldi che gli spettavano. E proprio Lupoli insieme ad altre otto persone viene accusato di essere parte di un sodalizio permanente dedito al procacciamento di vetture provento di furto che reimmettono sul mercato.
Dopo le minacce e le intimidazioni subite da un altro coinvolto nell’operazione, Matteo Italiani di Sezze, poi liberato dal Tribunale del Riesame di Roma, il rumeno viene avvicinato da un’altra persona. Si tratta, per l’appunto, di Salvatore Lupoli, residente ad Aprilia, ma che vive ad Anzio, il quale costringe l’uomo di nazionalità rumena a firmare una falsa dichiarazione in cui sostiene di essere stato pagato per la sua Mercedes Gla in modo che non accampi più pretese per quanto gli era stato sottratto (20mila euro). In sostanza Malandruccolo, un altro degli arrestati dell’operazione “Crazy Cars”, e proprietario di un’auto-rivendita ubicata a Sezze, a cui era pervenuta l’auto del rumeno, per sbarazzarsi di quest’ultimo si sarebbe servito prima di Italiani e, poi, di Lupoli. Va detto che anche Malandruccolo e Lupoli hanno ottenuto dal Riesame di Roma misure più lievi rispetto agli ordini di carcerazione: il primo si trova ai domiciliari, il secondo è stato liberato per insussistenza dell’esigenza cautelare.
C’è un particolare, però, ben evidenziato da inquirenti e investigatori sempre per quanto riguarda l’estorsione a cui avrebbe partecipato anche Lupoli.
Il rumeno, prima di denunciare tutto alla Polizia, chiede l’intervento in suo favore di due soggetti esponenti di due sodalizi di origine nomade della città di Latina: si tratta di Marco Ciarelli, figlio di Luigi Ciarelli dell’omonimo Clan, condannato per un carico di cocaina arrivato dal Sudamerica a Livorno e arrestato recentemente nell’operazione anti-mafia Reset, e Alessandro De Rosa. I due intervengono, persino alla presenza di “un ragazzino col ferro” (ndr: con la pistola), presso l’autosalone di Agresti per riscuotere il debito del rumeno minacciando il “patatrac”.
A quel punto, secondo quanto ricostruito dagli investigatori, arrivano Michele Vitale (altro coinvolto nell’operazione “Crazy Cars”) e Lupoli che fanno in modo che Ciarelli e De Rosa “abbassino le recchie”.
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Episodio che avviene nel gennaio 2019. Ora è possibile che Lupoli si sia ravveduto, solo che l’uomo, di cui l’assessore Mazzi, come si apprende dal suo intervento in consiglio, non aveva chiesto il pedigree, è un personaggio che a Latina si conosce. E anche piuttosto bene, a tal punto che il rampollo del Clan Ciarelli avrebbe desistito di fronte a lui.
Fama da duro, così come il fratello Mimmo che sfoggia sui social la sua passione per guantoni e tatuaggi, Lupoli è un appartenente alla Guardia di Finanza sospeso per denunce a suo carico. Una passione per la destra, quella di fuori gli immigrati e “prima gli italiani” (alla compagine politica omonima aveva aderito nel 2020), è lo stesso Mazzi a dargli la sua solidarietà quando Lupoli, a mezzo social, scrive a chiare lettere di essere orgoglioso della divisa della Guardia di Finanza pur essendo “in pausa”.
Il 19 agosto 2020, Lupoli scrive: “Dico che sono un fallito dicono che non lo sono mai stato dicono che manno cacciato e sbattuto fuori….Amici tranquilli perché NON ho fallito NON manno cacciato e sono 22 anni che lo faccio percepisco regolare busta paga e sono FIERO di esserlo l’unica pecca? Ho un caratterino poco esuberante W LA GUARDIA DI FINANZA W I BASCHI VERDI W L ITALIA. Dopo sta pausa presto si ritorna piu operativi di prima LO SQUALO 117”.
Ora, a parte la grammatica zoppicante, uno dei commenti più apprezzati dallo “Squalo 117” Lupoli è proprio quello dell’Assessore Mazzi che gli scrive: “Vai Salvo, solo chi ti conosce bene sa che quella divisa non la porti addosso, la porti nel cuore!“. E Lupoli: “Gianluca Mazzi fratello mio, mi conosci bene ormai e queste tue parole riempiono il mio cuore di gioia grazie x la stima la fiducia l’amicizia e la fratellanza che nutri per me“.
Ora è vero, verissimo, la responsabilità penale è personale e Mazzi non poteva sapere che di lì a pochi mesi Lupoli sarebbe stato arrestato, nonostante quel caratterino un poco esuberante sia ben noto ad organi competenti e da tempo. Tuttavia, cosa ci faceva, come denuncia Giannino, in una riunione del piano di emergenza comunale di Anzio, un militare che era stato sospeso dalla Guardia di Finanza? Ecco, questo Mazzi lo sapeva, altrimenti non avrebbe commentato solidarizzando con lui nel post in cui Lupoli dava notizia della sua sospensione.
Al netto della solidarietà mostrata dal Sindaco De Angelis senza neanche nominarla, le domande di Giannino hanno bisogno di una risposta. Almeno due città, Anzio e Latina, le aspettano.