LATINA, CENTRALE NUCLEARE: ALLARME REATTORE, FARE PRESTO PER LA SALUTE DEGLI ABITANTI. LE CONCLUSIONI DELLA RISOLUZIONE

Centrale nucleare di Latina
Commissione Industria
Commissione Industria del Senato

È un problema grave e annoso quello della gestione del combustibile nucleare esaurito, le cosiddette scorie che non si sa dove debbano essere smaltite. Due le questioni dirimenti in capo sopratutto alla Sogin SpA (Società Gestione Impianti Nucleari): la realizzazione del deposito nazionale di durata 50-100 anni (ancora secretata la Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee – CNAPI) e la messa in sicurezza dei siti già esistenti tra cui quello che, come sanno i cittadini, si trova a Borgo Sabotino nel capoluogo di provincia Latina. Buchi normativi, limiti tecnologici, difficoltà gestionale, spese schizzate su, coordinamento tra società, ispettorati e istituti competenti, miglioramento quantitativo e qualitativo degli stessi. Sono queste, in sostanza, le forti criticità evidenziate dallo schema di risoluzione della Commissione Industria del Senato licenziato agli inizi di luglio (leggi per intero qui). E per Latina – lo scrivono a chiare lettere – occorrono tempi brevi perché c’è la massima urgenza.

Gianni Girotto, Presidente della Commissione Industria del Senato della Repubblica
Gianni Girotto, Presidente della Commissione Industria del Senato della Repubblica

L’11 luglio la Corte di giustizia Ue ha accolto il ricorso della Commissione Ue contro l’Italia per non aver ancora comunicato, a 4 anni dal termine previsto, il Programma nazionale per la gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi: una botta se non fosse che per ora non ci sono sanzioni pecuniarie. Il 5 luglio, invece, la Commissione Industria del Senato ha reso pubblico, presentato dal presidente Gianni Girotto, lo schema di risoluzione conclusiva dell’indagine conoscitiva in tema di rifiuti nucleari nella quale si precisa che occorre “attivare gli istituti competenti (ISPRA, ISIN, ISS) per le analisi di rischio e le stime conseguenti relative al trasporto del materiale radioattivo di medio alta e alta attività”.

Dopo un’approfondita istruttoria sulla gestione e messa in sicurezza dei rifiuti nucleari sul territorio nazionale e diverse audizioni in seno alla Commissione, vieppiù con le risultanze della Commissione Ecomafie approvate già nel 2015, i commissari ragionano sul fatto che “la stima dei costi per la messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi italiani ha raggiunto i 7,2 miliardi di euro, ovvero 400 milioni in più rispetto ai 6,8 miliardi precedenti. Dal 2001 al 2018, il programma di smantellamento è stato realizzato per circa un terzo delle attività, per un costo di 3,8 miliardi di euro, pari a poco più del 50 per cento del budget. Vanno aggiunti inoltre gli 1,5 miliardi previsti per la realizzazione del deposito nazionale per i rifiuti radioattivi e il costo di esercizio annuale non ancora stimato”, sebbene “la Corte dei Conti segnala che attualmente non è stato ancora definito il sistema regolatorio per il riconoscimento dei costi relativi all’attività del Deposito Nazionale e parco tecnologico“.

ARERARitardi aggiuntivi a quelli già significativi accumulati dalla commessa nucleare, come rilevato dall’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (ARERA), i quali producono crescita dei costi e ulteriori slittamenti della data di fine attività (dai due anni e mezzo ai cinque anni e mezzo) di cui i responsabili sono “fattori endogeni” ma anche fattori legati alla Sogin.

Il testo della risoluzione spiega che quest’ultima “ha realizzato un volume di attività di decommissioning pari a 80,7 milioni di euro (miglior risultato da quando la Società è stata costituita, +41 per cento rispetto alla media storica 2010-2017), in crescita rispetto ai 63,2 milioni di euro nel 2017 e 53,8 milioni di euro nel 2016, ma comunque inferiore rispetto al preventivo 2018 di 94,95 milioni di euro, cifra che già risultava inferiore a quanto previsto dal programma quadriennale 2017-2020, che prevedeva 143,13 milioni di euro, importo già ridimensionato anche rispetto al programma preventivo 2016-2019, che prevedeva 163,05 milioni di euro, sempre rispetto all’anno 2018“.

Reattore Magnox
L’immagine di un Reattore Magnox, lo stesso della centrale nucleare di Borgo Sabotino

I casi più preoccupanti sono i centri di Saluggia e Trisaia, con “ritardi accumulati” che “sono assolutamente inaccettabili”. Al contempo, oltre ai due centri predetti, desta simile preoccupazione “il decommissioning della centrale di Latina, per la quale il grande quantitativo di grafite – che svolgeva le funzioni di “moderatore” della reazione di fissione – “attivato” dagli anni di funzionamento costituisce un problema che richiede interventi di tipo tecnico-scientifico ancora allo studio nei Paesi che, come il Regno Unito, hanno installato reattori nucleari moderati a grafite“. Tradotto: la situazione è grave e seria per la sicurezza e la salute degli abitanti di Latina e non solo, ma al momento c’è un muro scientifico, ossia manca proprio la tecnologia per smantellare il reattore.

Slittamento dei cronoprogrammi, una insufficiente attenzione politica a fronte dei rischi per la sicurezza nazionale, una riduzione dei controlli rispetto alle attività poste in essere: si esprimono così nella risoluzione i commissari del Senato. E non c’è da stare tranquilli. Per di più mancano gli uomini per fronteggiare con competenza ed esperienza le emergenze connesse alle attività di decommissioning, mentre dal punto di vista legislativo non vi è un quadro regolatorio nazionale al passo coi tempi, dal momento che quello vigente, si spiega nella risoluzione, è colmo di inadempienze e ritardi nell’applicazione degli imput europei, bucando così l’attuazione della direttiva 2011/70/EURATOM del Consiglio del 19 luglio 2011, che istituisce “un quadro comunitario per la gestione responsabile e sicura del combustibile nucleare esaurito e dei rifiuti radioattivi”.

Logo SoginLa risoluzione si conclude impegnando il Governo a porre un argine a questo scenario che sa di deficit strutturale e procedurale, rimarcando tra i punti ciò che riguarda da più vicino Latina e il suo territorio: “porre in essere, al fine di tutelare la salute della popolazione dai rischi nucleari, nei tempi più brevi e con la massima urgenza, un’accelerazione delle attività di messa in sicurezza e decommissioning, con particolare attenzione alle criticità dei centri di Saluggia e Trisaia per la presenza dei rifiuti liquidi e al problema del decommissioning del reattore “moderato” a grafite di Latina“.
E pensare che la Sogin ha ospitato a Latina, dal 18 al 21 giugno, il primo workshop internazionale sul tema dell’economia circolare nel decommissioning nucleare, organizzato dall’International Atomic Energy Agency (IAEA). Un evento presentato all’insegna di Latina come esempio virtuoso nel decomissioning internazionale tramite i nuovi strumenti dell’economica circolare. Eppure dalle parti del terzo piano di Palazzo Carpegna (sede della Commissione Industria) non la pensano così. Delle due l’una: o i commissari del Senato sono stati troppo severi oppure siamo in presenza di un’ottima campagna di comunicazione della Sogin che ha propagandato per efficiente e moderno ciò che al Senato giudicano oltre il limite dell’urgenza nazionale.

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