Arrestati per rapina, minacce e violenze: si stringe il cerchio attorno alla banda di indiani cappeggiata da Singh Jiwan, detto “Gighen”, accusato anche dell’omicidio del 29enne Sumal Jagsheer a Borgo Montello
Un’indagine, coordinata dal sostituto procuratore Daria Monsurrò, sicuramente importante, quella dei Carabinieri di Campoverde e del Reparto Territoriale di Aprilia, che, alla luce degli arresti precedenti eseguiti dalla Squadra Mobile di Latina per l’omicidio del 29enne indiano Sumal Jagsheer, mette ancor più in evidenza la presenza di un sodalizio Sikh dedito a sottomettere e assoggettare la comunità indiana.
Gli arrestati odierni sono praticamente tutti i medesimi legati alla banda di indiani che terrorizza i connazionali della provincia di Latina (da Aprilia a Cisterna fino a Latina e più a sud tra Sabaudia e Fondi), il cui capo è ritenuto essere dai Carabinieri, ma anche da Squadra Mobile e Procura di Latina che hanno concretizzato gli arresti per l’omicidio a Montello, Singh Jiwan detto “Gighen” ristretto in carcere per il delitto.
Ad essere destinatari della misura cautelare in carcere odierna tre connazionali di “Gighen” coinvolti anche loro nell’omicidio di Borgo Montello: Singh Devender (39 anni) residente ad Aprilia, Singh Gurpinder detto “Binda” (36 anni) residente ad Aprilia e Singh Parampal detto “Bhuryal” (31 anni) residente a Lanuvio. Ancora irreperibili, come per l’omicidio di Borgo Montello, ma destinatari dell’odierna custodia cautelare, “Bhuryal” e “Binda”. Destinatari della misura più lieve, agli arresti domiciliari, il capo della banda Singh Jiwal detto Gighen (38 anni) e Singh Ranjit detto “Mika” (40 anni) residente a Cisterna. Ad essere indagati anche Singh Paramraj alias Parm Nagra Singh (46 anni) residente ad Aprilia, Sohal Gurvinder Singh detto “Harry” (32 anni) e Singh Surjit (35 anni).
Jiwan, Devender, Gurpinder, Gurvinder, Parampal e Ranjit sono tutti e sei coinvolti e arrestati per l’omicidio di Borgo Montello. Gurpinder e Parampal sono ancora ad oggi ricercati perché irreperibili. Gli unici ad essere indagati solo nell’indagine odierna sono Singh Surjit e Singh Paramraj.
L’indagine dei Carabinieri inizia con i pestaggi di due connazionali – Singh Rajanpreet e Singh Hardeep – portati a compimento dagli odierni arrestati ad Aprilia, esattamente il 23 maggio 2021 e il 4 luglio 2021.
I militari dell’Arma hanno iniziato le indagini a maggio per concludere a settembre. L’ordinanza è stata firmata dal Gip Bortone il 5 novembre scorso. Un lasso di tempo, quello tra la chiusura delle indagini dei Carabinieri e il provvedimento della magistratura, che, col senno di poi, evidenzia un fatto non prevedibile ma tragico: l’omicidio avvenuto a Borgo Montello la sera del sabato 30 ottobre, solo sei giorni prima che il Gip Bortone firmasse la custodia cautelare per gli odierni arrestati.
Ad ogni modo, secondo il Gip Bortone, gli indagati, che possono reiterare il reato, hanno agito “con particolare efficacia e determinazione criminale“. Siamo di fronte – sottolinea il Gip nell’ordinanza – a un “comportamento che presenta i caratteri della serialità, fattore indicativo dell’attuazione in corso di un programma criminoso di elevata pericolosità“. Una mafia emergente, per l’appunto, anche perché gli arrestati odierni sono “connotati da professionalità criminale” e “hanno continuato a a porre in essere condotte delittuose” – come, purtroppo, il tragico omicidio di Borgo Montello – “dimostrando indifferenza rispetto all’Autorità Giudiziaria e una debole percezione delle conseguenze penali delle loro condotte”.
Per Devender, Gurpinder e Parampal (questi ultimi due uccel di bosco) il carcere è predisposto per il reato di rapina, mentre sempre per loro, più il capo Singh Jiwan e Singh Ranjit, vengono stabiliti gli arresti domiciliari per violenza privata e lesione personale aggravata.
I DETTAGLI – Ma cosa è successo per far scattare indagini e arresti? Per capirlo dobbiamo tornare indietro al 23 maggio 2021 quando, al Parco Degli Alpini di Aprilia, un gruppo di una quindicina di indiani aggredisce con spranghe e bastoni l’indiano, residente ad Aprilia, Singh Rajanpreet. Quest’ultimo non è solo ma insieme ad altri tre amici i quali, a differenza di lui, riescono a scappare. Tra di loro c’è anche Singh Hardeep che tornerà a breve in questa storia di mafia indiana.
Dopo il pestaggio, Rajanpreet è trasportato al Pronto Soccorso di Aprilia: il quadro diagnostico è di “trauma cranico, tumefazione ginocchio sinistro, braccio destro e sinistro, collo, ferita alla gamba ed ecchimosi”. Insomma, non proprio una passeggiata di salute.
Non solo le botte, anche il furto: durante il pestaggio, a Rajanpreet vengono sottratti con la forza una catenina d’oro e un cellulare. Non la prima aggressione messa in atto dalla banda di Singh Jiwan: un particolare che gli investigatori conoscono bene. Vogliono imporre il predominio sui propri connazionali, un fatto che ormai si è imparato a conoscere dopo i fatti di Borgo Montello.
Non è finita perché, dopo il pestaggio, Rajanpreet viene anche minacciato da uno dei picchiatori, Singh Devender: se parli e denunci, veniamo a prenderti di nuovo.
Passa un mese e mezzo e, il 4 luglio, uno degli amici di Rajanpreet, Singh Hardeep, riuscito a fuggire dal pestaggio di Parco degli Alpini, viene fermato insieme a un amico mentre viaggiano sulla sua auto, una Bmw X3. L’amico, curiosità della vicenda, è un omonimo del capo Jiwan.
Hardeep è costretto a scendere da un’auto e subito dopo scatta un pestaggio violento con mazze e bastoni. Gli aggressori spaccano tutto, distruggendo anche carrozzeria e cristalli, per poi trascinare fuori Hardeep e pestarlo barbaramente. L’uomo si ritrova fratturati tibia e perone destro, oltreché ad altre contusioni.
Tutti e due gli indiani aggrediti sanno con chi hanno a che fare: si tratta di un gruppo criminale che li terrorizza. E Hardeep viene aggredito proprio perché non doveva parlare e riferire alcunché alle Forze dell’Ordine in merito al pestaggio e alla rapina commessa ai danni di Rajanpreet al Parco Degli Alpini di Aprilia.
Sa bene Hardeep di essere sotto tiro poiché, prima dell’aggressione del 4 luglio, riceve telefonate minatorie dalla banda che gli intima di non testimoniare. E anche l’amico che era con lui in auto, il 4 luglio, dopo il pestaggio di Hardeep, viene aggredito due giorni dopo e riesce miracolosamente a darsi alla fuga. Nessuno deve parlare.
Un affresco di paura e sottomissione. Una banda capeggiata da un leader che tutto controlla e decide: per l’appunto una mafia emergente la cui sottovalutazione o indifferenza è e sarebbe grave.
Sono le attività investigative dei Carabinieri apriliani, condotte nell’arco temporale compreso fra il maggio ed il settembre 2021 – consistite nella acquisizione delle denunce sporte dalle parti offese, dall’analisi dei sistemi di videosorveglianza e dei tabulati telefonici, dall’escussione di numerosi testimoni di etnia indiana e dalle connesse individuazioni fotografiche – a confermare l’esistenza di un gruppo di persone di etnia Sikh, capeggiati, per l’appunto, da Singh Jiwan detto “Gighen”, il 38enne indiano sposato con una connazionale che gestisce un negozio di alimentari a Borgo Bainsizza e accusato dell’omicidio volontario del 29enne Sumal Jagsheer, da poco divenuto padre e costretto a finire la sua vita in una pozza del suo stesso sangue a Borgo Montello.
È possibile parlare di mafia indiana? Sì perché c’è assoggettamento e omertà ma c’è anche, in un nodo di paura e sottomissione, la luce di due vittime che hanno denunciato alla Forze dell’Ordine.