È dal 3 novembre che viaggiava in Rete lo “scoop” giornalistico, lanciato da Il Tempo, secondo cui il mostro del Circeo, Angelo Izzo, autore di numerosi reati efferati, oltreché a quello più famigerato con il massacro delle due ragazze di Roma, Rosaria Lopez (che morì) e Donatella Colasanti miracolosamente sopravvissuta al delitto perpetrato da Izzo stesso, Andrea Ghira e Gianni Guido, sarebbe stato consulente per una fiction prodotta da Cattleya srl. Qualcuno ci ha costruito su anche degli articoli pensosi, con annessa prosopopea contro i mali della società dello spettacolo, la confusione tra realtà e rappresentazione, il cinismo dei nostri tempi, il femminicidio eccetera.
Una notizia talmente sconcertante da aver allertato persino la Presidente della Commissione Pari Opportunità di Roma Capitale, la consigliera pentastellata Gemma Guerrini che, infatti, ieri, ha scritto una lettera indirizzata alla società di produzione fondata nel 1997 da Riccardo Tozzi.
“Apprendo da fonti di stampa – ha scritto la Guerrini a Cattleya srl – che la Vostra società produrrà una serie tv sul cosiddetto “Delitto del Circeo” avvenuto nella notte tra il 29 e il 30 settembre 1975. Le stesse fonti affermano che è stata chiesta una consulenza in merito ad una delle persone che sono state condannate per l’atroce delitto“.
Dopodiché, Guerrini ha chiesto, dicendosi sgomenta, la conferma o meno della notizia. Cattleya, di rimando, ha smentito categoricamente la notizia de Il Tempo assicurando di essere sgomenta a sua volta. Tutto finito, per fortuna.
Epperò la notizia della bufala ci dà la possibilità di sviluppare quantomeno una riflessione, senza politicamente corretto al seguito.
Sì perché la storia del cinema è piena zeppa di consulenze di criminali incalliti per lo sviluppo delle sceneggiature – citofonare a Scorsese o a Garrone tanto per citarne solo due – e persino di richieste di aiuto alla criminalità organizzata per girare alcune delle più belle scene che la Settima Arte ricordi.
Un esempio per tutti. Sapete come fece Sergio Leone a girare la scena di C’era una volta in America quando la gang dei teppisti, capitanata da Noodles, si trova in strada poco prima di fronteggiare i loro padroni? Qualcuno si è mai domandato come fosse possibile che quello spaccato incantevole del ponte di Manhattan fosse clamorosamente deserto – il film è ambientato nei primi anni ’20 e ci può stare, ma è girato nella rampante New York anni ’80 dove è praticamente impossibile, di giorno, avere il ponte sgombero.
Semplice, il grande regista romano che, per fare i suoi capolavori, non si faceva molti scrupoli di buon dettato, chiese alla mafia americana del quartiere di non far passare nessuno sul ponte in modo tale da renderlo ancora più realistico per gli anni in cui era sceneggiato il film.
Nessuno fece una piega e, ancora oggi, ammiriamo il film, uno dei più commoventi della storia del cinema.