Caso Karibu-Aid: prosegue l’istruttoria del processo a carico della famiglia legata al deputato ex alleanza Verdi-Sinistra Aboubakar Soumahoro
È ripreso, dinanzi al terzo collegio del Tribunale di Latina composto dai giudici La Rosa-Gigante-Romano, il dibattimento del processo che vede sul banco degli imputati la fondatrice della cooperativa Karibu, per anni gestore di centri accoglienza e Sprar (oggi Siproimi) nel territorio pontino e oltre, i suoi figli e una ex collaboratrice. A processo, infatti, ci sono Marie Therese Mukamitsindo, i figli, Liliane Murekatete, moglie del deputato Aboubakar Soumahoro, Aline Mutesi e Michel Rukundo, più Ghislaine Ada Ndongo. Gli imputati sono difesi dagli avvocati Lorenzo Borrè, Francesco Roccato, Stefano Ciapanna, Alessandro Paletta, Francesca Giuffrida, Flaviana Coladarci e Valentina De Gregorio.
La “family” di origine ruandese, come noto, deve rispondere di una serie di reati frutto della riunione di due procedimenti, poi diventati processi per via del rinvio a giudizio scaturito da due distinte udienze preliminari. A maggio 2024, davanti al giudice monocratico del Tribunale di Latina, Simona Sergio, il processo che contesta l’elusione/evasione fiscale agli imputati della cosiddetta galassia Karibu è stato riunito, per richiesta del pubblico ministero Andrea D’Angeli, all’altro processo con al centro i reati di riciclaggio, frode fiscale e bancarotta fraudolenta. Secondo l’accusa, i soldi pubblici, invece di essere impiegati nell’accoglienza dei migranti, venivano in parte incanalati verso spese sontuose per ristoranti, gioielli, sfizi e persino bonifici esteri che alimentavano altre attività oppure servivano a comperare immobili.
Parti civili i lavoratori ed ex dipendenti della coop Karibu e del consorzio Aid, il sindacato Uiltucs di Latina del segretario Gianfranco Cartisano, le cui denunce hanno fornito spinta decisiva alle inchieste sulla galassia della famiglia Mukamitsindo/Soumahoro, e alcuni dei Comuni indicati dalla Procura come parti offese: Latina, Roccasecca dei Volsci, Aprilia, Pontinia, Fondi, Monte San Biagio, Terracina e Sezze. Parti civili anche i commissari liquidatori di coop Karibu, Francesco Cappello, e consorzio Aid, Jacopo Marzetti, nominati dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy negli scorsi mesi, il Ministero dell’Interno, Codacons e il Consorzio Agenzia Inclusione dei Diritti.
Ha proseguito l’istruttoria il primo testimone dell’accusa, rappresentata dal pubblico ministero Giuseppe Miliano, che con il collega Andrea D’Angeli ha firmato l’inchiesta coordinando le attività investigative della Guardia di Finanza e della sezione di Polizia giudiziaria della Polizia di Stato della Procura di Latina. Ad essere esaminato il luogotenente del Nucleo Pef della Guardia di Finanza di Latina, Maurizio Mazza, il quale ha ripercorso l’imponente indagine che ha passato al setaccio conti, movimenti e attività della cooperativa Karibu e del consorzio Aid, oltreché alle altre società considerate satelliti a servizio della family: su tutti la Jambo Africa.
Un indagine che nasce come tributario fiscale nel 2019 e che ha passato in rassegna i conti bancari da cui sono emerse false fatturazioni per operazioni inesistenti, secondo il testimone interrogato dal Pm. Gli accertamenti principali hanno riguardato gli anni che vanno dal 2017 al 2019. Accanto all’indagine “economica”, c’era anche un fascicolo più corposo e parallelo in cui sono state accertate le distrazioni patrimoniali le quali hanno portato alla contestazione di bancarotta, auto-riciclaggio e frode nelle pubbliche forniture tanto che la coop Karibu era insolvente e nel 2023 è stata commissariata.
Il luogotenente del Nucleo Pef ha precisato i rapporti tra Karibu e Jumbo Africa. La cooperativa, in quanto referente degli enti pubblici, si era costruita a sé diverse società satelliti tra cui Jambo Africa, che non aveva grossi obblighi fiscali. La Jambo Africa avrebbe dovuto prestare servizi per Karibu, come corsi di italiano agli stranieri. L’associazione era rappresentata da Christine Kabukoma, mai reperibile. Le fatture emesse dall’associazione sono state catalogate come “oggettivamente inesistenti”: in una parola, false.
I finanziari notano diverse anomalie: a comunicare i dati fiscali non è mai Jambo Africa, ma Karbu; nel meccanismo del rapporto tra Karibu e Jambo, c’era la prima che pagava e la seconda che emetteva fatture (false). Quest’ultima è un anomalia evidente, secondo il finanziere. Senza contare che la Jambo Africa non aveva utenze, sebbene ci fosse il personale, vale a dire l’unico costo reale riconosciuto dall’Agenzia delle Entrate, anche se il suddetto personale era come fosse stato traslato dalla Karibu verso questa associazione.
La Jambo, quale soggetto satellite, è stato utilizzato dalla Karibu per trasferire soldi all’estero, drenando risorse finanziarie pubbliche: “Abbiamo quantificato 500mila euro di bonifici verso l’estero”. Nel 2015, i finanzieri oltre 500mila euro di fatture false nel 2015, mentre nel 2016 si arriva a 1 milione e 600mila euro. “In questo periodo la Karibu è gestita da Marie Therese Mukamitsindo”.
La Jambo è stata beneficiaria tra il 2017 e il 2022, secondo la Guardia di Finanza, ha ricevuto provvista pubblica di 932mila euro per prestazioni che avrebbe reso. Ad ogni modo, ci sono state diverse distrazioni: a giudizio dei finanzieri, sono stati fatti bonifici esteri per 585mila euro, gran parte in direzione del Ruanda, ossia a favore di Mutangana che gestiva i suoi locali. Bonifici versati anche in Belgio e Australia, ossia paesi che non avevano nulla a che vedere con il “core business” della cooperativa.
Le distrazioni verso le carte prepagate ammontano, invece, a complessivi 9mila euro nel 2017 e così via fino al 2018. È sempre Mutangana a beneficiare dei soldi. I finanzieri hanno ascoltato i titolari delle carte prepagate, risultati essere i titolari delle strutture dell’universo Karibu, tra cui Valeria Giglioli (non indagato), partner di Richard Mutangana, che aveva con l’ex marito un conto co-intestato. I titolari delle carte erano preoccupati perché avevano sì la titolarità formale delle carte, ma le distrazioni dei soldi continuavano al di là della loro volontà.
Rispetto ai pocket money che avrebbero dovuto andare ai migranti, il finanziere ha spiegato che, pur non avendo contestato l’aspetto alla “family”, dopo aver fatto i “carotaggi”, è emerso che era la stessa Mukamitsindo ad auto-certificare che i soldi finissero al migrante destinatario (o che avrebbe dovuto essere destinatario).
Dopo l’esame del pubblico ministero, è iniziato il lungo contro-esame degli avvocati Roccato e Borré che hanno interrogato minuziosamente il luogotenente della Finanza, passando in rassegna tutta la complessa indagine portata avanti dal nucleo Pef. Oltre quattro ore di interrogatorio. Alla fine, il processo è stato rinviato al prossimo 9 ottobre quando verrà esaminato un altro investigatore della Guardia di Finanza che ha portato avanti le indagini.