Quello che sta accadendo a Itri ha davvero dell’incredibile. La vicenda della proprietà abusiva dell’acqua – o per meglio dire dei pozzi che la smistano in città ad almeno 3mila abitanti (mille utenze) – e in mano ad appena cinque persone, non solo non è stata risolta, ma a distanza di oramai oltre un anno dalla scoperta della vicenda dei pozzi abusivi, sono le stesse istituzioni, almeno quelle del territorio, ad essere protagoniste di ambiguità inaccettabili. Un enorme conflitto di interesse multiplo e trasversale culminato in un incontro informale avvenuto il 29 giugno scorso e il cui esito è finito direttamente sulla scrivania del prefetto di Latina informato dell’accaduto dal consigliere comunale di minoranza del MoVimento Cinque Stelle Osvaldo Agresti.
Una specie di gigantesca parodia, una pantomima, per non dire una presa in giro, di quello che era stato invece l’accordo conclusivo dopo l’incontro tra il Comune di Itri e la Provincia di Latina del 16 maggio scorso, e secondo il quale, per cercare di districare l’intricata matassa di competenze e di interessi pubblici e privati, si era pensato alla costituzione di un’associazione degli utenti “nelle mani” dei pozzaroli, messi nelle condizioni di co-gestire la propria risorsa in maniera equa e con eguale diritto di accesso a un bene fondamentale come l’acqua, così da scongiurare nello stesso tempo i temuti espropri.
Ma nulla di tutto questo è accaduto e lo si doveva capire sin dalle premesse. Infatti – pur non badando a una forma che in una tale situazione ai limiti della legalità diventa sostanza – in giro per la città è stato affisso un volantino con poche parole che riportava il seguente testo: “Su sollecito della Provincia di Latina (settore ambiente – ecologia) e del Comune di Itri, la ditta Ciccone Rosetta invita a partecipare alla riunione convocata per il giorno 29 giugno 2019 alle ore 19 presso il centro sportivo sito in via contrada Vagnoli 26° per discutere della questione ‘Acqua’ onde evitare disservizi e distacchi”. Che detta così significa più o meno “o venite all’incontro o vi stacchiamo l’acqua”, che ha ingenerato già uno stato d’ansia in quegli utenti, addirittura aggravato una volta giunti all’appuntamento. Vediamo il perché.
Perchè il 29 giugno scorso, presso l’impianto sportivo, le persone accorse a capire cosa fosse del destino del loro accesso all’acqua, si sono trovate dinanzi a un vero e proprio ultimatum, che addirittura il vicesindaco di Itri Andrea De Biase di Forza Italia avrebbe pronunciato con le parole “O si beve o si affoga”. Un’espressione di cattivo gusto ma utile a fare capire senza esitazioni, a queste persone, che andava firmato l’atto costitutivo, già bello e pronto, della nascente associazione M. A. R. A, fondata da Rosetta Ciccone e Aldo Saccoccio. Sul posto era presente anche Giuseppe Cece, legale di Rosetta Ciccone (e consigliere comunale dello stesso partito di Elena Palazzo, il cui padre è un altro dei cinque proprietari dei pozzi). Con la propria sottoscrizione, accompagnata dal versamento di 25 euro, si dava pieno mandato alla costituente associazione di ottenere il riconoscimento istituzionale “per la derivazione di acqua non potabile da una presa già esistente per i propri usi e necessità presso la proprietà di cui è titolare e per garantirne una corretta gestione”. Che detta così è molto differente dallo scopo auspicato dalla Provincia, che aveva invece promosso la costituzione di una associazione più equa possibile per prendere in carico la gestione dei pozzi. Mentre nel caso di M.A. R. A. pure il direttivo è a conduzione familiare, Aldo, Anna e Marilena Saccoccio, e tutti i servizi, dal pompaggio, alla manutenzione, alla fornitura restano in carico alla proprietà iniziale. Tutto è cambiato affinché tutto restasse com’era.
E infatti un lungo audio in presa diretta testimonia la grottesca proposta che, oltre a finire sulla scrivania del prefetto, sarà oggetto di integrazione alla denuncia presso la procura della Repubblica di Cassino già depositata nelle scorse settimane. Ma non solo, perché appena quattro giorni dopo l’incontro, uno dei partecipanti – l’ex responsabile dell’associazione di protezione civile di Gaeta “La Fenice” Aldo Baia – si accorge delle numerose anomalie della proposta, e protocolla al Comune di Itri una lettera nella quale racconta l’accaduto, sottolineando i molteplici aspetti di apparente illegittimità della proposta e i numerosi conflitti di interesse esistente. A cominciare dalla convinta posizione proprio del vicesindaco che ha avallato la sottoscrizione dello statuto, proseguendo sulle numerose lacune e violazioni delle norme sulle associazioni e circa la anomala forma giuridica sia dell’atto costitutivo che dell’associazione stessa.
Modalità e proposte che non sono piaciute nemmeno ai competenti uffici della Provincia di Latina che avevano promosso un incontro tra le parti e che invece nelle ultime ore si sono dissociati, come il dott. Tibaldi, da quanto accaduto il 29 giugno scorso. Parliamo di un volume di affari per ogni pozzo di cifre che si aggirano sugli 80mila euro l’anno, su cui i proprietari – denuncia Agresti – agiscono con fare intimidatorio e le istituzioni tacciono e spesso avallano. Perciò, dopo l’interrogazione regionale presentata alla giunta Zingaretti dalla consigliera del MoVimento Cinque Stelle Gaia Pernarella, dovrebbe arrivare pure quella parlamentare dei deputati alla Camera Ilaria Fontana e Raffaele Trano.