Se ne parla martedì a Itri con la professoressa e avvocato Pietrina Soprano. Ore 20,30 presso la Corte comunale
Scritto e a cura di Orazio Ruggieri
È sempre più crescente e diffuso tra gli studenti l’assunto che lo studio sia un diritto e non un dovere. Molti, addirittura, intendono questo modo di pensare come un dogma che li autorizza a contrapporsi, a volte anche in maniera non proprio civilmente tollerabile, ai pur responsabili appelli, da parte dei docenti che hanno a cura la perfetta formazione dei ragazzi in classe.
“No, professoressa, lei non ha alcun diritto di stimolarci allo studio. Il diritto lo abbiamo noi: è quello di poter scegliere se voler applicarci o meno. Non sta scritto da nessuna parte che noi si debba studiare. Se ci va di impegnarci, quello lo stabiliamo noi e soltanto noi”. Frasi di questo genere vengono rivolte, con una costanza quasi quotidiana, da una popolazione scolastica numericamente crescente, agli insegnanti che spronano gli alunni allo studio e che vedono tante volte vanificati i loro stimoli da una controparte che evidenzia, con un atteggiamento di insorgenza anarcoide, il totale rigetto dell’idea di “dover” studiare. Ma chi ha ragione in questa singolare tenzone che trova luogo principalmente negli spazi delle aule delle scuole medie superiori? È quanto tenta di approfondire, interrogando, soprattutto se stessa, la professoressa Pietrina Soprano, avvocato e attenta osservatrice dei fenomeni legati alle problematiche sempre più dialetticamente sostenute tra chi vorrebbe formulare un protocollo discente e chi fa appello ai dettami in materia fissati dai Padri Costituenti negli articoli della massima Carta regolatrice della vita comunitaria nella nostra nazione.
“Lettera a un alunno ai tempi dei virus e delle guerre” si intitola la pubblicazione dell’autrice, docente in un istituto di studi superiori della Capitale, oltre che avvocato e fervente operatrice in tanti campi attinenti le sempre più complesse problematiche di una gioventù che si appella, per affermare i suoi desiderata, ai soli presunti diritti. Certamente, ne è passato di tempo dalla situazione che Lorenzo Milani, priore di Barbiana, illustrava nella sua opera “Lettera a una professoressa” e che la prof. Lidia Menapace, bollava, con toni pionieristicamente femministi in quel lontano 1967, come “scritto che riportava solo l’attenzione sui maschietti”. “ A parte il fatto –scrive in proposito Mario Lancisi- che alla scuola di Barbiana c’erano ragazzi e ragazze e che’ Lettera a una professoressa’ (come documento nel mio Don Milani. La vita, Piemme) nasce dalla bocciatura di quattro maschietti, mi chiedo: ma difronte a un libro che ha sconvolto la scuola italiana, che ha venduto milioni di copie, che è stato tradotto persino in cinese, che senso ha mettersi a ragionare se sono citate anche alcune femminucce.
È come l’apologo del saggio che indica la luna e lo stupido (o stupida di turno) si mette a guardare il dito. L’accusa della Menapace è da sinistra salottiera, borghese, che – come diceva don Milani – preferisce farsi le “seghe” intellettuali anziché battersi per i poveri”. Moderato dal’ing. Simone Di Mascolo, consigliere comunale, l’incontro vedrà gli interventi di Giovanni Agresti, sindaco di Itri, Salvatore Mazziotti, assessore alla Cultura, Alberto D’Alessandro, dirigente Polizia Locale di Itri, Pasquale Ranucci, presidente del Rotary Club Formia-Gaeta, che porteranno il saluto introduttivo al confronto. Seguiranno gli interventi di Alba Faraoni, ispettore P.S., referente progetto “Pretendiamo Legalità”, dipartimento P.S. in collaborazione con il Ministero dell’Istruzione; Maria Chiara Soprano, dottoressa in Ingegneria Energetica, Università “La Sapienza” di Roma, Pietrina Soprano, professoressa, avvocato, docente referente Legalità presso Ipseoa “A. Celletti” di Formia.