Vendere i derivati della cannabis è reato. Così ha stabilito la sentenza emessa giovedì scorso dalle sezioni unite penali della Cassazione. Una decisione che è andata a definire l’ambito di applicazione della legge 242 del 2016, quella cioè inerente alla “promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa”.
Secondo il provvedimento del 2016, sono consentite la produzione e la commercializzazione della “cannabis light”, ma solo per determinati scopi. Una norma che non tocca tutte le casistiche e che negli ultimi due anni e mezzo ha fatto proliferare sia i cannabis shop che le tabaccherie autorizzate alla rivendita di bustine di erba, tecnicamente senza effetti psicotropi.
Anche a Latina, alcuni esercizi, già dal primo giorno dopo la sentenza, e senza aspettare le motivazioni della Cassazione che specificheranno cosa è lecito e cosa no, hanno deciso di chiudere i battenti o di cessare la vendita della cannabis light. Secondo Coldiretti, stiamo parlando di un giro d’affari pari a circa 150 milioni di euro solo nel 2018 (nel 2017 era di 40 milioni di euro).
Cosa succederà adesso? Si bloccherà tutto con i relativi all’indotto o si potrà continuare con la cannabis light?
Lo abbiamo chiesto a Giuseppe Bianco, titolare del primo Cannabis Shop nato a Latina.
INTERVISTA AL PRIMO CANNABIS SHOP DI LATINA. COSA SUCCEDERÀ DOPO LA SENTENZA?
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