Ricoverata per una lombosciatalgia, dopo meno di un mese muore: è successo alla Clinica “Casa del Sole” di Formia
Se si tratti dell’ennesimo caso di mala sanità in provincia di Latina, lo stabiliranno gli organi competenti: in particolare, almeno nelle fasi iniziali, i Carabinieri di Formia a cui tre fratelli si sono rivolti per denunciare il caso che ha coinvolto la loro sorella, morta all’età di 58 anni.
I destinatari della denuncia dei tre fratelli di Formia sono i medici che hanno avuto in cura la donna alla Clinica “Casa del Sole” di Formia, più volte al centro di polemiche dal momento che il patron Maurizio Costa è da anni nume tutelare più o meno esplicito di trame politiche (sono stati i consiglieri comunali, che facevano riferimento a lui, a far cadere la maggioranza che sosteneva la Giunta Villa nella precedente consiliatura).
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E non solo politica perché la “Casa del Sole” è stata all’attenzione della cronaca anche per indagini della magistratura come, ad esempio, il caso di mala sanità che vide suo malgrado coinvolta la giovane Mariachiara Mete deceduta dopo essere entrata per un intervento di rinoplastica; oppure una inchiesta della Procura di Cassino su ricoveri gonfiati e truffe, seccamente smentita dopo un paio di mesi dal patron Maurizio Costa in persona; e ancora l’indagine, partita da Nocera Inferiore e condotta dai Nas, con al centro il medico Francesco Salzano, professore ordinario di Otorinolaringoiatria presso la Scuola medica salernitana. Senza contare altri episodi di denunce e approfondimenti della magistratura per omicidio colposo che ha coinvolto medici e chirurghi. Si dirà, concedendo di molto al cinismo, rischi del mestiere.
Eppure, a voler vederci chiaro, stavolta è un’altra famiglia che ha denunciato ai Carabinieri formiani tutti gli eventuali responsabili della struttura sanitaria. Tre fratelli che hanno visto entrare in una struttura sanitaria la sorella in vita e uscire morta, con una comunicazione arrivata in mattinata direttamente dalla Clinica del Sole di Via Paone.
Succede che la donna, lo scorso 9 maggio, viene ricoverata su consiglio del medico curante presso la clinica per un Iombosciatalgia opprimente che non le faceva sentire né gambe né braccia, a tal punto da fare fatica a camminare. Per farlo, la donna aveva avuto bisogno del supporto di una sedia.
Una volta ricoverata, la 58enne viene trasferita presso il Reparto Ortopedia e, dopo qualche giorno, condotta in un nuovo Reparto, quello di Medicina, senza che, lamentano i tre fratelli, nessuno li avverta (lo hanno saputo solo perché una parente ha telefonato alla clinica per conoscere le condizioni della donna). Nel frattempo passano i giorni e del male che affligge la 58enne non si sa nulla. Né una diagnosi, almeno ufficialmente, né una comunicazione alla famiglia.
Al che uno dei fratelli con la cognata si recano alla Clinica per visitare la donna. La situazione è sin da subito drammaticamente chiara: le sue condizioni sono peggiorate, anche in ragione del fatto che si sta parlando di una 58enne, ancora giovane, ma che dimostra di avere sempre meno forza nelle gambe e nelle braccia e con una maledetta debolezza che la inchioda a letto. Apprendono, durante la visita, da un medico del Reparto Medicina, che la parente è stata sottoposta a una TAC al cervello e una trasfusione. Il problema, però, non solo non è risolto, ma è inconoscibile: secondo quanto denunciato dai tre fratelli, infatti, nessuno sa per quale ragione gli arti non rispondono.
Ieri, 31 maggio, la telefonata dalla clinica per avvertire, nel primo pomeriggio, che la situazione della 58enne è vieppiù peggiorata. Uno dei fratelli si precipita in Clinica e scopre, per bocca di un medico, che alla donna, la quale nel frattempo ha sviluppo liquido nei polmoni, è stato somministrato l’ossigeno e che lo stesso è stato aumentato da quattro litri al minuto in sei litri al minuto. Tutto in attesa di un miglioramento.
Infine, stamani, 1 giugno, di prima mattina, la telefonata che nessuno vorrebbe mai ricevere: la donna è deceduta, di notte, da sola, nel letto della struttura sanitaria. L’ultimo compagno di vita: l’ossigeno inutile per farla riprendere. Una morte di cui i tre fratelli non possono capacitarsi: in una ventina di giorni hanno visto morire la sorella di 58 anni ricoverata all’inizio per una lombosciatalgia e finita attaccata all’ossigeno.
Ecco perché, nella denuncia, chiedono all’autorità giudiziaria, che aprirà un fascicolo d’indagine, l’esame autoptico, il sequestro della cartella clinica e della salma. Insieme al dolore, vogliono quantomeno comprendere per quale ragione si deve morire così: in una ventina di giorni, dopo essere stati ricoverati per una lombosciatalgia.