Un appalto sulla gestione dei rifiuti da oltre 50 milioni di euro funestato da provvedimenti antimafia e indagini giudiziarie (perciò sotto controllo della prefettura), l’assessore all’ambiente che lo ha confezionato indagato per corruzione, la Dia che denuncia la presenza dei clan in città, numerosi latitanti camorristi che cercano e trovano riparo, una indagine per corruzione a carico di 11 funzionari per l’approvazione di concessioni edilizie e quello spettro legato alla presenza della ‘Ndrangheta a Fondi dove lavorava come dirigente comunale che non ha ancora avuto definitiva chiarezza, sono tutte circostanze che il sindaco di Gaeta Cosmo Mitrano non ha ritenuto sufficienti per rispondere presente alla convocazione ricevuta dalla commissione regionale antimafia il 21 febbraio scorso. Almeno per mandarci qualcun altro. Ma cosa impegnava Mitrano a tal punto da non poter partecipare alla commissione? Una seduta del distretto socio-sanitario del sudpontino, di cui Gaeta è da poche settimane diventata capofila e convocata appena una settimana prima ma alla quale sicuramente erano assenti Formia, Itri, Minturno e Castelforte. Quasi tutti. Tanto valeva rimandare, eppure si vede che per Gaeta e per il suo sindaco non esiste nessun rischio, nessuna infiltrazione e nessuna circostanza per preoccuparsi di camorra.
È di opinione chiaramente diversa la Direzione investigativa antimafia che riporta nel paragrafo dedicato alla Regione Lazio, nell’ultimo rapporto semestrale, l’inquietante presenza a Gaeta di una donna, madre di un affiliato al clan DE MICCO, del quartiere napoletano di Ponticelli, tratta in arresto il 31 gennaio 2018 (pag. 299). Addirittura nel febbraio 2017 a Gaeta viene arrestato l’allora 34enne Nicola Russo che, riferendosi al magistrato antimafia Cesare Sirignano, afferma, registrato in una intercettazione, “a quel pm gli sparo quattro colpi in faccia”. Tale circostanza emerse nell’ambito dell’indagine dell’Antimafia partenopea – coordinata dal procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli – che ha portato all’arresto di Russo e di altre otto persone con l’accusa di far parte di un gruppo legato alla famiglia Bidognetti; famiglia nel cui interesse Russo avrebbe gestito tra agosto e novembre 2015 gli affari illeciti nel comune di Castel Volturno. Famiglia del boss Francesco (la figlia arrestata a Formia) alla quale è stato peraltro riconosciuto l’imprimatur dei nuovi vertici nella gerarchia del clan dei casalesi arrestati pochi giorni fa a Minturno (Mario Fazzone e Francesco Pugliese). Ma Gaeta già da tempo si conferma luogo di residenza e business di rappresentanti di spicco dei clan camorristici: nell’ottobre 2014 fu arrestato anche Gaetano Tipaldi, allora 68enne, tra i vertici del clan Lo Russo. Estorsioni e droga, dunque, sono come al solito i principali business, ma per incassare ingenti introiti, c’è bisogno dell’ampiezza che offre la porta di ingresso della pubblica amministrazione. Meglio se è quella del Comune, come ha ribadito proprio la Dia nella relazione sopracitata relativamente all’intensificarsi dei rapporti collusivi tra istituzioni e criminalità organizzata.
E allora il campo degli appalti diventa il principale terreno di gioco tra squadre solo in apparenza contrapposte ma che giocano la stessa partita. Perciò il maxi appalto da 54 milioni di euro per la gestione dei rifiuti in città (altra materia cara al crimine organizzato) è da tempo nel mirino delle autorità giudiziarie e investigative. Ma ciò nonostante, dopo due interdittive antimafia, l’intervento del prefetto che ha nominato due commissari prima e un amministratore giudiziario poi e due indagini per corruzione che la riguardano, non sono sinora bastate a Mitrano per prendere in considerazione l’ipotesi di rinunciare alla Ecocar della famiglia Deodati o quantomeno per riferire la vicenda in commissione regionale antimafia. Tutto ciò, va precisato, aggravato dalla circostanza per la quale l’assessore che ha curato l’istruttoria della gara d’appalto per far partire la raccolta porta a porta in città, Alessandro Vona – fortemente voluto da Mitrano all’assessorato all’Ambiente – è stato recentemente denunciato per corruzione, per aver intascato in almeno tre circostanze, tangenti dalla Ecocar per un importo complessivo di 55mila euro.
Nella stessa prospettiva il sindaco Mitrano poteva interrogare la commissione – ci chiediamo se lui stesso si interroghi a tal proposito – rispetto alla possibilità che ben 11 funzionari del Comune di Gaeta possano continuare a commettere reati di corruzione, abuso d’ufficio, falso, danneggiamento e abusivismo edilizio, come pensa il pubblico ministero della Procura di Cassino Beatrice Siravo, perché appartenenti, secondo l’ipotesi accusatoria, di un ben collaudato sistema per la gestione ad personam del settore urbanistica e quindi nella concessione delle licenze edilizie. Per questo motivo il magistrato aveva chiesto l’irrogazione di misure cautelari: gli arresti domiciliari per il tecnico del Comune di Gaeta Cristofaro Accetta, il divieto di dimora a Gaeta per i geometri Alessandro Liberace, Salvatorluca Tallaro e Andrea Criscuolo e l’inibizione dal servizio presso il comune di Gaeta dei funzionari Fulvia Marciano e Lilia Maria Pelliccia. Il Gip del Tribunale di Cassino Salvatore Scalera si era opposto nel settembre scorso alle richieste cautelari e la Siravo era tornata all’attacco: a dicembre si è discusso davanti alla terza sezione penale del Riesame e il ricorso è stato rigettato. Resta in sospeso la richiesta di rinvio a giudizio dopo la conclusione delle indagini preliminari. Ma cosa c’entra la commissione antimafia con questa vicenda? C’entra eccome, perché le indagini – poi passate anche nelle mani della direzione distrettuale antimafia di Roma – partirono dalle denunce per abusivismo edilizio nei confronti di Silvestro De Pasquale e Gelsomina Mancini, proprietari di un’area in località Serapo dove la A. & P. P. group srl con sede legale a Itri di Arcangelo Purgato stava eseguendo i lavori per la costruzione di una palazzina, di Carmine Canterino quale titolare della società in subappalto e Salvatorluca Tallaro in qualità di direttore dei lavori. In seguito è arrivata la denuncia per falso e abuso di ufficio nei confronti del funzionario del Comune di Gaeta Lilia Pelliccia, che ha dovuto sostituire il dirigente Roberto Guratti nell’apposizione delle firme per i permessi a costruire. Alcuni di questi pur risultando residenti in Comuni del sudpontino erano di fatto residenti a San Cipriano D’Aversa.
Tanti fronti aperti, anzi apertissimi, in principal modo riguardo ai rapporti tra il Comune e numerose realtà molto ambigue presenti sul territorio e oggetto di indagini giudiziarie, oltre che all’attenzione delle direzioni antimafia e delle forze di polizia, come sottolineava l’ex questore di Latina De Matteis che considerava Gaeta una priorità massima nella lotta alla criminalità organizzata. Ma questo, Mitrano, lo sa bene, visto quello che ha dovuto passare al Comune di Fondi, quando, in qualità di dirigente ha vissuto in prima persona l'”occupazione” della Ndrangheta sul territorio, negli appalti, gli attentati incendiari e la commissione prefettizia di accesso al Comune che generò le dimissioni in massa del Consiglio comunale appena in tempo per scongiurare lo scioglimento per infiltrazione mafiosa. A proposito di quella commissione d’accesso presieduta da Bruno Frattasi, che stilò una relazione ancora oggi secretata, nel 2015 due parlamentari della Repubblica, Luca Frusone e Carlo Sibilia (oggi sottosegretario), presentarono una interrogazione parlamentare per chiedere se non fosse opportuno addirittura considerare lo scioglimento del Consiglio comunale di Gaeta proprio a causa della presenza di Mitrano (richiesta reiterata anche dall’associazione antimafia “Antonino Caponnetto” nel dicembre scorso). Perché a Fondi Mitrano non chiedeva interdittive antimafia alla società Vivenda finita in Mafia Capitale (poi scagionata), firmava decine di mandati di pagamento a beneficio di una società indebitata col Comune di Fondi e di riferimento di un consigliere comunale e a beneficio dell’osservatorio da lui creato e gestito dalla sorella (Oescmi) e pure pesanti sospetti ci sono sulla fornitura di personale da parte della GeVi. Insomma una lunga serie di fatti conosciuti e che hanno addirittura nella stessa assunzione di Mitrano a dirigente del Comune pesantissime ombre circa la regolarità del procedimento concorsuale. Fatti sui quali nel 2017 anche il Tar del Lazio ha confermato l’interdittiva contro il sindaco Mitrano che aveva fatto ricorso contro i provvedimenti disciplinari presi dal commissario straordinario del comune di Fondi, dal segretario generale, dal ministero degli Interni e dalla prefettura di Latina nei suoi confronti, perché per i giudici amministrativi, prescindendo dalla commissione di reati, per punire è sufficiente accertare “forme di condizionamento tali da compromettere il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione e il regolare funzionamento del servizio”.