IL SIGNORE DELLA DROGA FORNITI DAVA LEZIONI: “ALL’ESTERO MI HANNO ARRESTATO, MA NON AVEVO UN GRAMMO ADDOSSO”

La droga era il “core business” a cui Patrizio Forniti, il capo cosca di Aprilia, non voleva rinunciare: un ramo d’azienda della sua organizzazione che ha radici lontane

Il 52enne Patrizio Forniti, il capo clan di Aprilia, era forte: relazioni con i broker del narcotraffico Gianluca Ciprian e prima di lui con Alessandro Radicioli, ucciso nel 2012 in seguito ad un agguato a Sezze Scalo in cui morì anche Tiziano Marchionne e rimase ferito lo stesso Ciprian.

Fornire di droga anche i clan Travali e Di Silvio, vende anche ai De Rosa di Latina, e ha rapporti con Luigi Ciarelli. Praticamente, intrattiene relazioni per la droga con tutti i clan di Latina e secondo quanto raccontato dal collaboratore di giustizia Agostino Riccardo vende la droga anche al broker Gianluca Ciprian, fornitore principale del clan Travali del quale, secondo la DDA, è addento (è accusato di associazione mafiosa con loro).

“L’ho iniziati io al narcotraffico – dice intercettato mentre parla con il giovane Matteo Aitoro, figura emergente e ben quotata essendo fidanzato con una delle figlie di Forniti.

Si preoccupa, Forniti, di quando sa che Ciprian, che è attualmente detenuto per l’inchiesta Reset (associazione mafiosa col clan Travali), “l’hanno bevuto in Spagna”. Infatti, il pontino, nel gennaio 2020, fu arrestato insieme a tre albanesi a Barcellona con un carico di cocaina da 440 chili.

Sin dai verbali riempiti dai tre collaboratori di giustizia Agostino Riccardo, Renato Pugliese e Andrea Pradissitto, emerge una figura, quella di Forniti, che ha tutte le caratteristiche del boss di primo livello, capace di inondare la provincia di Latina di chili e chili di droga: hashish, cocaina e marijuana. Lo fa, Forniti, anche grazie ai suoi più stretti collaboratori: il deceduto Maurizio Dei Giudici, Massimo Picone, i generi Nabil Salami e Matteo Aitoro, il custode dello stupefacente Jasmail Singh detto “Riki”, Gianluca Vinci e Gianluca Mangiapelo che gestiscono la piazza di spiaccio di Via Inghilterra nel quartiere popolare Toscanini.

Quando c’è da mettere a tacere qualcuno che si sta allargando nello spaccio, la cosca non si tira indietro. E i traffici di droga continuano imperterriti.

Al di là dei fatti specifici di passaggi e smerci di droga, è nel bel corso della conversazione, intercettata dalla Dia, che Forniti spiega chi è: un vero signore della droga. Lo spiega al genero Matteo Aitoro di avere avviato al traffico di rilevanti quantitativi di stupefacenti sia Ciprian che Radicioli, i cui capi si rifornivano da lui: “Se tu considera che questi due ragazzi…allora chi è che ha iniziato sono stato io, e questi qua per quindici anni…questi ragazzi e i principali sua, questi ragazzi…tra cui quello che hanno bevuto in Spagna e un altro amico mio che è morto…che gli hanno sparato sono io che ho iniziato e sono io che ho fatto iniziare a loro, loro per quindici anni sono stati che venivano a comprare, i principali loro venivano a comprare da me”.

Secondo il racconto del Forniti, che collima con quanto spiegato dai pentiti pontini, dopo l’uccisione di Radicioli, Ciprian aveva deciso di “crescere” come trafficante fino a quando era stato arrestato: “…poi uno è morto… e l’altro, che è quello della Spagna, dice: “E…io…voglio crescere…voglio andare inc…”; gli ho detto: “va bene, ci sono i pro ed i contro”; gli ho detto, perché io, sinceramente, preferisco mettermi qua per fare un altro tipo di lavoro, perché se mi devo mettere ad andare fuori ad organizzare le cose, che le ho fatte, però mi sono pure reso conto dal profondo… pensa, perché ci sta un rischio esagerato ed oltretutto si perde pure spesso! Quindi io…tu vuoi crescere e devi avere il tuo diritto, perché mica devi stare sotto lo schiaffo mio…Puoi fare quello che vuoi!”. Ha voluto fare…sono passati cinque-sei anni… ecco il patatrac…”.

Lo stesso Forniti rimarca che, nonostante anche lui stesso fosse stato arrestato all’estero, in Belgio, non era stato così ingenuo da farsi trovare addosso un solo grammo di sostanza stupefacente: “…Per carità eh, sono cascato pure io all’estero ma non mi hanno trovato un grammo… né dopo e né durante, non hanno trovato un solo grammo!”.

“II 3 febbraio 2020 – scrivono gli inquirenti – Forniti spiegava ad Aitoro di essere tuttora legato da un vincolo molto solido con Gian Luca Ciprian, tanto da voler riferire ai familiari che non l’avrebbe abbandonato (“gliel’hanno messa al culo…è scappato…e Gianluca…non vale come siamo fatti noi…e che fa lo accanni?”).

Dopodiché, Forniti racconta al nipote Ivan Casentini, altro pezzo grosso del clan apriliano, le modalità con cui Ciprian era stato arrestato in Spagna: “Correva in mezzo a Barcellona, hanno bloccato il furgone ed hanno voluto sapere, 444 chili, e la salvezza sua è che sta a Barcellona…e di aver consigliato alla moglie di continuare a condurre una vita normale cercando di far scontare al marito la pena in Spagna dove avrebbe avuto una condanna più mite…che già lo stava marcando, perché già lo accusavano e quindi…e mo’ adesso sicuramente faranno…mo’ ieri ho parlato con la moglie e gli ho detto: “Guarda…lei sta sotto…per nessuna ragione al mondo…non lasciare casa, tieni i figli a scuola…”.

“Si è cosi – continua Forniti – perché non lo sa nessuno, ci sta una legge, Gianluca c’ha i debiti, la residenza in Spagna…e c’ha i figli che vanno a scuola…quelli dell’Aire gli fanno un mandato di cattura da farci in tutto scontà…in pratica gli fanno dare venti anni, lui, quando va definitivo, e comunque se deve fare una misura dalla Spagna non lo sposta nessuno…tu considera che per tutti questi della Calabria è la Cassazione che decide”.

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