Ancora l’Arpa Lazio, l’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale della Regione Lazio, e ancora la S.E.P., la Società Ecologica Pontina s.r.l. che, con il suo impianto che produce compost nella zona industriale di Mazzocchio, tanto anima le preoccupazioni dei cittadini come riportava anche l’articolo di Latina Tu: “A Pontinia la fanno da padroni puzze pestilenziali, enti inutili e inchieste”.
Il 4 febbraio, nell’ambito della Conferenza dei Servizi convocata dalla Regione Lazio e del sopralluogo da parte dell’ufficio AIA (Autorizzazioni Integrate Ambientali), furono presenti, oltre alle varie parti interessate (Regione, vertici della società ecc.), appena due rappresentanti politici, la consigliera regionale Gaia Pernarella (autrice peraltro di una recente interrogazione regionale) e la consigliera comunale di Priverno Rosie Fania, oltre che a un gruppo di cittadini e attivisti politici che manifestavano contro l’impianto in attesa di conoscere gli esiti della vicenda.
Pochi giorni prima, l’1 febbraio, l’Agenzia Regionale (Arpa Lazio) redigeva, invece, con la firma dei dirigenti Marco Rizzuto e Silvia Paci, il suo parere relativo al procedimento di riesame che boccia sostanzialmente il compost prodotto dalla Sep, stabilendo che senza determinate migliorie strutturali e procedurali non potrà nemmeno essere elaborato dalla società degli imprenditori romani Vittorio e Alessio Ugolini un nuovo Piano di Monitoraggio e Controllo (PMeC). Lapidario il responso dell’ente regionale alla fine del parere: “la valutazione della documentazione allo stato attuale agli atti non può che determinare un parere negativo di Arpa Lazio a riscontro della medesima“.
Non sembra pensarla così Vittorio Ugolini (video sotto), il proprietario dell’impianto, che nonostante la protesta dei manifestanti è convinto di produrre compost di reale qualità.
E d’altronde non bastano ai manifestanti neanche le rassicurazioni che Ugolini dà parlando dell’altro suo impianto proprio di fianco alla Sep, la Sogerit, nata a fine 2017 dopo il sequestro della Sep operato dalla Procura della Repubblica di Latina, e in grado di fare, per utilizzare le parole dell’imprenditore romano, una “spremitura” o “spremuta” al rifiuto in entrata (che probabilmente arriva già in uno stato putrescente) in modo tale da eliminare il primo percolato (video sotto).
Una tesi che non convince i cittadini che manifestavano come si evince nei due video di seguito dove Pasqualino Pisano, uno degli organizzatori della manifestazione del 4 febbraio, e due manifestanti presenti all’evento raccontano i disagi della popolazione.
È bene precisare, ad ogni modo, che il parere di Arpa Lazio non si occupa della richiesta più temuta da parte dei cittadini, ossia l’aumento delle tonnellate conferibili nell’impianto di Via Marittima II: un incremento dalle 49.500 tonnellate odierne (derivanti dai conferimenti di 37 comuni, per lo più della provincia di Latina escluso il capoluogo) alle 60.000 tonnellate delle quantità annue di rifiuti conferibili e trattabili, già autorizzate, per cui pende in Regione Lazio un procedimento di verifica di assoggettabilità a Valutazione d’impatto ambientale (VIA).
Come ricorda l’Arpa nel parere di cui scriviamo, la Sep si occupa essenzialmente di produrre “ammendante a partire da rifiuti, mediante compostaggio, nel rispetto di quanto previsto dal D.Lgs. n. 75/2010“.
L’atto autorizzativo originario ottenuto dalla Sep determina che le frazioni da utilizzare sono costituite da 3 macrogruppi: rifiuti organici (l’umido da raccolta differenziata); fanghi biologici (da depurazione come per le acque reflue); rifiuti lignocellulosici (scarti secchi derivanti da vegetali, le cosiddette biomasse).
L’Arpa, nel parere, ripercorre e spiega il corpo e le dinamiche del processo di trasformazione da cui deriva il compost.
La società Sep è autorizzata a gestire un quantitativo massimo di rifiuti pari a 250 tonnellate al giorno che fanno 49.500 tonnellate all’anno, e “a svolgere sugli stessi alcune operazioni regolate dal Testo Unico Ambientale (D.Lgs. n. 152/06): messa in riserva di rifiuti per sottoporli a una serie di ulteriore operazioni indicate, escluso il deposito temporaneo, prima della raccolta, nel luogo in cui sono prodotti; riciclaggio/recupero delle sostanze organiche non utilizzate come solventi (comprese le operazioni di compostaggio e altre trasformazioni biologiche); gassificazione e pirolisi (ndr: un processo di decomposizione termochimica di materiali organici, ottenuto mediante l’applicazione di calore e in completa assenza di un agente ossidante come l’ossigeno) che utilizzano i componenti come sostanze chimiche. Il trattamento svolto nella Sep è un processo di compostaggio suddiviso in due fasi: biossidazione accelerata e maturazione.
La prima fase (biossidazione accelerata), come riporta Arpa Lazio, viene assicurata per mezzo di un trattamento aerobico in biocelle, per un periodo di 8 – 9 giorni, la seconda fase (maturazione) mediante un trattamento effettuato in cumuli statici aerati, per un periodo di 30 giorni.
Il procedimento di riesame, spiega l’ente, è stato avviato anche a seguito delle criticità gestionali che interessano l’impianto riscontrate nel tempo dall’Arpa medesima nell’esercizio delle sue funzioni ispettive. Arpa Lazio, infatti, ha svolto molteplici attività di controllo presso la Sep, debitamente comunicate all’Autorità competente – nelle date 11/12/2015, 21/10/2016 e 19/12/2017 – che hanno evidenziato numerose criticità ambientali correlate all’esercizio dell’impianto di Mazzocchio.
Le criticità riscontrate hanno riguardato i prodotti ottenuti dal trattamento e la loro gestione, nonché gli impatti ambientali prodotti dall’impianto legati alle modalità di gestione dello stesso.
Dopo una disamina dei passaggi tecnici riguardanti la gestione dei rifiuti in cui Arpa descrive, in termini generali, il trattamento dei rifiuti presso la Sep, vengono evidenziate una serie di criticità connesse all’autorizzazione integrata ambientale vigente.
Il primo particolare messo in rilievo è che la Determinazione n. G08407 del 07/07/2015 di autorizzazione non specifica la tipologia di ammendante, tra quelle previste dal D.Lgs. n. 75/2010, che la Sep è autorizzata a produrre, né individua una soglia che definisca la quantità di prodotto.
La normativa vigente, precisa Arpa, a seconda della tipologia di ammendante che si intende produrre, prevede vincoli stringenti in relazione alla tipologia, alla provenienza e alle caratteristiche dei relativi rifiuti ammissibili al trattamento.
Tra i rifiuti autorizzati e accettati in ingresso all’impianto risultano presenti e destinati a compostaggio anche rifiuti non previsti dalla normativa e pertanto viene segnalato all’Autorità competente la necessità di riesaminare e aggiornare l’elenco dei rifiuti autorizzati.
Le Linee guida (mutuate da Arta Abruzzo, il corrispettivo abruzzese di Arpa Lazio), in gergo tecnico le BAT (ndr: best available techniques – la migliori tecniche disponibili), relative a questo tipo di impianto di trattamento meccanico biologico (D.M. 29/01/2007), prevedono tutta una serie di passaggi tecnici e di fasi al fine di garantire un processo a norma e, sopratutto, per evitare l’instaurarsi di processi putrefattivi nella biomassa in trasformazione con conseguente produzione di emissioni odorigene moleste. In soldoni, la puzza che denunciano, sin praticamente dall’avvio dei lavori alla Sep di Pontinia nel 2003, i comitati, i cittadini, qualche politico e gli attivisti presenti sul territorio, nel corso degli anni fino a oggi.
L’Agenzia rappresenta che, in relazione alla costituzione della miscela ottenuta dalle varie fasi da inviare a compostaggio, la Sep fornisce “indicazioni del tutto generiche rispetto alle 4 possibili miscele ottenibili, per le quali sono dichiarate esclusivamente le percentuali di “forsu”, “verde” e “fanghi” che vanno a costituire la miscela, senza alcun riferimento ai restanti parametri che sulla base delle Linee guida da seguire devono essere oggetto di alcuni adempimenti tecnici e normativi (D.Lgs. n. 75/2010)”. Solo una delle 4 miscele rispetta le prescrizioni delle Linee Guida.
Anche con le biocelle del processo di compostaggio (troppo grandi rispetto a quanto prescrivono le Linee Guida) e i tempi di processo non ci siamo poiché “con riferimento alla durata totale del trattamento di compostaggio si rileva che le tempistiche previste dal Gestore, ossia 39 giorni, risultano in contrasto con quanto previsto dal D.M. 05/02/1998, per il quale il tempo complessivo del processo (biossidazione + maturazione) deve risultare pari a 90 giorni“.
Criticità anche in merito all’altezza dei cumuli dei rifiuti che si formano dopo il trattamento dell’impianto e allo stoccaggio della miscela “prima del suo invio alle biocelle”.
Per quanto riguarda il controllo del processo di compostaggio “si evidenzia che non è stata fornita alcuna informazione circa la strumentazione utilizzata al fine di assicurare il corretto andamento del processo di compostaggio dei rifiuti“, con alcune pesanti lacune nel controllo e monitoraggio delle due fasi di biossidazione e maturazione del compost.
Il compost finale prodotto dalla Sep, nel corso degli anni 2015 – 2017, in base alle attività di controllo effettuate da Arpa Lazio, ha presentato, in sostanza, e in varie occasioni, la sua non conformità rispetto alla normativa vigente, mostrando la presenza di fumo e percolato. Vale a dire: le famigerate puzze e l’inquinamento.
“La produzione di percolato prodotto dai cumuli in stoccaggio, riscontrato in sede di controllo, può essere ricondotto a processi di stabilizzazione non conclusi nel compost posto in stoccaggio” a causa, con tutta probabilità, “delle tempistiche di trattamento globali del processo di compostaggio non rispettate (90 giorni) e dalla non corretta conduzione delle fase di biossidazione accelerata, ossia la fase responsabile di buona parte della riduzione della putrescibilità del rifiuto e della sua tendenza a produrre percolato, anche a causa di una probabile gestione non corretta delle fasi di insufflazione dell’aria all’interno delle biocelle”.
Nel sopralluogo del 2015, i sistemi di tale insufflazione dell’aria delle biocelle risultavano inattivi.
“La non corretta gestione del processo può comportare” – scrive Arpa Lazio nelle sue conclusioni – “da una parte la produzione e conseguente immissione sul mercato di un rifiuto ancora non stabilizzato e non rispondente alle caratteristiche previste dal D.Lgs. n. 75/2010 e dall’altra la produzione di emissioni odorigene moleste, come effettivamente riscontrato in fase di controllo…Ne consegue che le modalità di gestione adottate per il processo di compostaggio effettuato nell’impianto non forniscono alcuna garanzia che il medesimo consegua gli obiettivi di qualità per il compost prodotto, nel rispetto della normativa ambientale vigente…Sono altresì emerse criticità relative alla gestione delle acque di prima pioggia, rispetto al fatto che le stesse siano opportunamente trattate…Le attività di controllo effettuate dall’Agenzia hanno rilevato inoltre la presenza di ristagni di percolato sulla superficie del piazzale (ndr: dove si trova la società Sep); la presenza di acqua stagnante maleodorante all’interno dei pozzetti…”.
Per gli aspetti relativi alle cosiddette puzze, si rivelano essenzialmente 6 grosse criticità: il non corretto funzionamento del sistema di adduzione forzata di aria nelle biocelle; il mal funzionamento degli scrubber e dei biofiltri, ossia le apparecchiature che servono ad abbattere considerevolmente la presenza di polveri inquinanti; la cattiva manutenzione dei sistemi di chiusura del capannone dove si fa il prodotto Sep; le situazioni di ristagno di percolati provenienti dal materiale in lavorazione nelle varie fasi di trattamento; la mancanza di copertura dei pozzetti di raccolta delle acque di lavaggio dei piazzali e degli scrubber e ristagno delle acque nei pozzetti stessi; mancanza di copertura dei rifiuti lignocellulosici in attesa della triturazione.
Non lascia nulla d’intentato Arpa Lazio quando definisce il problema più avvertito dalla popolazione: “l’impatto olfattivo dell’impianto in questione sul territorio circostante, pur nei limiti sopra evidenziati, è risultato in ogni caso superiore ai valori di accettabilità del disturbo olfattivo presso i recettori“.
Secondo Arpa Lazio, dunque, tutte le criticità evidenziate nel corposo parere “devono essere superate nell’ambito dell’attuale procedimento di riesame attraverso l’adozione di adeguate soluzioni tecnologiche e/o gestionali, sulla base delle MTD (migliori tecniche disponibili) di settore, che garantiscano che l’impianto produca un ammendante adeguato sia in termini di caratteristiche qualitative sia in termini quantitativi, e non un compost non conforme da destinare a smaltimento“.
Ad oggi, ci sono tante cose in ballo per questa ormai eterna vicenda Sep: da una parte un sequestro della magistratura che dura da ottobre del 2017, con tanto di custode giudiziario che agisce nell’impianto; dall’altra le rimostranze della popolazione, con tanto di osservazioni inviate alla Regione Lazio al fine di scongiurare l’aumento di tonnellate in entrata nell’impianto Sep. In mezzo gli imprenditori che, per loro stessa ammissione, fino al sequestro qualcosa l’hanno sbagliato ma che, sempre a detta loro, hanno superato le criticità. Una convinzione che sembra essere smentita da Arpa Lazio e dall’evidenza dei fatti: se il compost fosse davvero un prodotto di qualità verrebbe venduto ad un prezzo in linea con un alto valore di mercato mentre, ad oggi, il compost viene svenduto o, addirittura, regalato agli agricoltori che decidono di utilizzarlo sulla propria terra.
Leggi qui il parere integrale di Arpa Lazio.