IL BUSINESS FEROCE DEI NOLEGGIATORI BALNEARI A GAETA: LE VESSAZIONI SUBITE DA 2 DONNE

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Spiaggia dell'Ariana di Gaeta

Racket agli stabilimenti balneari. Secondo gli inquirenti, ad essere colpita, una piccola concessione che si trova a Gaeta. Quattro gli indagati: tre uomini e una donna

È la Questura di Latina, nel comunicato stampa rilasciato ieri, a definire l’inchiesta della Procura della Repubblica di Cassino, coordinata dal sostituto procuratore Roberto Bulgarini Nomi, come racket agli stabilimenti balneari. Un’indagine, per episodi contestati tra l’estate 2019 fino all’inizio del 2020, che sicuramente ha squarciato il velo su un mondo che troppe volte, anche quest’estate, è finito sulla graticola dell’indignazione social a tal punto che è nato il gruppo Facebook, con seguito enorme, denominato “Difendiamo le spiagge libere e il mare della Riviera di Ulisse“. E sono volate denunce, minacce, querele e lotte tra cittadini desiderosi di godersi un po’ di mare dopo la dura primavera del lockdown e concessionari che, forti del loro titolo, si comportavano come feudatari di un medioevo prepotentemente di ritorno.

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E a quanto pare si sarebbe toccato il fondo proprio a Gaeta con quattro imprenditori che avrebbero vessato due donne che noleggiano le attrezzature balneari su un’area demaniale libera nella nota località Ariana.

Ad aver ricevuto gli avvisi di garanzia, con la conclusione delle indagini realizzate dagli agenti di Polizia, sono i tre formiani Damiano Vellozzi e Filippo Nocella come esecutori degli atti intimidatori, insieme ad Annunziata Smeraldi, più colui che è considerato dagli inquirenti come quello ad aver istigato i comportamenti di violenza e minaccia ai danni delle due donne: Antonio Buttaro di Gaeta (solo omonimo del Dirigente del Comune).

I quattro, a vario titolo, sono accusati di estorsione, atti persecutori e furto aggravato poiché, con le loro condotte intimidatorie, hanno costretto le due donne a rinunciare all’attività di noleggio di attrezzatura da spiaggia che queste legittimamente dovevano poter svolgere avendo una regolare concessione comunale.

Azioni, quelle dei quattro, che hanno costretto le due donne a cedere la loro attività a beneficio dei primi che hanno così operato giovando della loro clientela, dello spazio demaniale e, conseguentemente, dei loro profitti. Una sorta di strategia del cuculo, quella prospettata da investigatori e inquirenti, che sottende una ferocia nell’accaparrarsi pezzi di spiaggia libera, il nuovo oro di Gaeta e del sud pontino.

Tante le prepotenze descritte dagli investigatori come quelle di cospargere di benzina i lettini noleggiati dalle due donne; imbrattare di vernice l’auto del bagnino così da danneggiarla; appropriarsi delle chiavi dei servizi igienici per tenerli chiusi e causare, così, la revoca della licenza demaniale; otturare con la colla la serratura di un lucchetto che assicurava l’attrezzatura da spiaggia con l’intento di impedirne l’utilizzo; smontare e sottrarre la struttura del chiosco-bar; impossessarsi dei kit di salvataggio dei bagnini comprese le bombole di ossigeno e le valigette del pronto soccorso; influenzare i dipendenti affinché facessero vertenze sindacali. Insomma, un vero e proprio sabotaggio, sempre se i fatti verranno confermati nelle sedi opportune (il Gip di Cassino Salvatore Scalera ha respinto la richiesta di arresto formulata dal pm che ha fatto ricorso al Riesame), che ha costretto le donne ad abbassare la testa e abbandonare ciò che era di loro diritto.

Gesti odiosi che, dietro, celano la rapacità con cui ci si contende la gestione delle spiagge libere attrezzate, e in concessione, la quale diventa business e, infine, legge della giungla dove a vincere sono quelli che si uniscono in branco e utilizzano mezzi scorretti, soverchianti, impari e spietati.

La logica è sorretta dall’intimidazione che non può e non deve essere permessa in territori dove, già da decadi, ammanta attività economiche e coscienze delle persone.

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