Il sodalizio fondano Del Vecchio-Lauretti poteva contare su molti noti fornitori di droga tra il pontino e oltre: spicca la figura di Luigi Buonocore
Tra le circostanze emerse nell’ultima operazione eseguita da Carabinieri e Polizia, coordinati dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, c’è l’evidenza che il gruppo fondano Lauretti-Del Vecchio, oltreché ad avere mire espansionistiche, aveva contatti con tanti personaggi inseriti nel mondo del narcotraffico e anche nello smercio di armi.
Tra di loro c’è il pontino Simone Venerucci, legato al broker pontino del narcotraffico Gianluca Ciprian, ritenuto uno dei principali fornitori del clan Travali e soprattutto capace di avere relazioni internazionali tanto da essere stato arrestato in Spagna con cinque quintali di sostanza stupefacente. Peraltro, in una delle chat criptate, a maggio 2020 Johnny Lauretti si metteva in contatto con Giuseppe Purita, già condannato per essere stato fermato con un carico di droga da 22 chili all’altezza di Sezze Scalo. Purita viene definito da Lauretti l’operaio della moglie di Gianluca Ciprian, la non indagata Michela Marini, alludendo, secondo gli investigatori, che questi lavorasse per lei che si era già espressa con il medesimo Lauretti per acconsentire a vendere la droga a 36.000 euro al chilo.
Venerucci è figlio Fabio Venerucci detto Furia, deceduto ad aprile del 1998, e personaggio anche lui inserito in circuiti criminali. Lo ricorda in un passaggio dell’inchiesta un altro figlio d’arte, Luciano Zizzo, detto “Il delfino”, erede di Carlo Zizzo, l’uomo che ha dominato la scena criminale del narcotraffico di Fondi per diversi anni, con il fratello Alfiero Zizzo. Al “delfino” viene tributato il ruolo di erede della famiglia Zizzo, a capo per anni di un ampio contesto criminale dedito nel territorio pontino principalmente al narcotraffico, di indiscusso spessore malavitoso, come dimostrato dall’affiliazione al sodalizio criminale capeggiato da Michele Senese.
In seguito alla detenzione di Carlo Zizzo, padre di Luciano, Massimiliano Del Vecchio, secondo gli inquirenti, rileva la struttura criminale assumendone la guida, occupando lo stesso spazio geografico di intervento e, soprattutto, mantenendo solidi rapporti con gli ex promotori, che si concretizzavano con l’ingresso ai vertici dell’odierna struttura investigata di Luciano Zizzo che, come figlio di Carlo, viene tenuto in alta considerazione dal gruppo fondano, in ragione della sua parentela e perché sa muoversi bene negli ambienti avendoli vissuti sin da bambino. Dei rapporti tra Zizzo junior e il gruppo Del Vecchio-Lauretti, c’è traccia anche dall’analisi delle chat decriptate grazie ad algoritmo.
E non manca nei rapporti tra il gruppo egemone fondano Del Vecchio-Lauretti (in molti degli episodio di spaccio, avvenuti nel 2021, va detto che Massimiliano Del Vecchio si trovava in carcere a scontare la condanna a oltre 9 anni per l’operazione San Magno), anche un’altra figura del narcostraffico pontino: Pietro Finocchiaro detto il “Roscetto”. Nelle chat di messaggistica criptata e poi bucata dagli investigatori, si ipotizzava un acquisto di 370 grammi di cocaina ed una porzione della stessa, pari a 200 grammi: la droga sarebbe stata messa a disposizione del Finocchiario, che avrebbe dato in cambio 6 chili di tritolo, quando, in realtà, verranno ceduti 170 grammi di cocaina con 3,5 chili di esplosivo.
Finocchiaro, la cui prima condanna risale al 1998 per una rapina, è stato condannato, patteggiando la pena nel 2021, per essere stato sorpreso, a giugno, con un carico di armi a Latina, insieme ad altre due persone.
I Carabinieri trovarono tre pistole cariche, di cui due munite di silenziatore e una di esse con il colpo in canna. un pistola marca Glock calibro 45, con matricola abrasa e il colpo in canna, oltreché al caricatore inserito contenente 10 cartucce e silenziatore; una pistola marca Sig Sauer Sp 2022 calibro 9×21, matricola abrasa, caricatore inserito con 15 cartucce e sempre col silenziatore; una pistola marca Glock calibro 9×21, matricola abrasa, caricatore inserito, 15 cartucce e silenziatore, provento di furto denunciato ad Aprilia nell’ottobre 2019. Inoltre, all’interno di una custodia di plastica, furono rinvenute inoltre 3 caricatori, rispettivamente con 10, 10 e 15 cartucce, due di calibro 9×21 e il terzo di calibro 45. Ad aprile 2024, è stato raggiunto da provvedimento di sorveglianza speciale.
Ad ogni modo, un personaggio di peso, in tutta questa storia di droga, armi e chat criptate, è sicuramente il 47enne Luigi Buoncore, finito in carcere a differenza di Venerucci e Finocchiaro solo indagati, quale partecipe, almeno sino al giugno 2020, con il ruolo di assicurare stabilmente un canale di approvvigionamento di ingenti quantitativi di sostanze stupefacenti, in particolare cocaina, assicurando le forniture anche senza il pagamento immediato dell’intera somma convenuta, contrattando di volta in volta il prezzo al chilo di cocaina con i promotori Johnny Lauretti e il gemello di Massimliano, Gianluca Del Vecchio. In un caso, citato tra i capi d’imputazione, Buonocore, napoletano d’origine ma trapianto a Roma, avrebbe ceduto a Simone Venerucci, tramite soggetto non identificato, 2 chili di droga (38mila euro a chilo). Venerucci si sarebbe occupato del trasporto da Roma a Fondi e della consegna a Lauretti e alla compagna Maria Teresa Alecci (arrestata anche lei), con il quale Buonocore era in contatto e conveniva il prezzo, ricevendo il giorno successivo danaro contante pari a 119.600 euro a saldo anche di precedenti cessioni.
Solo una delle cessioni. A Buonocore, anche lui inserito nella “Encrochat” – il sistema criptato poi bucato dagli investigatori francesi e messo a disposizione anche dei Carabinieri del Nucleo Investigativo di Latina, diretto dal tenente colonnello Antonio De Lise – ne viene contestata anche un’altra da tre chili sempre a Johnny Lauretti. D’altra parte il 47enne, secondo gli inquirenti, è un narcos di livello. Nel solo mese di aprile 2020, sino al giorno 29, avrebbe ceduto al gruppo del Lauretti 8,5 chili di cocaina, ricevendo in pagamento la somma di 287.000 euro, in riferimento anche ad acquisti precedenti.
Al momento della sua identificazione, Buonocore era sottoposto ad obbligo di dimora in relazione a un’ordinanza denominata “Luna Nera” del Tribunale di Roma, eseguita dalla Guardia di Finanza capitolina. In quell’indagine, datata 2017, è stata accertava l’esistenza di contatti tra criminalità romana ed ambienti malavitosi della ‘Ndrangheta, stabilizzati su Roma e legati al boss Maurizio Rango, e della Camorra, in sinergia con il gruppo del boss Michele Senese, rappresentante del clan camorristico Moccia di Afragola, e massimo esponente della camorra nella capitale. Ebbene, secondo quell’inchiesta, Luigi Buonocore e il fratello Carmine rappresentavano il collegamento tra questi ambienti: ossia tra la ‘ndrangheta e la camorra romana di Michele ‘O Pazz, personaggio di calibro rilevantissimo a contatto con Massimo Carminati e con tutti i “capi” della criminalità capitolina.
Nel lontano 2006, Buonocore era stato ritenuto a capo di un’articolata organizzazione criminale con base a Roma, in particolare la zona di Tor Bella Monaca, ma operativa in tutta la provincia di Roma e Viterbo. Nonostante la giovane età, l’allora 29enne aveva creato un’ampia organizzazione di trafficanti grazie a luogotenenti fidati, pusher attivi nel viterbese e nella zona dei castelli romani ed accoliti dislocati in Spagna, dove la consorteria si riforniva di cocaina.